L'analisi. Per Trump il cambiamento climatico è «una bufala»: Cop29 a rischio
Al tempo della grande transizione ecologica e della sfida posta dal riscaldamento globale, gli Stati Uniti, secondo Paese al mondo per emissioni di CO2 dopo la Cina, torneranno ad avere per i prossimi quattro anni un presidente che definisce il cambiamento climatico «una bufala». Dopo un primo mandato in cui aveva formalizzato l’uscita degli Usa dall’accordo sul clima di Parigi – decisione poi ribaltata da Joe Biden – Donald Trump si appresta a far rallentare bruscamente la traiettoria di Washington verso la decarbonizzazione, gettando un’ombra sul futuro delle politiche ambientali e climatiche a livello globale. Sull’onda del suo slogan «drill, baby drill», le licenze per le trivellazioni nel Golfo del Messico e in Alaska potrebbero conoscere un nuovo boom che andrebbe ad aumentare la produzione di petrolio e gas, che già vede gli Usa su livelli record.
Nel mirino di Trump rischiano di finire molte delle misure, degli investimenti e degli sgravi fiscali previsti dall’Inflation reduction act (Ira), provvedimento manifesto dell’era Biden che nel 2022 ha destinato alla promozione dell’energia pulita 390 miliardi di dollari, puntando entro il 2030 a una riduzione delle emissioni di gas serra del 40% rispetto ai livelli del 2005. Eolico offshore, veicoli e batterie elettriche e altre tecnologie legate alla decarbonizzazione si troveranno dunque ben presto a far fronte a un test cruciale, dopo che appena un anno fa gli stessi Usa hanno firmato alla Cop28 di Dubai l’accordo sulla transizione verso la fine dei combustibili fossili. Circa l’80% del denaro speso finora attraverso l’Ira è peraltro confluito nei distretti congressuali repubblicani, dove le autorità locali e le aziende sperano di proteggere investimenti e posti di lavoro.
Per Trump, però, la questione è soprattutto politica, mentre le posizioni di Elon Musk lo collocano sempre più lontano dalle tesi scientifiche e le pressioni dei colossi dell’oil&gas, grandi finanziatori del leader repubblicano, non tarderanno a farsi sentire. Secondo Carbon Brief, le eventuali politiche di Trump basate su un incremento di trivellazioni e combustione di petrolio e gas aggiungerebbero quattro miliardi di tonnellate di emissioni di gas serra nell’atmosfera. Già durante il suo primo mandato, il repubblicano aveva annullato oltre un centinaio di norme e regolamenti ambientali. Poche ore dopo la sua nuova vittoria elettorale, Biden ha stabilito nuove limitazioni per la vendita di licenze di esplorazione di gas e petrolio nell'Arctic National Wildlife Refuge dell'Alaska, in una corsa contro il tempo che Trump potrebbe comunque decidere di deviare una volta alla Casa Bianca. Negli ultimi due anni, gli investimenti green sull’energia pulita hanno alimentato l’industria made in Usa, sostenendo tra l’altro l’installazione di pannelli solari, l’espansione del mercato dei veicoli elettrici, la produzione di turbine eoliche.
«Il mio piano metterà fine al “Green New Deal”, che io chiamo “Nuova truffa verde” – rivendica però ora Trump -. Revocheremo tutti i fondi non spesi ai sensi del cosiddetto Inflation Reduction Act». E se è vero che sulla retorica da campagna elettorale il repubblicano non è secondo a nessuno, è altrettanto vero che i suoi primi quattro anni alla Casa Bianca hanno già mostrato al mondo in quale direzione il miliardario intende muoversi su questo fronte. La maggior parte dei fondi stanziati dall’Inflation Reduction Act si compone di crediti d’imposta, ma il provvedimento autorizza anche 182 miliardi di dollari in sovvenzioni e spese per programmi energetici e climatici nell’arco di diversi anni.
Kore Power, uno sviluppatore di batterie agli ioni di litio, ha ricevuto un finanziamento da 850 milioni di dollari dal Dipartimento dell’Energia Usa come sostegno per la costruzione di un enorme impianto produttivo in Arizona. La Nordex Group, che prima importava componenti per le turbine eoliche, è in procinto di avviare la produzione di quelle stesse componenti in Iowa, grazie agli sgravi fiscali e agli incentivi dell’Ira. E gli esempi potrebbero continuare: si stima che nell’ultimo biennio gli investimenti annunciati negli Usa dalle imprese per impianti relativi a tecnologie di energia pulita ammontino a 154 miliardi di dollari. A rischio, oltre a investimenti e posti di lavoro, sono soprattutto gli obiettivi climatici che quegli investimenti dovrebbero aiutare a raggiungere. Una questione che non riguarda solo gli Stati Uniti, ma che gli Stati Uniti di Trump rischiano di far pesare anche a livello globale.