«La malaria è la malattia che uccide più bambini in Africa. Non possiamo compromettere i progressi appena compiuti, soprattutto in questa congiuntura economica così difficile». Può sembrare un paradosso, alla luce dei dati positivi appena resi noti dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Ma parlando di malaria, c’è un senso di allerta profondo e ben poco sollievo nelle analisi della nigeriana Ngozi Okonjo-Iweala, direttrice generale della Banca Mondiale (Bm), spesso definita come «la più influente donna africana». Punto di riferimento da decenni nella lotta alla malattia, l’ex capo della diplomazia nigeriana ha spesso parlato del tributo pagato alla malaria dalla sua stessa famiglia. Ma questa volta evita i ricordi personali, per concentrarsi sugli scenari e i rischi dei prossimi anni.
Il rapporto dell’Oms sulla malaria pare incoraggiante. Si può davvero ridurre l’impatto della malattia in modo permanente?Sì, si tratta di risultati davvero molto incoraggianti. Dal 2000, 11 Paesi mostrano una riduzione dei casi di malaria in seguito agli sforzi di prevenzione su grande scala in direzione delle popolazioni vulnerabili. Per citare solo qualche esempio, ciò è avvenuto in Eritrea, Ruanda, Zambia, Botswana, Madagascar. In generale, la stima dei decessi legati alla malaria è passata da circa 1 milione di casi nel 2000 a 781 mila nel 2009. La comunità internazionale, compresa la Bm, ha giocato un ruolo importante nel sostenere gli sforzi dei governi attraverso un appoggio finanziario e tecnico sostanziale.Nondimeno, malgrado l’aumento delle promesse finanziarie che hanno raggiunto 1,8 miliardi di dollari nel 2010 (contro 1,5 miliardi nel 2009), ciò resta ampiamente insufficiente rispetto al totale delle risorse necessarie, equivalenti a circa 6 miliardi per il solo 2010. Ciò sottolinea perfettamente il bisogno di lavorare in modo sempre più integrato per rafforzare i sostegni internazionali. Entro la fine del 2010, circa 289 milioni di zanzariere trattate con insetticidi sono state consegnate nell’Africa sub-sahariana, il che è sufficiente a proteggere i tre quarti dei 765 milioni di persone a rischio.Ciò è notevole, ma occorre un coordinamento per massimizzare l’efficacia di ogni intervento, anche nel campo della diagnosi e dei trattamenti. Ogni errore pratico negli interventi può condurre a situazioni di recrudescenza, come si è visto di recente in alcune province in Zambia.
A suo avviso, quali sono i fattori più cruciali lungo il cammino per debellare la malattia?Il programma coordinato globale "Roll back malaria" si è fissato l’obiettivo di un mondo libero da questo flagello. La Bm sostiene una visione simile, pur ammettendo che si tratta di un obiettivo a lunga scadenza. Da tempo ci si chiede se quest’obiettivo sia davvero raggiungibile, con quali mezzi e fra quanti anni. Benché efficaci, gli attuali strumenti di prevenzione e di trattamento non paiono ancora adatti per debellare in modo definitivo la malattia, data la sua natura molto complessa.Siamo però convinti che gli strumenti attuali possano permetterci di controllare o eliminare la malaria in alcune aree. Il tentativo di debellare la malaria richiederà invece strumenti più sofisticati e un’estensione del loro uso, lo sviluppo di nuovi vaccini, trattamenti, diagnosi e il rafforzamento dei sistemi sanitari, in coordinamento con tutti i partner internazionali. È importante ricordare che in molti Paesi stiamo appena cominciando a controllare la malaria.
In Africa e altrove, le donne hanno un ruolo speciale in questa sfida?Si calcola che il 90 per cento dei decessi riguardino donne e bambini. Inoltre, contrarre la malaria durante la gravidanza accresce il rischio di gravi complicazioni come anemia, nascite premature o sottopeso. Poiché le donne svolgono spesso il ruolo di custodi della salute familiare, la loro morte prematura finisce per produrre effetti a catena su intere comunità. Proprio per questo, occorre focalizzare gli sforzi in priorità sulle donne. A beneficiarne subito saranno figli, famiglie e comunità locali. Accanto alle zanzariere, occorre accrescere la diffusione dei trattamenti preventivi durante la gravidanza.
Teme che la crisi finanziaria possa ridurre i progressi recentemente compiuti?La crisi finanziaria renderà le popolazioni già a rischio ancora più vulnerabili e potrebbe in effetti compromettere i progressi compiuti, se l’alleanza fra Paesi e partner internazionali dovesse sfilacciarsi.È essenziale comprendere che battersi contro la malaria non è una priorità antagonista rispetto agli sforzi per superare la crisi. In molte comunità povere e vulnerabili, la malaria finisce per ridurre il potere d’acquisto delle famiglie e ha un impatto negativo diretto su agricoltura e produzione. Fallire nella lotta alla malaria, in un contesto già segnato da altre crisi, finirà per esacerbare ancor più la fragilità delle famiglie. La crisi significa anche che tanto le famiglie quanto i governi hanno meno da spendere per la salute. In un contesto simile, ridurre l’impatto della malaria significa pure permettere di liberare risorse da destinare ad altri problemi sanitari. Le ultime previsioni suggeriscono che la crisi colpirà entro la fine dell’anno un numero importante di persone in situazione d’estrema povertà. Ridurre il tributo economico legato alla malaria, che in Africa equivale all’1,3 per cento del Pil continentale, è più importante che mai. La Bm ha già impegnato 767 milioni di dollari per controllare la malaria nell’Africa subsahariana e continuerà a lavorare in stretta collaborazione con tutti gli altri partner. Salute e povertà sono legate in modo inestricabile. Sappiamo ormai che sconfiggere la malaria può contribuire sensibilmente alla lotta alla povertà in Africa.
A proposito di lotta alla povertà, un’altra buona notizia proviene dalle promesse dei donatori per il rifinanziamento dell’Ida, il fondo della Bm per interventi contro il sottosviluppo nei Paesi più poveri. Per il periodo 2011-2014, si prevedono 49,3 miliardi di dollari. È soddisfatta?Credo fermamente che questo nuovo accordo permetterà di rafforzare gli aiuti ai 79 Paesi più poveri del mondo. Mancano solo 5 anni alla scadenza del termine fissato per raggiungere gli Obiettivi del Millennio. Ci stiamo orientando verso un nuovo grado di cooperazione per non lasciare i Paesi più poveri ai margini in questi tempi di crisi.La fiducia nell’Ida è confermata. E, al contempo, i donatori vecchi e nuovi vogliono conoscere i risultati concreti dei dollari spesi in campi come la sanità e l’istruzione. I nuovi fondi, ad esempio, serviranno a immunizzare 200 milioni di bambini e a formare circa 2 milioni di insegnanti. Fra gli altri obiettivi, c’è anche la costruzione di 80 mila chilometri di strade o l’accesso all’acqua potabile per 80 milioni di persone. Oggi più che mai occorre riconoscere che non si tratta di interventi caritativi, per così dire. Ma di un investimento nel futuro, soprattutto in Africa.