Analisi. Sì di Usa e Cina a Cop 21: una firma da mettere alla prova
Come giudicare la decisione di Stati Uniti e Cina di ratificare il trattato siglato il 12 dicembre scorso a Parigi al termine della XXI Conferenza sui mutamenti climatici (Cop21)? Come un’abile mossa propagandistica («è il momento in cui abbiamo finalmente deciso di salvare il nostro pianeta», ha esultato Obama) o un’effettiva svolta politica, nel segno di un’attenzione finalmente convinta ai problemi ambientali? Oppure – ancora - dobbiamo interpretare l’annuncio dei due leader (rappresentanti rispettivamente il più importante Paese d’Occidente e d’Oriente) come un felice risultato diplomatico che riscatta Obama sul finire del suo secondo, opaco mandato presidenziale? Pare evidente che, a seconda degli osservatori, la notizia può provocare disincanto o soddisfazione. Ma onestà vuole che si prenda il fatto per quello che è: un impegno formale assunto pubblicamente da due Paesi-chiave, spesso in tensione fra loro, tra l’altro anche sulla delicata questione ecologica. Val la pena di ricordare inoltre come, dopo una serie di deludenti edizioni, la Conferenza del clima di Parigi del dicembre 2015 (Cop 21) abbia prodotto un testo che impegna i Paesi firmatari a ridurre le emissioni serra in modo significativo. Ora, che i due Paesi più inquinatori al mondo accettino di firmare tale accordo è, appunto, un fatto che va salutato per quello che è. Senza illusioni che il traguardo sia dietro l’angolo, ma anche con la consapevolezza che si tratta di un passo sulla strada di quel cambiamento culturale, politico e di stili di vita necessario per arginare un fenomeno – il cambiamento climatico – che coinvolge tutti. Un problema che chiama in causa non soltanto i governanti, l’ambiente scientifico e tecnologico e il mondo economico-produttivo, ma ogni cittadino, in quanto consumatore e responsabile, per la sua piccola parte, del bene comune collettivo.È lo stesso cambio di passo di cui Papa Francesco parla esplicitamente nell’enciclica “Laudato si’” e che ripete in molteplici occasioni. L’ultima, tre giorni fa, in occasione della Giornata mondiale di preghiera per la cura del Creato: «Il pianeta continua a riscaldarsi, in parte a causa dell’attività umana – scriveva Papa Bergoglio nel suo Messaggio -. I cambiamenti climatici contribuiscono anche alla straziante crisi dei migranti forzati. I poveri del mondo, che pure sono i meno responsabili dei cambiamenti climatici, sono i più vulnerabili e già ne subiscono gli effetti».