Vuoi fare qualcosa di trasgressivo? «Insegna a una donna a guidare!». Non è una battuta trita e maschilista, ma l'imperativo di una campagna per i diritti femminili che in Arabia Saudita viene condotta invano da vent'anni. Sabato 26 ottobre le donne (e gli uomini) di Riad ci riprovano. Che sia la volta buona?Dopo le proteste del novembre 1990, quando 47 saudite si misero al volante e furono incriminate, e del giugno 2011 quando l'evento si ripeté, rilanciato dai social media (women2drivecampaign), e ugualmente finì nel nulla, le saudite tornano ad accedere i motori. Le adesioni si raccolgono su un sito web (
www.oct26driving.com) e hanno già superato quota 20 mila."Un'intera generazione è cresciuta con Internet ed è abituata a vedere donne che ricoprono incarichi di rilievo - osserva speranzosa Fawziya al-Bakr, professoressa -. L'opinione pubblica è cambiata rispetto agli anni Novanta". "Viviamo in un'epoca in cui ci sono donne che fanno i ministri, i parlamentari e le docenti universitarie - afferma Eman al-Nafjan, cofondatrice della campagna -. È imbarazzante che si debba violare la legge per affermare un semplice diritto".Nel 2007 re Abdullah aveva giustificato il divieto attribuendolo a una "decisione della società". Tuttavia ancora oggi gli attivisti denunciano che "si sta facendo di tutto per metterci a tacere", compresi il blocco delle connessioni web e cellulari e la minaccia di arresto per i familiari."Esistono più di 50 Paesi islamici in cui le donne possono guidare e quelle società non sono state distrutte - ragiona Mohammed al-Hamad, ingegnere di 25 anni -. Il fatto di guidare non va contro i principi dell'islam".E allora: tutte al volante, si parte. Anche perché, viene da pensare, i maschi sauditi non si saranno stancati di accompagnare mogli, figlie e sorelle a destra e a manca?