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L'analisi. Ancora mille prigonieri politici nelle celle russe: non dimentichiamoli

Raffaella Chiodo Karpinsky venerdì 2 agosto 2024

Il reporter del Washington Post rilasciato dai russi arriva negli Usa

Il 10 luglio, dopo un lungo silenzio, Dmitrij Muratov, premio Nobel per la Pace, era tornato a parlare. In una scenografia volutamente macabra e un contenuto drammatico del suo discorso. Un cappio pendeva dal soffitto e lui lo faceva dondolare quando si fermava. Non era una sceneggiata. Era un grido di disperazione per il silenzio e l’indifferenza di opinione pubblica e istituzioni. Si tratta della vita di persone sulle quali l’accanimento era giunto a livelli insopportabili.

«Scorticatori di persone vive»: così Muratov ha definito chi si accaniva su di loro. Richiamava l’attenzione su chi ha bisogno urgente di cure, in alcuni casi terminali. Un appello alla pietà umana dal risvolto politico. Evidentemente ha prodotto un sussulto se ieri si è svolto il più grande scambio di prigionieri dalla guerra fredda. Nell’elenco ci sono prigionieri in condizioni difficili a cominciare da Vladimir Kara Murza. La scelta di quest’ultimo e di Orlov e Yashin di restare o rientrare nel paese per rivendicare il diritto di dissentire dall’interno, ha avuto un forte impatto sull’opinione pubblica russa. Una risposta di dignità alle accuse di essere agenti stranieri al soldo del nemico.

Con il rilascio naturalmente si mette in salvo la loro vita ma al tempo stesso si espellono voci del dissenso dal paese.

Dunque vanno ponderati con attenzione i risvolti sul fronte interno. Secondo Julia Latynina della Novaya Gazeta Europa lo scambio di prigionieri sarebbe stato da tempo pianificato da Putin e indicherebbe un cambio di prospettiva, forse una nuova fase e disponibilità a negoziare. La trattativa sarebbe iniziata con Navalny e la sua uccisione una mossa freddamente calcolata proprio per fermare questa strada. Ora ci si chiede se nelle intenzioni di Putin ci sia dopo il rilascio e rimpatrio dei suoi uomini dei servizi segreti l’invio di nuovi agenti che possano negoziare con l’opposizione.

Oggi chi resta nel paese tira un sospiro di sollievo per il destino di una serie di figure importanti per le speranze di una Russia del futuro e per i quali si temeva il peggio visto che negli ultimi tre mesi sono stati tre i prigionieri politici che hanno perso la vita. I messaggi che i prigionieri mandavano dal carcere arrivavano a chi voleva ascoltarli. Da oggi potranno farlo senza censure ma dall’esterno e questo segna subito una distanza. Molto dipenderà se saranno capaci di trovare forme efficaci per parlare ai loro concittadini. Sull’aereo verso Ankara c’era una selezione particolare di persone che forse non immaginavano di diventare punto di riferimento così importanti per i russi. È nelle loro mani se al di là delle singole personalità saprà diventare un nucleo fertile per il futuro della Russia. I russi sembrano stanchi della guerra, anche i più apatici. Vogliono tornare alla vita di prima del 24 febbraio del 2022. A visitare il mondo e vedere i propri atleti alle Olimpiadi.

Il partito Yabloko, l’unico rimasto attivo e di opposizione commenta: «Si può accogliere con favore la libertà solo per persone che non hanno commesso alcun crimine. Sostenitori di futuro migliore per il Paese. Ma in Russia non dovrebbero esserci prigionieri politici e dovrebbero essere tutti rilasciati. Ci siamo battuti per la libertà dei prigionieri politici rilasciati oggi, tra cui i nostri amici e colleghi, sostenitori di Yabloko e candidati alle elezioni del nostro partito. Continueremo a lottare per la libertà di coloro che rimangono in prigione».

Infatti va ricordato che in carcere restano un migliaio di prigionieri politici e bisogna occuparsi di loro fin quando non saranno liberi. Grazie all’arrivo nei nostri paesi di Oleg Orlov, Ilya Yashin, Kara Murza, ma anche della giovane artista Alexandra Skochilenko sarà decisivo costruire occasioni per ritessere la tela di un dialogo col mondo russo, per smontare la retorica della propaganda e riportare la pace.