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Il caso. Retromarcia dei colossi dell’energia: tornano a investire sulle fonti fossili

Sofia Fraschini sabato 21 dicembre 2024

Una pompa per l'estrazione di petrolio in Texas

La rivoluzione verde può attendere. Almeno per alcuni colossi mondiali dell’energia come Exxon, Shell, Equinor e Bp. Il petrolio resta al centro per la società americana ed è un rimpianto per gli altri gruppi che hanno tentato di cavalcare la transizione energetica, ma ora avviano una mezza retromarcia disattendendo completamente gli obiettivi di riduzione delle emissioni previsti. D’altra parte, che tirasse un’aria poco favorevole allo sforzo green europeo lo si era capito già alla Cop26 del 2021. Oggi la doccia fredda si registra su molti fronti e si materializza nei numeri.

Secondo la Iea, la domanda globale di carbone crescerà dell'1% nel 2024, raggiungendo il massimo storico di 8,77 miliardi di tonnellate. A livello regionale, la domanda di carbone in Cina dovrebbe crescere dell'1% nel 2024 per raggiungere i 4,9 Bt (miliardi di tonnellate), un altro record. L'India è pronta a vedere una crescita della domanda di oltre il 5% a 1,3 Bt, un livello che solo la Cina ha raggiunto in precedenza. Nell'Unione Europea e negli Stati Uniti, la domanda di carbone continua a diminuire, ma a un ritmo significativamente più lento. È sulla buona strada per diminuire rispettivamente del 12% e del 5% quest'anno, rispetto al 23% e al 17% del 2023.

In questo scenario, fanno rumore però molti dietrofront industriali. La major americana Exxon, nel suo ultimo piano industriale ha proposto di aumentare la produzione complessiva di petrolio e gas che dovrebbe raggiungere i 5,4 milioni di bpd (barili al giorno), con un aumento di circa il 18% rispetto agli attuali 4,58 milioni di bpd. ll colosso dell’oil&gas ha dichiarato di aspettarsi che la domanda di greggio rimanga sopra i 100 milioni di barili al giorno fino al 2050, simile ai livelli odierni, una previsione del 25% in più rispetto al principale rivale europeo Bp. La società ha anche dipinto una visione più cupa sulle riduzioni delle emissioni globali di carbonio. I progressi nella tecnologia consentiranno riduzioni delle emissioni solo dopo il 2029.

Nel nuovo piano da 140 miliardi di dollari al 2030, quindi Exxon prevede di produrre 4,3 milioni di barili di petrolio e gas al giorno quest’anno, il 30% in più rispetto alla produzione attuale del principale rivale statunitense Chevron. E programma investimenti massicci su petrolio e gas. In Europa, in parallelo, tre grandi aziende petrolifere hanno deciso di ridimensionare considerevolmente i loro investimenti nelle Fer. La britannica Bp, la norvegese Equinor e l’olandese Shell si sono trovate concordi nel decidere di dirottare i loro fondi nuovamente sul petrolio, mettendo in stand-by gli obiettivi ambientali.

Uno scenario previsto da Mario Draghi che, nel suo report sull’Europa, aveva previsto come «la perdita di competitività avrebbe avuto come inevitabile prezzo da pagare la rinuncia ad importanti obiettivi, sia climatici sia di crescita economica». Nel dettaglio, il gruppo inglese - che era stato tra i primi ad avere grandi ambizioni verdi - punta a vendere le proprie attività nel settore dell’energia solare ed eolica, oltre a rallentare i propri investimenti nei 18 progetti destinati alla produzione di idrogeno. L’azienda nel 2020 aveva annunciato un taglio della produzione di petrolio del 40% entro il 2030 rispetto ai volumi del 2019. A cui si affiancavano, sempre al 2030, investimenti decuplicati in asset low carbon, stop alle nuove esplorazioni di giacimenti fossili in nuovi Paesi, taglio del 30-35% delle emissioni operative e del 35-40% nel segmento upstream. Il rallentamento sui target al 2030 era già iniziato l’anno scorso, ma ora il dietrofront è sostanziale. Dietro l’addio all’obiettivo al 2030 sembrano esserci le pressioni crescenti da parte degli investitori. E ora tutti guardano a febbraio quando sarà presentata la nuova strategia.

Come Bp, anche la compagnia olandese ha ridotto i propri investimenti nelle attività a basse emissioni di CO2: non ridurrà le emissioni di anidride carbonica del 45% entro il 2030, ponendosi il 2050 come obiettivo più ampio. Un ritorno al passato dall’ esito incerto che potrebbe avere nuove stagioni con la politica americana di Donald Trump. A guidare le politiche energetiche Usa sarà Chris Wright: un petroliere che enfatizza il ruolo dei combustibili fossili nel progresso economico dell’umanità e le cui parole-chiave sono «energy dominance» e «drill, baby, drill».