È un segno minuscolo. Per scriverlo ci vuole meno di una goccia d’inchiostro. Eppure – nonostante le ridotte dimensioni – l’accento (segno che indica su quale sillaba cade la voce) non è una questione di poco conto. Specie nella lingua spagnola, parlata in Spagna e in più della metà del continente americano, dal Messico al polo Sud. Da quel segnetto, dipende la corretta lettura delle parole. Senza l’accento sulla «o», «adiós» diventa «àdios». E, spesso, cambia anche il loro significato. Per esempio, se scriviamo «tu» vuol dire tuo o tua. «Tú», invece, è il nostro «tu». Negli ultimi anni gli accenti sono stati messi in soffitta. Colpa, soprattutto, di tanti politici e imprenditori che per risparmiare tempo e inchiostro li hanno praticamente aboliti da cartelli pubblicitari, stradali, o dai manifesti elettorali. Fino a due mesi fa, in Spagna e in America del Sud, gli accenti erano quasi scomparsi dalla normale segnaletica. Poi, a giugno, un giovane pubblicitario, Pablo Zulaica Parra, nato in Spagna ma residente in Messico, ha deciso di iniziare una battaglia per rimettere i segni perduti al loro posto. Il giovanotto ha aperto un sito
http://acentosperdidos.blogspot.com, e ha invitato amici e sconosciuti a lottare per il salvataggio degli accenti semi estinti. Una folla di guerrieri dell’ortografia (cioè la corretta scrittura delle parole), armata di pennarello, si è messa all’opera. I ragazzi individuano i cartelli con gli strafalcioni, li fotografano e li correggono con un curioso stratagemma: disegnano gli accenti al computer e poi li attaccano dove mancano. Le immagini del prima e dopo vengono pubblicate sul sito. «Il tutto viene fatto alla luce del sole, la nostra è una battaglia pacifica e divertente», ha spiegato Pablo. Tanti gli credono. L’iniziativa, nata in Messico, si è diffusa in Perù e in Argentina. Il primo bersaglio dei guerrieri dell’ortografia è stato il marchio dell’azienda
Telefonica. La scrittura corretta prevederebbe un accento sulla «o» ma i responsabili lo avevano tolto per «semplicità», hanno detto. Pablo e gli altri, però, hanno iniziato a bersagliare i cartelli fin quando l’accento è tornato al proprio posto. La prossima tappa sarà la Colombia, dove un gruppo di ragazzi attende il via col pennarello in mano.
Mi manca la tilde. Mentre italiani e francesi usano
gn, spagnoli e sudamericani, per rappresentare lo stesso suono, ricorrono a un curioso ricciolo, una specie di linea ondulata sulla lettera n, che diventa ñ. Il segno si chiama
tilde ed tipico della lingua castigliana, l’unica in cui esiste. Forse per questo gli spagnoli gli sono così affezionati. Non è facile per loro rinunciarci quando scrivono al computer. Su molte tastiere la tilde non esiste. Per non parlare di Internet: su chat, forum ed email ci si deve rassegnare a una banale «n». Tocca a chi riceve il messaggio dare il giusto suono alla parola. Da poco, però, qualcosa sta cambiando. La Spagna ha ottenuto che, sui siti che finiscono con .es (il dominio spagnolo), ci sia la ñ. Anche in Sud America i cittadini si stanno dando da fare. Il giornale argentino «Clarín» ha iniziato una campagna per far arrivare la tilde in Internet. E ha detto che non si fermerà fino a quando non ci sarà riuscito.
Basta un segno e cambia tutto. Sta’ zitto» o «Sta zitto»? Anche in italiano apostrofi (ricciolo di inchiostro che segnala quando viene eliminata una lettera) e accenti (segno che definisce su che sillaba cade la voce) contano. Basta un segno in più o in meno per fare un bello strafalcione d’ortografia. «Sta zitto» è corretto se si intende il verbo al modo indicativo: Giovanni sta zitto, nel senso che tace. Ma se si vuole dare alla frase un tono imperativo ci vuole l’apostrofo. Giovanni sta’ zitto! significa: Taci Giovanni! La frase completa sarebbe «stai zitto». Pochi, però, ci badano anche da noi. Colpa, spesso, di sms ed email: per digitare le lettere più in fretta si eliminano tutti i segni di troppo, inclusi accenti e apostrofi. Non solo. A volte si contraggono le parole: «c’è» diventa «ce», «per» una semplice x. Tutto bene quando lo si fa solo in alcuni momenti. Ma a furia di stravolgere la lingua si finisce per dimenticarne le regole. E gli errori dilagano. Si finisce per mettere apostrofi di troppo – come nel caso di «qual è» trasformato in «qual’è» (erroraccio!) – o di confondere accenti e apostrofi – scrivendo «un pò» invece di «un po’» – o di dimenticare entrambi. In Italia non è ancora nato un movimento per salvare l’ortografia. L’Accademia della Crusca (la massima autorità sull’uso corretto della nostra lingua), però, ha eleaborato una lista, diffusa online sul sito
www.accademiadellacrusca.it, con le principali regole per orientarsi nel mare dei segni.
La dura vita dell'apostrofo. Anche in inglese, parlato in Gran Bretagna, negli Stati Uniti e in gran parte del resto del mondo, un segnetto fa la differenza. Qui a comandare non sono gli accenti ma gli apostrofi. «Bananas», per esempio, significa «banane». Se mettiamo un apostrofo tra la «a» e la «s», «banana’s» vuol dire «di banana». Ecco perché il soldato in pensione Stefan Gatward di Tunbridge Wells, in Inghilterra, ha deciso di combattere una nuova guerra: quella per la difesa dell’ortografia in scritte e cartelli. Ogni giorno, armato di pazienza e buona volotà, il signor Gatward fa il giro del suo quartiere alla caccia degli strafalcioni. Quando li trova, cioè spesso, si ferma e aggiunge gli apostrofi mancanti. Non tutti, però, condividono la sua battaglia. Anzi, qualcuno ha persino voluto mettergli i bastoni tra le ruote. Quando ha visto Gatward correggere il nome della sua via, un vicino ha chiamato la polizia e lo ha denunciato per vandalismo. Il motivo? L’uomo temeva che il postino non riconoscesse la strada e non consegnasse più la posta. L’ex soldato, però, non si è dato per vinto. Dopo aver rimesso a posto i cartelli stradali, è passato alle scritte nei supermercati. E anche stavolta – ha detto – il lavoro non gli manca. Mentre Gatward lotta per salvare gli apostrofi, in altre città dell’Inghilterra c’è chi ha deciso di eliminarli del tutto. Il sindaco di Birmingham, stanco di combattere con questi complicati segni, ha deciso che nei cartelli stradali della città tutte le scritte saranno prive di apostrofi, per rendere la loro realizzazione più facile. A molte persone, però, l’idea non è piaciuta. E, da tempo, protestano attraverso la combattiva «Associazione per la difesa dell’apostrofo».