Afghanistan. Taleban senza argini Migliaia di civili in fuga
L’offensiva dei taleban sembra inarrestabile e non sembra arenarsi – come molti osservatori avevano previsto – contro le difese delle principali città. Ieri i miliziani hanno conquistato il settimo (Farah) e ottavo capoluogo di provincia ( Pol-e Khomri), arrivando a controllare fette sempre più ampie di territorio, soprattutto nel Nord del Paese. Decine di migliaia gli abitanti in fuga. Si rincorrono voci di uccisioni sommarie e di violenze che in parte spiegano perché alcune aree si siano arrese senza combattere per evitare il peggio. Nei territori sotto il loro controllo i taleban avrebbero chiesto ai leader locali gli elenchi di giovani donne oltre i 15 anni e di vedove sotto i 45 per darle in sposa ai combattenti.
I bambini pagano ancora una volta un bilancio pesante: almeno 27 sarebbero morti negli ultimi tre giorni mentre sarebbero oltre un migliaio i caduti civili in un mese. Gli Stati Uniti, che entro il mese completeranno il ritiro dal Paese dopo vent’anni e 2.352 militari caduti, non stanno a guardare. Non solo hanno riattivato la forza aerea presente in misura ormai ridotta sul territorio e con ogni probabilità anche i bombardieri nelle basi regionali, ma hanno inviato il loro negoziatore Zalmay Khalilzad in Qatar per cercare di convincere i leader taleban al cessate il fuoco.
Lo stesso portavoce del Pentagono, John Kirby, ha però segnalato come tutto il peso del conflitto sia ormai sulle spalle delle forze governative. Cadute Zaranj, Sheberghan, Sar-e-Pul, Taloqan e Aybak, incerta la sorte di Kunduz, il prossimo obiettivo dei taleban sembra essere Mazar-i-Sharif, capoluogo del Nord e centrale nel sistema difensivo e ammini-strativo del Paese. Che però (per ora) resiste. Intanto, le forze governative stanno concentrando la loro azione contro i miliziani islamici nelle province di Kandahar e Helmand, cruciali per la loro collocazione ma an- che perché centrali all’identità Pashtun. I taleban hanno le loro basi e la maggior parte dei combattenti tra questa etnia, maggioritaria in Afghanistan e nelle regioni del Nord-Ovest pachistano e questo dà alla loro azione non solo una motivazione politica (spodestare il governo di Kabul), ideologica (guidare l’Afghanistan secondo la propria interpretazione della sharia), ma anche di supremazia storica.
Quest’ultimo spiega pure le difficoltà ad accogliere il jihadismo internazionale sebbene diverse delle sue formazioni abbiano trovato ascolto, rifugio e anche alleanze nel Paese, come pure riduce i rischi di una “esportazione” del conflitto verso Paesi confinanti (Cina, Russia, Paesi islamici ex sovietici), Iran che hanno blindato i confini. Sul piano militare potrebbero presto essere tre i protagonisti: taleban, governo di Kabul e minoranze etniche. Tagiki, Uzbeki, Hazara e altri non si sono mai arresti al controllo taleban e difficilmente potranno accoglierlo quando gli “studenti islamici” assedieranno i loro capisaldi o rastrelleranno le loro campagne. Per questo, la battaglia per Mazar-i-Sharif, “capitale” un tempo dell’Alleanza del Nord in funzione anti-taleban, centrale nel loro spodestamento da Kabul nel 2001, potrebbe dare maggiori indicazioni sul prosieguo dell’offensiva ancora in corso.