Appello ai pellegrini: non rinunciate alla Terra Santa. Anche in questa drammatica fase di crisi, ci sono le condizioni di sicurezza per recarsi in visita ai Luoghi Santi. E il pellegrinaggio, oltre ad essere un’esperienza spirituale ed ecclesiale unica, è il modo più concreto ed efficace per 'farsi prossimo' alle genti d’Israele e Palestina e alle comunità cristiane in particolare. A lanciare l’appello è il Coordinamento nazionale pellegrinaggi italiani (Cnpi), l’organismo pastorale che raccoglie la quasi totalità dei soggetti impegnati in questo ambito – dai Pellegrinaggi Paolini all’Oftal all’Unitalsi, per un totale di 35 sigle. «Di fronte alle tragiche notizie arrivate da Gaza, mentre alcuni pellegrinaggi sono stati confermati, altri sono stati rimandati o cancellati. Per ora registriamo rinunce più a livello di singoli che di gruppi. Perciò abbiamo voluto offrire una valutazione sulla situazione attuale in Terra Santa, perché ogni scelta sia fatta con consapevolezza, sulla base di dati reali e non sull’onda dell’emozione», scandisce
don Luciano Mainini, segretario generale del Cnpi. «Le organizzazioni italiane di pellegrinaggi – si legge nel comunicato diffuso del Cnpi – in stretto legame col Patriarcato latino di Gerusalemme e con la Custodia di Terra Santa, ritengono che anche in questa situazione di crisi i pellegrinaggi possono proseguire, come di fatto sono continuati». La valutazione si basa su quattro elementi.
Il primo: «Il percorso tradizionale – Galilea e Giudea – non è nelle zone interessate dagli scontri, distante tra i 400 e i 150 chilometri da Gaza ».
Secondo: «I Luoghi Santi della Galilea e di Gerusalemme non sono mai stati, nemmeno nei momenti passati più difficili, oggetto di attentati».
Terzo: «Il Ministero degli Esteri italiano non ha mai sconsigliato questa destinazione ».
Quarto: «Il pellegrinaggio è una testimonianza. Si va non solo per visitare e per pregare, ma anche per condividere un cammino di fede. La Chiesa locale ha bisogno di sentirsi sostenuta». E non a parole ma «con una presenza che condivida preoccupazioni e speranze». Annullare i pellegrinaggi ha poi un impatto economico drammatico per tante famiglie e comunità già provate dalla persistente situazione di instabilità e conflitto della regione. Farsi pellegrini, infine, è un gesto e un segno di pace in una terra che ne è assetata. «Degli 800-900mila italiani che ogni anno vanno in Israele, il 90% sono pellegrini – riprende don Mainini –. Dal 2000, l’anno del Grande Giubileo, in poi, il numero di persone che sceglie la Terra Santa continua a crescere. Anzi: è l’unica meta che regge, mentre altre, come Lourdes e Fatima, fanno più fatica». Fra quanti avevano scelto la Terra Santa e per ora hanno sospeso e rimandato il pellegrinaggio, «c’è un gruppo di duecento giovani di Milano e di altre diocesi lombarde, che dovevano essere in viaggio proprio in questi giorni – ricorda il segretario del Cnpi –. Altri invece lo hanno confermato». Altri come «i giovani e i seminaristi partiti giovedì da Brescia con la guida biblica don Mauro Orsatti e il direttore dell’Ufficio diocesano spiritualità e vocazioni, don
Alessandro Tuccinardi. La settimana scorsa è partita una parrocchia di Brescia. Questi con voli di linea. E la settimana prossima riprende la 'catena' dei charter con un gruppo di Genova, altri gruppi e singoli pellegrini – incalza Giuseppe Gozzini di Brevivet, una delle agenzie con cui opera il Cnpi – . Giovedì anche Barbara Chiodi, il direttore di Brevivet, è volata in Terra Santa per vedere di persona la situazione ». Lo stesso viaggio effettuato a fine luglio da monsignor
Liberio Andreatta, vicepresidente e ammini-stratore delegato dell’Opera romana pellegrinaggi, lanciando il medesimo messaggio: i Luoghi Santi sono sicuri, venire si può. E la presenza dei pellegrini è preziosa. Anche, e soprattutto, ora.