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Il personaggio. Addio a Josef Hurton, il “don” del soccorso alpino

Diego Andreatta mercoledì 11 ottobre 2023

Don Josef nella neve, col suo cane

Nella sua vita ha recuperato oltre 200 vittime di incidenti mortali in montagna: davanti ad ogni cadavere, una preghiera, «perché questo non è un pezzo di legno, ma un uomo che vivrà in eterno». Così insegnava anche ai suoi colleghi soccorritori don Joseph Hurton, il parroco emerito di Solda, morto (ieri sera) a 95 anni, noto come pioniere del volontariato alpino, ben oltre i confini della sua splendida valle altoatesina. «Sei entrato nella leggenda di Solda come Ortles e Gran Zebrù» gli aveva detto al novantesimo compleanno anche il vescovo di Bolzano-Bressanone, Ivo Muser, che sabato alle 10 presiederà il funerale nella chiesa di Solda.

Quando nel 1968 lasciò la val Pusteria, dov’era cappellano, per arrivare a Solda, don Joseph era un giovane prete di origine slovacca già provato dalla vita: prima prigioniero in un campo di concentramento, poi profugo a Roma e quindi studente di teologia. Si trovò a dover sostituire il parroco rimasto sotto una slavina e il cui corpo venne recuperato tre mesi e mezzo dopo grazie al fiuto di un cane. Proprio quella tragedia ispirò anche la scelta, quasi una seconda vocazione, di don Hurton: «Questa è la vita di questo popolo e tu farai la vita di questo popolo» si disse e cominciò presto a organizzare la stazione di Soccorso Alpino di cui fu capo autorevole dal 1970 al 2000, fondando la prima Scuola nazionale per cani da valanga con l’amico Fritz Reinstadler e, più tardi, potenziando il servizio di elisoccorso.

Don Josef Hurton in una foto recente - Archivio Vita Trentina

Con il suo parroco-soccorritore, la comunità cristiana di Solda divenne riferimento per la formazione all’ecologia integrale in montagna. «Dai miei volontari del soccorso ho imparato la vera gratuità, hanno voluto sempre devolvere tutti i rimborsi provinciali per potenziare le attrezzature della stazione di soccorso» disse don Joseph nel 1988 a Pinzolo, in val Rendena, dove venne premiato con la prestigiosa “Targa d’argento internazionale per la solidarietà alpina”.

Alla mano il telefono per le chiamate d’urgenza, Hurton si fermava volentieri a dialogare sulla bellezza del Creato e sull’importanza del rispetto per la montagna con i tanti villeggianti attirati dalla catena dell’Ortles: «Gli ospiti arrivano da noi stressati ed hanno grandi attese sulle loro vacanze – ci disse nel 2008 al Film Festival della Montagna di Trento in dialogo con l’amico soccorritore don Erminio Vanzetta – vogliono ricrearsi sia fisicamente che spiritualmente. Il nostro metodo pastorale deve tener conto di questo, cercare di incontrare le persone, prenderle per come sono e fare di tutto perché possano tornare a casa migliori, rigenerate».

La carità si esprimeva poi nel primo annuncio ai familiari delle vittime in montagna: «Meno parole usa, meglio è. Quando si verificano tragedie gravi, magari mortali, noi dobbiamo essere soprattutto presenti – osservava a proposito il parroco di Solda - Così i parenti vedono che noi stiamo partecipando al loro dolore e abbiamo anche la grande speranza che il Signore è presente e che questa persona morta è pure destinata a un futuro grande presso Dio. In quei momenti, poi, i congiunti raccontano e ricordano, nostra attenzione è quella di saper ascoltare».

Premiato anche per i suoi libri e i suoi documentari, don Hurton si augurava che i seminaristi venissero formati alla spiritualità della montagna: «I sacerdoti possono fare molto nei gruppi giovanili soprattutto quando trasformano le gite in un’esperienza spirituale: al mattino presentano un brano della Scrittura, poi lasciano lunghi momenti di silenzio e meditazione. Così abbiamo cercato di fare a Solda in questi 60 anni» confidava.