Il voto. Gli Usa contro l'Ucraina all'Onu: gli “alleati” sono divisi anche sulle parole

Macron e Trump a Washington ieri
Il ciclone Trump fa irruzione all’Assemblea generale dell’Onu e al G7. Il comunicato congiunto per i tre anni dallo scoppio della guerra in Ucraina mette a nudo le differenti visioni fra Stati Uniti e Unione Europea, che si trova marginalizzata in entrambe le sedi. I tentativi, condotti soprattutto dal presidente francese Emanuel Macron, di recuperare un minimo di unità di intenti in ambito Nato, producono solo l’effetto, un po’ paradossale, di un voto di astensione degli Usa al loro stesso documento, in segno di mancata condivisione delle modifiche apportate al testo iniziale proprio sulla spinta dell’Unione. Una sorta di rompicapo cinese (in tutti i sensi, visto l’attivismo di Pechino, a rinsaldare l’asse con Mosca, traendo vantaggio dalle divisioni nei Paesi occidentale) in cui gli Stati Uniti votano a favore solo della loro versione iniziale, che si limita ad auspicare la cessazione delle ostilità, e non quella “due punto zero” riveduta e corretta, con l’Italia che in Assemblea Onu certifica il suo imbarazzo votando favorevolmente a entrambe le versioni. La seconda risoluzione, con gli emendamenti Ue che fanno riferimento a una «pace giusta» e alla «integrità territoriale» dell'Ucraina, ottiene alla fine 93 voti a favore, e 8 contrari, tra cui Russia e Bielorussia, e 73 astensioni, fra cui - come detto - quella degli Usa.
Si colloca in questo quadro di spaccatura del fronte occidentale pro-Kiev la telefonata intercorsa fra Xi Jinping e Vladmir Putin.«La storia e la realtà ci dimostrano che Cina e Russia sono buoni vicini che non possono essere allontanati e veri amici che condividono prosperità e sofferenze, si sostengono a vicenda e ricercano uno sviluppo comune», dice il presidente cinese. Una vera e propria corrispondenza di amorosi sensi, confermando così la loro partnership «senza limiti» a livello politico, economico e militare, annunciata nel febbraio 2022, alla vigilia dell’invasione dell’Ucraina. E la Russia prende atto a tutto suo vantaggio della marginalizzazione in atto della Ue. «Non ci sono le pre-condizioni per riprendere un dialogo con l'Europa», avverte il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov.
Una manifestazione a New York in occasione dell'anniversario dell'invasione russa in Ucraina - Ansa
Un quadro confuso in cui Macron non rinuncia, in visita a Washington, a giocare in solitaria la sua partita, aggrappandosi al bicchiere mezzo pieno dell’astensione Usa, a fronte del voto contrario che si era registrato inizialmente, da parte degli Stati Uniti, che si erano uniti alla Federazione russa nel votare contro la risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite (chiesta da Kiev e sostenuta dalla Ue) di condanna la guerra della Russia contro l'Ucraina. Un voto in totale discontinuità con la linea sempre seguita dagli Usa. Ma in serata il presidente francese esibisce una ritrovata sintonia «fra Stati Uniti e Francia» in video-collegamento congiunto con il G7 dallo Studio Ovale.. «Gli europei sono pronti ad assumersi la responsabilità di garantire una pace duratura. Il coinvolgimento a lungo termine degli Stati Uniti è un fatto positivo», dice Macron. E Trump, in linea con l’intento annunciato di alleggerire gli impegni Usa in Europa, conferma: «Potremmo pensare di inviare forze europee per mantenere la pace», afferma anche il presidente americano, in videoconferenza al G7 con al fianco Macron, prima del loro bilaterale. «Ci stiamo avvicinando a una soluzione e dovremmo essere in grado di raggiungere presto un accordo - aggiunge il tycoon - Siamo all'inizio di una soluzione. La mia missione e il mio mandato sono di porre fine a questa guerra abominevole».
Giorgia Meloni, dal conto suo, che incassa poi le solenni parole di stima da parte del presidente americane, in pieno G7 aveva ribadito la sue linea volta a cercare di tenere insieme Bruxelles e Washington. «Dobbiamo lavorare insieme per una pace giusta e duratura», aveva detto la presidente del Consiglio alla convention dei Conservatori a Washington. Concetto ribadito ieri, nella videoconferenza con i Sette Grandi.