John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, la capitale federale della Nigeria, è il nuovo cardinale africano creato ieri da Benedetto XVI. Alla vigilia dell’evento, il neoporporato ha incontrato un gruppo di giornalisti nella sede nazionale dell’Azione cattolica in via della Conciliazione. Inevitabilmente gran parte del colloquio è stato dedicato al problema degli attentati terroristici che insanguinano il Paese e del ruolo del gruppo islamico del Boko Haram. Dopo aver spiegato che mentre il fondamentalismo non è un fenomeno nuovo in Nigeria, il terrorismo lo è, come lo sono gli attacchi suicidi, l’arcivescovo di Abuja ha puntualizzato che «in Nigeria c’è un grande dibattito». Nel senso che «per alcuni Boko Haram ha ragione a criticare il governo per la corruzione e chiedere giustizia a fronte di una grande povertà. Per me è una situazione inaccettabile perché se tutti coloro che stanno male agissero come Boko Haram dove finirebbe il Paese? D’altra parte c’è chi rifiuta il dialogo perché i militanti di Boko Haram sono assassini e bisogna rispondere al fuoco col fuoco. Anche questa secondo me è una posizione sbagliata. La situazione è complessa. Il sentimento di vendetta non giustifica l’uccisione di gente innocente quando magari è riunita in preghiera in una chiesa. Chi uccide gli innocenti è un assassino e questo va detto chiaramente. Ma cosa fare poi con gli assassini? Li si può anche perdonare. O comunque si può tentare di avere con loro un dialogo. Siamo nello stesso Paese, possiamo provare ad avere idee in comune».Il nuovo cardinale nigeriano, in particolare, ritiene che la comunità musulmana, «deve prendersi la responsabilità di "put the house in order" (di mettere a posto la casa al suo interno)» e giudica «possibile» un legame tra Boko Haram e Al Qaeda. Sostiene che le relazioni tra cristiani e musulmani sono in genere buone, ma che basta un gruppo di mille uomini armati, su oltre 150 milioni di abitanti, per creare il caos nel Paese. E ribadisce che i cattolici, che continuano a frequentare le chiese non intimoriti dagli attacchi terroristici, non sono intenzionati a creare milizie armate per difendersi: «è lo Stato che ha il dovere di proteggerci».Rispondendo, poi, ad una domanda di
Avvenire il neo porporato ha sottolineato anche l’importanza della recente decisione del governo di inviare per la prima volta un ambasciatore presso la Santa Sede che sia residente stabilmente a Roma, mentre i precedenti erano accreditati anche in un altro Paese europeo dove risiedeva abitualmente. «Questo sviluppo è stato accolto molto positivamente da tutta la comunità nigeriana», ha spiegato l’arcivescovo di Abuja. Aggiungendo: «Questo significa che il governo nigeriano riconosce l’importanza della Santa Sede anche per i nostri interessi diplomatici. La Nigeria è un Paese per metà musulmano e per metà cristiano, e tra questi ultimi noi cattolici siamo il 15/20% e allora il fatto che la Nigeria decida di mandare un ambasciatore residente presso la Santa Sede sta a significare che tutta la Nigeria - cattolici, cristiani non cattolici, musulmani - tutti riconoscono l’importanza della Santa Sede, come fanno d’altronde gli altri Paesi islamici che hanno già una loro rappresentanza stabile».