Stati Uniti. Aborto, anche la Louisiana dice no
La Louisiana ieri è diventata il nono Stato americano ad aver approvato quest’anno una legge fortemente restrittiva sull’aborto. Con 79 voti a favore e 23 contrari l’Assemblea statale ha approvato una misura che vieta l’aborto oltre la sesta settimana di gravidanza. John Bel Edwards, l’unico governatore democratico degli Stati del Sud, ha detto di sostenere la legge e di volerla promulgare, nonostante l’opposizione dei leader nazionali democratici che considerano queste misure un attacco ai diritti delle donne.
Anche prima dell’approvazione del testo passato ieri, in Louisiana esisteva una forte opposizione all’aborto, che aveva portato alla chiusura di 14 delle 17 cliniche per le interruzioni di gravidanza che esistevano agli inizi degli anni ’90. Prima della Louisiana hanno approvato leggi restrittive sull’aborto la Georgia, il Kentucky, il Mississippi, l’Ohio, lo Utah, l’Arkansas e il Missouri, che oggi stesso diventerà il primo Stato americano senza alcuna clinica per l’interruzione di gravidanza. L’Alabama ha vietato l’aborto anche nei casi di stupro o incesto.
Nessuna di queste leggi è ancora entrata in vigore perché oggetto di cause e ricorsi. La battaglia legale rientra fra gli obiettivi dei legislatori statali pro-life che contano di far approdare questi ricorsi alla Corte Suprema – dove attualmente la maggioranza dei giudici ha espresso opinioni in difesa della vita – nella speranza che possa rovesciare la storica sentenza Roe v Wade con cui nel 1973 è stato legalizzato l’aborto.
In realtà la Corte Suprema proprio questa settimana ha mostrato di essere restia a pronunciarsi per il momento sulla questione, che è già entrata con prepotenza nella campagna elettorale per le presidenziali del 2020. Il massimo organismo giuridico americano infatti non ha accolto il ricorso contro lo stop di una corte d’appello alla legge dell’Indiana che vietava alle donne di abortire a causa di malformazioni del feto, o in base alla sua razza o sesso.
I nove giudici hanno invece preso tempo, dichiarando di aspettare che si pronunci una corte di grado inferiore per poi valutare come deliberare. La decisione sembra confermare l’opinione di molti esperti legali che credono che il presidente della Corte, John Roberts, e i due giudici nominati da Donald Trump, Neil Gorsuch e Brett Kavanaugh, non siano pronti ad affrontare la questione dell’aborto, tanto più in un anno elettorale. Se avessero accolto il caso dell’Indiana, questo sarebbe stato infatti dibattuto il prossimo autunno e la decisione sarebbe arrivata a ridosso delle presidenziali di novembre.
La Corte ha però confermato un’altra legge dell’Indiana, firmata dal vice presidente Mike Pence quando era governatore dello Stato, che impone alle cliniche che effettuano le interruzioni di gravidanza di dare sepoltura o cremare i feti. E proprio il vice presidente Pence ha fatto un raro appello ai nove massimi magistrati, dicendo di augurarsi che confermino le leggi approvate da più Stati per vietare gli aborti «selettivi» e che «le protezioni legali contro le discriminazioni basate sul sesso, sulla razza o la disabilità un giorno vengano estese agli americani non ancora nati».