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L'analisi. Ora Erdogan fermerà i profughi verso l'Ue sull'Egeo: ecco perché ha vinto

Fabio Carminati sabato 7 marzo 2020

Bimbi bloccati con i genitori al confine con la torchia a Kastanies (Grecia)

Senza scrupoli, senza rivali e oppositori in patria. E senza ritegno nei confronti della gallina dalle uova d’oro che si chiama Unione Europea. Recep Tayyip Erdogan, incassata la tregua a Idlib e propalata come il successo della sua diplomazia, per l’ennesima volta presenta il conto a Bruxelles. E lo fa a una settimana dalla propagandata apertura delle frontiere a «centinaia di migliaia di profughi siriani» diretti in Europa (in realtà forse migliaia, in prevalenza afghani e pachistani bloccati nei campi turchi da almeno tre anni). La sua propaganda dice che arrivano da Idlib, le statistiche greche (più veritiere, o quanto meno sottoponibili al giudizio degli altri partner Ue) affermano invece che si tratta di profughi tristemente abituati alla vita dei campi dove fame, freddo e malattie uccidono più delle pallottole delle guerre a cui sono sfuggiti anni fa.
Gli attuali accordi migratori «non funzionano più», ha detto l’altra sera Erdogan in una telefonata ad Angela Merkel, grande tessitrice dell'intesa che nel marzo 2016 bloccò l'ondata di profughi verso l'Ue. Quattro anni dopo, lamentando di essere stato lasciato solo nella guerra a Bashar al-Assad in Siria» e nella gestione dei 3,6 milioni di rifugiati siriani ospitati nel suo Paese, il sultano torna a battere cassa. Ma arrivare a una nuova intesa non sarà facile, anche se alla fine ci sarà. Da Zagabria, dove si sono riuniti i ministri degli Esteri, l'Unione «respinge fortemente l'uso della pressione migratoria a fini politici» e definisce «inaccettabile questa situazione alle frontiere esterne», pur ammettendo «l'accresciuto onere e i rischi migratori che la Turchia sta affrontando». Poco dopo la ricompensa da esibire è affidata però a Joseph Borrel, il ministro degli Esteri Ue, che ammette che il «contributo» potrebbe essere adeguato. Ricompensa gradita da Ankara che stamattina ha lanciato subito il segnale di "ricevuto": è arrivato forte e chiaro dal presidente turco che ha ordinato alla Guardia costiera di impedire ai migranti di attraversare il Mar Egeo per raggiungere l'Europa a causa dei rischi che corrono. "Per ordine del presidente, non sarà permesso ai migranti di attraversare il Mar Egeo perché è pericoloso", ha dichiarato la Guardia costiera. E da Ankara fanno sapere che lunedì Erdogan dovrebbe essere già a Bruxelles.
Insomma: una vera vittoria, l’ennesima, del reis di Ankara. Che dal 2016 ad oggi ha aggiunto alle sue inesistenti risorse naturali – prima fra tutte il petrolio che è costretto a cercare negli accordi con Sarraj a Tripoli o nelle trivellazioni, con annesse risse con la Ue al largo delle coste cipriote – ha aggiunto quella inesauribile del pizzo sui disperati migranti. Un’arma tagliente che, questo non va mai dimenticato, gli è stata consegnata dalla parte del manico da un’incapace Europa nella gestione della questione migranti, nell’assistenza ai Paesi “frontiera esterna” e nel rimbalzo del responsabilità. Atteggiamento che non ha fatto che ingrassare le percentuali elettorali dei vari populismi che pullulano nell’Unione.
Così ora si andrà ancora a una mediazione tra Bruxelles e Ankara, Erdogan manterrà nella “terra di nessuno” i suoi “ostaggi” fin quando l’Unione non gli avrà aumentato il dazio. In un momento in cui la situazione economica (nelle era pre-coronavirus) per le casse della Turchia non era affatto rosea. Con i costi di una guerra in Siria da sostenere, con gli altrettanti dissanguanti anticipi di fondi per la presenza in Libia delle truppe (che saranno poi saldati in petrolio da Sarraj) e con un’industria manifatturiera che da mesi mostra segni inequivocabili di zoppia.
Quindi perché giocare in queste tumultuose settimane la carta dei profughi? Perché no?
Perché non trasformare in vittoria quella che invece è stata solo una strage di decine di soldati a Idlib, tornati in patria avvolti dalla bandiera rossa con la Mezzaluna? Perché no?
Perché non ripetere la politica “del Bancomat Ue” che da anni si rivela la più vincente per fare cassa nei momenti di difficoltà? Perché no?