La famiglia del padre gesuita
Paolo Dall'Oglio, rapito in Siria, ha rivolto questa mattina un appello ai suoi rapitori perché facciano sapere la sua sorte, a un anno dalla scomparsa, avvenuta il 29 luglio. "Vorremmo riabbracciarlo, ma siamo anche pronti a piangerlo", affermano la madre e il fratello nell'appello, fatto arrivare all'Ansa assieme a un videomessaggio registrato su You Tube."È oramai passato un anno - si legge nel testo - da che non si hanno più notizie di nostro figlio e fratello Paolo, sacerdote, gesuita, italiano, scomparso in Siria il 29 luglio 2013. Tanto, troppo tempo anche per un luogo di guerra e sofferenza infinita come la Siria".L'appello prosegue così: "Chiediamo ai responsabili della scomparsa di un uomo buono, di un uomo di fede, di un uomo di pace, di avere la dignità di farci sapere della sua sorte. Vorremo riabbracciarlo ma siamo anche pronti a piangerlo. Domani, 29 luglio, ad un anno dalla sua scomparsa, in tanti pregheremo e saremo vicino a lui, a tutti i rapiti, agli ingiustamente imprigionati e alle tante persone che soffrono a causa di questa guerra". Padre Paolo, che ha vissuto decenni in Siria prima di esserne espulso nel 2012, era tornato nel nord del Paese, e precisamente a Raqqa, nelle mani dei jihadisti dello Stato islamico, per tentare una difficile mediazione per il rilascio di alcuni attivisti siriani fatti prigionieri. Ma diverse fonti affermano che un anno fa egli stesso è stato catturato dai miliziani. Da allora diverse voci che lo davano per ucciso o in buona salute si sono rincorse, ma senza mai essere sostenute da prove concrete. Fonti bene informate hanno detto recentemente all'Ansa che il gesuita romano sarebbe ancora tenuto prigioniero nella provincia di Raqqa.