La storia. Sfuggì ai nazisti a 10 anni, muore in un rifugio a Mariupol
I sotterranei di Mariupol l'avevano salvata, ma 80 anni dopo è là sotto che è morta di stenti la 91enne Vanda Semyonovna Obiedkova
I sotterranei di Mariupol l'avevano salvata, ma 80 anni dopo è là sotto che è morta: Vanda Semyonovna Obiedkova ad appena 10 anni era scampata ai nazisti nascondendosi in una cantina di Mariupol e in un rifugio della città simbolo della resistenza ucraina è morta il 4 aprile a 91 anni, dopo settimane di vita senza luce e acqua per nascondersi dagli invasori russi.
A raccontare la storia di Vanda, sopravvissuta alla Shoah è stata la figlia Larissa sul sito Chabad.org.
At 10 years old, Vanda Semyonovna Obiedkova survived the Germans by hiding in a basement in Mariupol.
— Auschwitz Memorial (@AuschwitzMuseum) April 19, 2022
81 years later, she died in a basement in the same city as a victim of the horrific war hiding from the Russians.
Read more: https://t.co/6QPx6vahFh pic.twitter.com/TyjiyfK09A
Prima di morire in uno scantinato di Mariupol, al freddo e implorando acqua, Vanda Semyonovna Obiedkova voleva sapere solo una cosa: "Perché sta succedendo?" riferendosi all'assedio russo nella città sul mare d'Azov iniziato lo scorso 25 febbraio. Malata ed emaciata durante le ultime due settimane di vita, la 91enne, sopravvissuta alla Shoah non riusciva nemmeno a stare in piedi. È morta di stenti, nel suo stesso letto: Vanda Vanda Semyonovna Obiedkova è una delle migliaia di vittima dell'invasione russa.
"La mamma non meritava una morte simile", ha spiegato la figlia di Obiedkova, Larissa, tra le lacrime, poche ore dopo essere arrivata con la sua famiglia in un luogo sicuro.
Aveva assistito impotente alla vita di sua madre svanire, rimanendo al suo fianco fino all'ultimo momento. Dopo la morte della madre, Larissa e suo marito hanno rischiato la vita per seppellire Obiedkova, in mezzo a continui bombardamenti, in un parco pubblico a meno di un chilometro dal Mar d'Azov.
"L'intera Mariupol si è trasformata in un cimitero", ha raccontato il rabbino Mendel Cohen, direttore del Chabad-Lubavitch di Mariupol e rabbino solitario della città portuale ucraina. Obiedkova e la sua famiglia erano da tempo membri attivi della comunità ebraica di Mariupol. "Vanda Semyonovna ha vissuto orrori inimmaginabili", ha spiegato il rabbino. “Era una donna gentile e gioiosa, una persona speciale che rimarrà per sempre nei nostri cuori”.
Dall'inizio della guerra, il rabbino Cohen ha lavorato a tempo pieno per evacuare i membri della comunità dall'inferno, lavorando al telefono anche durante lo Shabbat e, più recentemente, la Pasqua ebraica. All'inizio di questa settimana è stato in grado di evacuare Larissa e la sua famiglia.
Vanda Obiedkova era nata a Mariupol l'8 dicembre 1930. Aveva 10 anni nell'ottobre del 1941, quando i nazisti entrarono a Mariupol e iniziarono a radunare gli ebrei della città. Quando le SS giunsero alla casa di famiglia e portarono via la madre di Vanda, Maria (Mindel), la bambina riuscì a sottrarsi all'arresto nascondendosi in un seminterrato. “Non poteva urlare; questo è ciò che l'ha salvata”, dice la figlia, Larissa.
Il 20 ottobre 1941, i tedeschi giustiziarono tra i 9.000 e i 16.000 ebrei nei fossati alla periferia di Mariupol, tra cui la madre di Obiedkova e l'intera famiglia di sua madre. La bambina è stata successivamente arrestata, ma alcuni amici di famiglia sono intervenuti per salvarla, convincendo i nazisti che fosse greca. Suo padre, che non era ebreo, riuscì a farla ricoverare in un ospedale, dove rimase fino alla liberazione di Mariupol nel 1943.
Obiedkova diede un resoconto completo della sua vita e dell'esperienza dell'Olocausto alla USC Shoah Foundation nel 1998. "Avevamo una cassetta VHS della sua intervista a casa", dice Larissa, che nota che sua madre ha mantenuto una misura di yiddish fino alla fine. "Ma è tutto bruciato insieme alla nostra casa".
Obiedkova si sposò nel 1954, quando Mariupol era conosciuta con il nome sovietico di Zhdanov, e trascorse tutta la sua vita in città. Negli ultimi anni ha vissuto solo con la figlia, Larissa. “Mamma amava Mariupol; non ha mai voluto andarsene”, dice.
Quando all'inizio di marzo sono iniziati i bombardamenti, la famiglia si è trasferita nel seminterrato di un vicino negozio. L'unica assistenza che la famiglia ha ricevuto in tutto quel tempo è arrivata dalla sinagoga e dal centro comunitario del rabbino Cohen.
"Non c'era acqua, elettricità, riscaldamento e faceva un freddo insopportabile", spiega ancora Larissa che passava tutto il suo tempo a prendersi cura della madre, ma “non c'era niente che potessimo fare per lei. Vivevamo come animali!”. Due cecchini avevano allestito posizioni vicino alle fonti d'acqua più vicine, rendendo ogni viaggio estremamente pericoloso a parte le bombe che piovevano dal cielo.
“Ogni volta che cadeva una bomba, l'intero edificio tremava. Mia madre continuava a dire che non ricordava niente del genere durante la Grande Guerra Patriottica (la seconda guerra mondiale, ndr)”.