Brasile. La strage dell'oro per l'Amazzonia
Il vescovo Mario da Silva (al centro) con gli Yanomami
«L'omissione e la negligenza delle autorità è inaccettabile. La protezione dei territori indigeni è un obbligo costituzionale del governo federale». Con queste parole, dom Mario Antonio da Silva, vescovo di Boa Vista, ha denunciato il conflitto invisibile che incendia gli Stati di Roraima e Pará, nel nord del Brasile. Nel mirino i 27mila Yanomami e Munduruku sotto attacco, dall’inizio di maggio, dei minatori d’oro clandestini. Questi ultimi – chiamati garimpeiros – hanno prima assaltato il villaggio di Palimiú, uccidendo due bimbi di 1 e 5 anni, come denunciato da Hutukara, principale associazione degli Yanomami. Giorno dopo giorno, i raid si sono estesi al resto del territorio, assegnato legalmente ai nativi, fino a raggiungere la comunità di Jacareacanga, dove molte case sono state incendiate e almeno una persona è rimasta ferita. Lunedì, sono state razziate addirittura le sedi dell’Istituto Chico Mendes, incaricato di sorvegliare l’area. Impossibile sapere se e quante vittime ci siano: la terra degli Yanomami e Munduruku è isolata e raggiungibile solo in elicottero. Questo consente ampi margini di manovra ai minatori illegali: in 20mila operano nella zona, nonostante il divieto. E la loro presenza è cresciuta con la pandemia: solo negli ultimi tre mesi, le miniere clandestine hanno distrutto 200 ettari di selva.
Il tutto nell’inerzia dello Stato. Anzi, proprio una serie di interventi del presidente Jair Bolsonaro, a favore delle attività minerarie e dello «sviluppo dell’Amazzonia», secondo gli attivisti, avrebbero dato più slancio ai garimpeiros. La stessa Corte Costituzionale ha ordinato al governo di intervenire. Mentre l’Onu ha condannato gli attacchi e chiesto alle autorità di indagare. «Da novembre 2018 – ha scritto monsignor da Silva – cinque sentenze impongono di smantellare le miniere d’oro clandestine nella terra Yanomami. Finora, però, ci sono state solo operazioni puntuali, del tutto inefficienti. L’inerzia dello Stato lo rende complice della violenza, delle depredazioni, dell’illegalità».