Afghanistan. Donne ancora in piazza per l'istruzione. E si diffondono le lezioni online
L'anno scolastico è cominciato da pochi giorni e le ragazze sono ancora fuori dalle aule. I taleban continuano ad accampare la scusa di non disporre delle strutture necessarie per far studiare le alunne "in sicurezza", vale a dire separate dai maschi. Domenica diverse decine di afghane sono scese in piazza a manifestare contro questo divieto, al grido "l'istruzione è un nostro diritto". Ma la protesta è durata poco: i taleban hanno disperso il gruppo di donne, così come raccontato da alcuni organi di stampa che operano fuori del Paese, come Afghanistan International Tv e il giornale online Hasht-e-Sub.
In alcuni video diffusi sui social, si vede il gruppo di donne che manifestano slogan come "Una madre istruita costruisce una nazione forte", "L'istruzione è un nostro diritto", "Nazioni Unite, rompete il vostro silenzio" e "Diritto, giustizia e libertà". Alcune attiviste sarebbero anche state arrestate e la missione delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama) ha confermato che sta seguendo da vicino la questione. Lo scrive la stessa Unama sul suo account Twitter, sottolineando che "le donne e le ragazze afghane hanno il diritto di lamentarsi contro le politiche che limitano gravemente i loro diritti umani" e che "le autorità de facto devono rispettare le libertà fondamentali di tutti gli afghani".
“An educated mother builds a strong nation”
— Shabnam Nasimi (@NasimiShabnam) March 26, 2023
A group of fearless women protesting in Kabul today against the Taliban’s BAN on female education.
552 days since the Taliban BANNED girls from school. 98 days since they banned women from university.pic.twitter.com/oVxXSsF61l
Despite the Taliban's ongoing repression and arrests, the women of Afghanistan take to the streets of Kabul to protest against the brutal regime's violation of their rights.
— Sitarah Mohammadi (@sitarah_m) March 27, 2023
Let's amplify their voices and stand with them in their fight for freedom! pic.twitter.com/EOPQE7QuHi
A scuole chiuse da quasi due anni, l'istruzione femminile è diventata un crimine. Ma negli ultimi mesi stanno prendendo piede le lezioni online, organizzate da diverse ong internazionali. I corsi sono soprattutto di inglese, unico ponte con il resto del mondo. I taleban non hanno vietato questo tipo di istruzione, né internet conosce limitazioni che non siano quelle tecniche.
Nel Paese tra i più poveri del mondo, secondo la Banca Mondiale solo il 18% degli abitanti ha accesso alla rete, senza contare il costo di un computer, insostenibile per la quasi totalità della popolazione. I collegamenti, laddove esistono, sono comunque funestati da continue mancanze di corrente.
Una delle scuole che offre lezioni online, la Rumi Academy, è passata dai 50 studenti del 2021 ai 500 odierni. L'Università del popolo, anch'essa online, ha registrato 15mila iscrizioni dall'agosto 2021, quando i taleban hanno ripreso il potere nel Paese; il suo direttore, Daniel Kalmanson, ha detto alla Reuters che le studentesse possono seguire tutte le lezioni che desiderano, negli orari che i collegamenti consentono e che i problemi tecnici di linea saranno considerati al momento degli esami. L'organizzazione no profit Learn Afghanistan, che gestisce diverse scuole di comunità, comprese alcune online, ha detto che tutte le sue lezioni saranno rese disponibili gratuitamente nelle principali lingue parlate in Afghanistan. Il gruppo inoltre trasmette le sue lezioni anche via radio, usata moltissimo nelle aree rurali.
Ma l'Afghanistan non ha solo il problema, molto serio, della mancata istruzione femminile. Oggi i problemi arrivano da una nuova ondata terroristica. Oggi a Kabul un kamikaze si è fatto saltare in aria vicino alla sede del ministero degli Esteri, uccidendo sei civili. L'attentatore è stato ucciso dagli agenti. L'esplosione è avvenuta nel centro della capitale afghana intorno a mezzogiorno, l'ora in cui durante il mese di Ramadan i dipendenti statali terminano la giornata lavorativa. L'attacco non è stato rivendicato, ma a metà gennaio un attentato analogo davanti al ministero degli Esteri portò la firma del sedicente Stato islamico.