Il voto Usa. Ecco come Trump ha riconquistato i cattolici
Donald Trump
Come sempre da tre quarti secolo a questa parte, la maggioranza dei cattolici americani ha votato per il vincitore delle elezioni presidenziali, dandogli una spinta decisiva verso la Casa Bianca. Quest’anno l’impulso è stato particolarmente importante. Ben il 56% dei cittadini Usa fedeli al Papa ha sostenuto il repubblicano Donald Trump, rispetto al 41% che ha dato la sua preferenza alla democratica Kamala Harris. Si tratta di un forte balzo in avanti nelle simpatie dei cattolici statunitensi per il presidente designato, che quattro anni fa era stato scelto solo dal 47% dei cattolici, e solo dal 50% nel 2016.
La differenza fra i due candidati è ancora più marcata tra i cattolici bianchi, che hanno votato per l’ex presidente ben al 60%. Durante le ultime presidenziali, Biden, che è cattolico, aveva ottenuto il 52%. Il successo di Trump, e soprattutto il forte distacco di 15 punti rispetto alla candidata democratica, riflette una tendenza profonda all’interno del cattolicesimo americano, dove i più giovani si stanno sempre più allineando con il partito repubblicano grazie alle sue posizioni in difesa della libertà religiosa e contro l’aborto. In effetti, per gli elettori cattolici, questioni etiche come l’interruzione di gravidanza e il diritto all’obiezione di coscienza sono emerse quali fattori critici in questa tornata elettorale, come mostrano gli exit poll. Trump ha raccolto infatti il 90% degli elettori che si identificano come difensori della vita. In campagna elettorale il futuro 47esimo capo della Casa Bianca aveva corteggiato con decisione i fedeli del Papa, utilizzando i social media, interviste televisive mirate e alcune presenze strategiche di persona per raggiungerli, soprattutto nei sette Stati chiave. Trump ha pubblicato sui social immagini e preghiere cattoliche, alcune raffiguranti Nostra Signora di Guadalupe e la preghiera di San Michele. A differenza di Harris, inoltre, Trump ha partecipato alla cena Al Smith, un galà organizzato annualmente dall’arcidiocesi di New York per raccogliere fondi per la Caritas, e poco dopo ha concesso un’intervista a Raymond Arroyo di Ewtn una rete televisiva cattolica conservatrice. Inoltre, come vicepresidente Trump ha scelto J.D. Vance, che si è convertito al cattolicesimo nel 2019.
Vance si è rivolto spesso ai fedeli nei suoi comizi, e il mese scorso ha pubblicato un editoriale sul quotidiano Pittsburgh Post-Gazette, nella decisiva Pennsylvania, in cui accusava Harris di nutrire pregiudizi anticattolici. «Solo respingendo il suo atteggiamento anticattolico potremo garantire la libertà religiosa a tutti», scrisse.
Il rapporto di Harris con gli elettori cattolici invece è apparso teso durante la sua breve campagna. Oltre ad aver mancato la cena Al Smith, sono anche riemerse osservazioni controverse che aveva fatto in passato, quando era senatrice, sui Cavalieri di Colombo. Trump in campagna elettorale ha promesso di reprimere l’immigrazione e di deportare chiunque viva illegalmente negli Stati Uniti, e ha spesso fatto distribuire ai suoi comizi volantini con la scritta «Deportazioni di massa dal primo giorno».
La Chiesa cattolica americana, pur senza entrare nel merito delle due campagne, ha più volte espresso preoccupazione per politiche intolleranti e inumane nei confronti degli immigrati senza documenti e di quelli che cercano asilo negli Stati Uniti. Ieri il Jesuit Refugee Service statunitense ha chiesto all’amministrazione entrante di «onorare il ruolo storico degli Stati Uniti come orgogliosa nazione di immigrati», mentre il cardinale Joseph Tobin, arcivescovo di Newark, ha pubblicato su “X” una preghiera per i migranti.
Timothy Broglio, presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, si è congratulato con Trump. «La Chiesa cattolica non è allineata con nessun partito politico, e nemmeno la Conferenza episcopale – ha scritto l’arcivescovo in una dichiarazione –. Come cristiani e come americani, abbiamo il dovere di trattarci a vicenda con carità, rispetto e civiltà, anche se possiamo non essere d’accordo su come portare avanti questioni di ordine pubblico».