La missione dei 33mila soldati di rinforzo in Afghanistan era di sradicare al-Qaeda. Ora che parte di quel lavoro è stato compiuto, possono cominciare a tornare a casa. Con questa argomentazione ieri sera Barack Obama ha annunciato agli americani l’avvio del ritiro delle truppe Usa dal Paese asiatico, simbolicamente chiudendo un capitolo della politica estera americana aperto da George Bush nell’ottobre 2001.Le ipotesi sui tempi e i numeri del rientro si rincorrevano da giorni, con i militari da una parte che chiedevano un rinvio del rimpatrio per poter dare una sferzata finale ai taleban, e dall’altra la necessità politica dell’Amministrazione di uscire da una guerra decennale invisa all’opinione pubblica.Alla fine, il presidente Usa ha scelto di scontentare i generali e di rispondere alle richieste del pubblico e di buona parte del Congresso di contenere le spese militari. La “exit strategy” comincerà dunque a luglio, come promesso nel 2009. E dovrebbe avvenire entro l’estate del 2012, come fine dell’impegno delle 33mila forze addizionali che a partire dallo scorso anno si sono schierate soprattutto nel Sud dell’Afghanistan. Diecimila di questi si ritireranno, in due tappe, entro il 2011. È proprio il risultato del loro «incredibile lavoro», come l’ha chiamato Obama, oltre all’uccisione di Osama Benladen, nel maggio scorso per mano delle forze speciali, che ha permesso al presidente di rispettare i tempi.In ogni caso, dopo il 2012, dovrebbero restare tra i 65 e i 70mila militari, cifra che dovrebbe calare a 25mila dal 2014. Al di là della recente ondata di violenza taleban, dunque, Obama ha sottolineato i progressi fatti contro la rete del terrore per assicurare agli americani – e ai generali – che il ritiro non si tradurrà in un rafforzamento di al-Qaeda. L’idea principale che il capo della Casa Bianca ha voluto imprimere negli americani nel suo breve intervento – il sesto in “prime time” – è stata dunque che l’Afghanistan non e più un rifugio per i terroristi islamici che complottano per colpire l’America.L’annuncio del ritiro non ha diviso lo spettro politico Usa secondo le normali linee di partito. Se il leader repubblicano John Boehner, speaker della Camera Usa, si è detto preoccupato che un «un ritiro precipitoso metta in pericolo i successi raggiunti contro i taleban e al-Qaeda», altri repubblicani, tra cui il candidato favorito dei conservatori alla Casa Bianca, Mitt Romney, premono per un ritiro più rapido. I costi della guerra sono infatti elevati per le finanze Usa: 120 miliardi di dollari all’anno. A Kabul invece l’ormai certo inizio del ripiegamento delle truppe americane ha provocato un senso di disorientamento generale. Il portavoce del ministero della Difesa si à limitato a dire che «rispetta la decisione di Obama».