Afghanistan. Pallavolista «decapitata dai taleban». Un minuto di silenzio nel volley
Alcune donne hanno fatto una marcia di protesta a Kabul per rivendicare i loro diritti
Una giocatrice della nazionale giovanile di pallavolo dell'Afghanistan, Mahjubin Hakimi, sarebbe stata decapitata dai taleban a Kabul. A denunciarlo all'Independent Persian è una sua allenatrice, identificata per ragioni di sicurezza con lo pseudonimo Suraya Afzali. La ragazza sarebbe stata assassinata da tempo ma la notizia non era stata diffusa dai familiari. Qualche giorno fa erano comparse sui social media le foto della presunta testa mozzata.
Al momento del crollo del governo di Ghani, avvenuto il 15 agosto, Hakimi era un'atleta del Kabul Municipality Volleyball Club. La sua allenatrice ha spiegato che dal colpo di Stato dello scorso agosto i taleban "hanno cercato di identificare le atlete; in particolare quelle della nazionale di pallavolo, che in passato ha gareggiato in competizioni internazionali ed è apparsa in tv" e che solo "due componenti della squadra sono riuscite a fuggire". La scorsa settimana, la Fifa e il governo del Qatar hanno evacuato invece con successo 100 calciatrici, comprese alcune nel giro della nazionale, e i loro familiari.
"Guardatela come se fosse vostra figlia: Mahjabin è stata decapitata, perché di etnia hazara (sciiti di origine cinese, perseguitati dai taleban che sono pashtun e sunniti, Ndr) e perché giocava a pallavolo senza hijab. Questo è oggi l'Afghanistan. Abbiamo persone lì che sono cadaveri ambulanti. Fermiamo questo genocidio con i corridoi umanitari o ne saremo responsabili", scrive su Twitter il responsabile sport del Pd, Mauro Berruto, già commissario tecnico della nazionale maschile di pallavolo e che era riuscito a far venire in Italia, a fine agosto, un'atleta afghana. In un successivo tweet Berruto propone un minuto di silenzio dello sport italiano, sabato e domenica, per ricordare il dramma delle donne e della popolazione afghane.
Si è riaccesa la luce sul dramma delle donne sportive e sulla catastrofe umanitaria in #Afghanistan
— Mauro Berruto (@mauroberruto) October 21, 2021
Servono #corridoiumanitari, vorrei che nel weekend tutto lo sport italiano si fermasse 1 minuto per ricordarlo.
E per Mahjabin. #AfghanWomen@Coninews @FIGC @Federvolley @SerieA pic.twitter.com/sMx9DnfUX1
L'appello è stato accolto. Il presidente della Fipav, Giuseppe Manfredi, sentiti il presidente del Coni, Giovanni Malagò, e la sottosegretaria allo sport, Valentina Vezzali, ha disposto un minuto di silenzio su tutti i campi della pallavolo italiana. Il lutto sarà osservato dalla massima serie ai campionati regionali e territoriali, nelle gare in programma sabato e domenica.
Esiste però un'altra versione della vicenda. Secondo quanto riferisce all'agenzia Dire Matiullah Shirzad, direttore di Aamaj News, una testata con corrispondenti nelle 34 province afghane, la pallavolista "sicuramente" non sarebbe stata uccisa dai taleban. Stando al cronista, familiari della ragazza hanno confermato che è morta in circostanze da chiarire prima dell'ingresso dei taleban a Kabul e della loro presa del potere, avvenuta il 15 agosto. Un documento stabilisce che il decesso è avvenuto il 22 del mese di Mordad dell'anno 1400 nel calendario persiano, equivalente al 13 agosto 2021. Shirzad definisce "senza fondamento" la notizia dell'uccisione. Identica smentita da parte di Miraqa Popal, ex editore capo dell'emittente nazionale Tolo News, ora rifugiato in Albania. Il cronista ha rilanciato un post sull'assassinio scrivendo che "non è vero" e che la sportiva "si era suicidata dieci giorni prima della presa del potere talebana", quando Popal era "ancora responsabile delle notizie per Tolo". La famiglia non ha accennato al suicidio, commenta Shirzad con l'agenzia Dire, probabilmente perché nella società afghana l'argomento è tabù, per quanto i suicidi siano piuttosto frequenti.
Malmenate donne che rivendicavano scuola e lavoro
Secondo Khaama Press, almeno una ventina di donne sono scese in strada a Kabul protestando, davanti al ministero dell'Istruzione, contro i taleban e rivendicando il diritto all'istruzione delle bambine e delle ragazze e il diritto al lavoro. La protesta si è spostata dalla zona del ministero dell'Istruzione a quello delle Finanze, ma in seguito i taleban hanno iniziato a malmenare donne e giornalisti. Testimoni citati da Khaama Press parlano di almeno un reporter straniero e due colleghi afghani picchiati.
Tolo News ha riferito di una manifestazione di donne e attiviste della società civile per denunciare la chiusura delle scuole per le ragazze e la difficile situazione economica.