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Bangladesh. Alla fine quel «pugno di ferro» si è ritorto sull’eterna leader

Stefano Vecchia lunedì 5 agosto 2024

Un poliziotto passeggia davanti a un muro nella capitale Dacca con il ritratto della ormai ex premier Sheikh Hasina Wazed

«Il vostro dovere è garantire la sicurezza del nostro popolo e del nostro Paese, nonché sostenere la Costituzione (…) Non permetteremo che un governo non eletto salga al potere nemmeno per un minuto». L’appello lanciato alle forze di sicurezza dal figlio della premier bengalese, Sajeeb Wazed, a una manciata di minuti dal colpo di stato e a due ore dall’imbarco della madre sul velivolo che l’avrebbe portata in salvo in India, segnala come in Bangladesh l’evoluzione degli eventi sia stata non solo inattesa ma anche tumultuosa.

E la domanda spontanea è: che cosa ha condotto a una escalation di tale portata, a un’azione militare incruenta che ha messo fine a un governo autocratico, quello di Sheikh Hasina Wazed che durava, con un significativo intermezzo nel primo decennio del nuovo millennio, dal 1996 e che in passato aveva piegato con pugno di ferro altri tentativi di sommossa da parte dei militari dopo essere stata da essi incarcerata ? La decisione dei militari è stata sicuramente sollecitata da settimane di proteste contro la decisione di garantire il 30 per cento degli impieghi pubblici ai reduci della guerra di liberazione dal Pakistan del 1971 e alle loro famiglie. Una decisione che avrebbe dovuto incrementare il supporto popolare (e forse anche militare) verso la premier ma che invece ha attivato una protesta studentesca che ha innescato violenze costate decine di vite con una nuova fiammata che nel solo week-end aveva visto la morte di un centinaio di persone ma anche richieste sempre più pressanti di dimissioni dell’esecutivo.

Il rischio era di una rivolta generalizzata con un costo altissimo di vittime e la paralisi del Paese. Significativo che dopo la fuga della premier con la sorella sia stata sfigurata anche una statua del padre, Mujibur Rahman, il “padre della patria”, e poco comprensibile il tentativo di calmare le acque ripristinando, quando ormai la situazione era chiaramente sfavorevole alla premier, le linee internet a banda larga chiuse nel tentativo di limitare le comunicazioni fra i manifestanti antigovernativi che avevano chiamato per ieri a una «Lunga marcia su Dacca».

Negli anni e in diverse legislature il governo autocratico di Sheikh Hasina, repressivo verso ogni dissenso, aveva silenziato buona parte della società civile e colpito duramente, in un Paese islamico, i gruppi o partiti di ispirazione religiosa che avrebbero potuto allontanare gli investimenti stranieri e offuscare l’immagine internazionale del Paese. Nello sviluppo che ha ridisegnato il panorama economico e occupazionale del Bangladesh nell’ultimo ventennio l’apporto di imprese e finanziamenti esterni, soprattutto cinesi, è stato fondamentale a partire dalle infrastrutture, come pure è stato fondamentale bloccare ogni infiltrazione jihadista.

Con una economia con poco slancio, apparentemente gli elettori avevano confermato ancora lo scorso gennaio la fiducia al suo partito, la Lega Awami, sebbene in un clima teso e senza oppositori credibili, ma i militari non potevano non registrare una situazione più generale di deterioramento e il loro favore è venuto apparentemente a mancare dopo la nomina il 24 giugno del nuovo capo di Stato maggiore. Un generale, Waker Uz-Zaman, di lunga carriera e con esperienza all’estero come comandante di contingenti di Caschi blu in Angola e Liberia, forse più di altri in grado di giustificare un’azione che, comunque motivata e condotta restituisce ai militari un ruolo centrale come già in passato ma che forse risente anche di pressioni esterne per evitare un nuovo focolaio di instabilità in Asia o meglio portare il Paese sulle proprie strategie. Se da Pechino, Washington o New Delhi si vedrà.

Inevitabilmente in un Paese stretto fra potenti vicini tra loro rivali, come Cina e India, in competizione per le risorse e gli appalti del piccolo e sovraffollato vicino, alle truppe è affidato un compito di stabilizzazione, come pure di controllo da immigrazione illegale, contrabbando e infiltrazioni di profughi e militanti armati lungo 4.427 chilometri di confini.

Volata in India, destinazione Delhi, Hasina può trovarvi rifugio e ascolto, merito di una distensione dei rapporti fra i due Paesi che include il dialogo sui migranti bengalesi in India, la gestione delle acque condivise e il controllo dei militanti di etnie del nordest dell’India che in Bangladesh cercano rifugio.