Argentina. L'ultrà della destra Milei vola nei sondaggi. E ora chiede scusa al Papa
Javier Milei, durante un comizio a Buenos Aires
Fino all’ultimo, con i capelli scapigliati e gli occhi torvi, ha ripetuto, urlando, la martellante propaganda degli ultimi mesi: «Il miglior modo per ridurre l’inflazione è bruciare la Banca centrale», «La vendita degli organi può essere un mercato come un altro, e forse anche quello dei bambini», «La casta va cacciata via a pedate». Il tutto infarcito da insulti di vario ordine e tipo a papa Francesco, tanto da spingere la Chiesa argentina a intervenire con un messaggio del presidente della Conferenza episcopale, Óscar Ojea, e una Messa di riparazione dei preti impegnati nelle baraccopoli, i “curas villeros”. Domenica, invece, Javier Milei, 53 anni, candidato “anarco-liberista” al primo turno delle presidenziali del 22 ottobre, si è presentato di fronte alle telecamere placido e pettinato. E, nel corso del primo dibattito della campagna che lo vede in testa nei sondaggi, ha utilizzato con i quattro sfidanti – il peronista e attuale ministro dell’Economia, Sergio Massa, l’esponente del centro-destra, Patricia Bullrich, i progressisti Juan Schiaretti e Myriam Bregman – un tono insolitamente conciliante. Almeno fino a quando non ha cercato di minimizzare i crimini dell’ultima dittatura militare. Nell’intento di rendersi presentabile, incalzato da Massa, ha anche inscenato un goffo intento di scuse al Pontefice:«Le mie critiche risalgono al periodo precedente alla candidatura, non ho problemi a dire che me ne pento» e «Se venisse in Argentina lo rispetterei come capo di Stato e della Chiesa». Ad agosto, in un’intervista a Vida nueva durante la Giornata mondiale della gioventù di Lisbona, Francesco aveva espresso la volontà di tornare in patria il prossimo anno. Un mese dopo, sul volo di rientro della Mongolia, il Papa ha messo in dubbio la possibilità di fare lunghi viaggi per le difficoltà a camminare. Qualche osservatore ha legato l'affermazione a una possibile vittoria di Milei. Ipotesi che, al momento, non può essere scartata. Il leader della destra radicale è a quota 35 per cento, seguito a cinque punti di distanza da Massa. Bullrich è al 26% mentre Schieretti e Bregman non vanno oltre il 5. Il successo del politico è apparentemente inspiegabile date le sue posizioni quantomeno discutibili. Milei è il più estremo della galassia globale ultrà, tanto da far apparire moderati Donald Trump e Jair Bolsonaro. Un’infanzia violenta – non parla da decenni con i genitori –, una relazione simbiotica con la sorella e un rapporto “particolare” con i suoi mastini – uno di loro, morto nel 2017, è un suo “consigliere politico” tramite sedute di telepatia –, l’economista ribelle è entrato in Parlamento l’anno scorso sull’onda della rabbia diffusa nel Paese a causa dell’inflazione galoppante che polverizza i salari della sempre più esigua classe media e pesa come un macigno sulle spalle dei poveri, ormai più del 40 per cento della popolazione. È questa la chiave del suo exploit. Ora potrebbe, però, trasformarsi nel lucchetto che gli sbarra la porta della Casa Rosada, alienandogli il consenso dei conservatori moderati. Da qui l’intento di mitigare la narrativa. La strategia è eliminare Bullrich e, a quel punto, coagulare la destra contro Massa al ballottaggio di novembre.