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Il rapporto. Il Myanmar dei golpisti è ridotto in miseria: il 13,3% muore di fame

Strefano Vecchia martedì 2 luglio 2024

le continua campagne di arresti a Yangon per episodi di vendita a prezzi altissimi dei generi di prima necessità non riescono a debellare il fenomeno

Potrebbe sorprende molti, vedendo la miseria in cui piombato il Myanmar, l’annotazione storica che questo Paese, per quanto sotto il controllo britannico, allo scoppio della Seconda Guerra mondiale fosse “la risaia del continente” e una delle sue aree più progredite.

Sono bastati otto anni di invasione e resistenza anti-giapponese e 14 anni di una democrazia parziale per avviarlo a mezzo secolo di dittatura di generali truci indirizzati da geomanzia, astrologia e numerologia. Oggi come allora le armi usate nella repressione sono russe e cinesi, probabilmente anche nordcoreane e di un’altra mezza dozzina di Paesi, partner commerciali con pochi scrupoli o i cui governi e apparati militari simpatizzano con i metodi di governo della controparte birmana.

Le sofferenze che il Myanmar sta vivendo sotto la giunta al potere da febbraio 2021 sono immani, la paralisi delle diplomazie delle organizzazioni internazionali evidenti. Meno evidente perché meno comunicata è la situazione economica e sociale.

Un nuovo rapporto dell’Undp (United Nations Development Program) delinea l’immagine di un Paese che vede azzerarsi i benefici che si erano diffusi nello scorso decennio per la maggiore incidenza di istruzione, investimenti e un sostegno internazionale in ritirata. Il documento segnala che il 75 per cento dei 55 milioni di birmani, vivono oggi in condizioni di disagio economico, incluso il 32 per cento che per la Banca mondiale già si confronta con la povertà, con 13,3 milioni di individui prossimi alla fame.

L’inflazione supera il 25 per cento, ma i dati ufficiali sono certi quanto il cambio del kyat sul mercato parallelo e se la Yangon “bene”, quella dei commercianti, imprenditori e latifondisti che beneficiano dei rapporti con i generali, può concedersi rilassanti pomeriggi in alberghi a cinque stelle, spendendo a bordo piscina individualmente metà di quello che è il salario minimo mensile di 140 euro per 48 ore di lavoro settimanali, il resto del Paese ha poche aree di benessere in un mare di sofferenze e di necessità negate. Inoltre sono in crescita gli episodi di accaparramento e la borsa nera fa affari d'oro.

Il turismo, risorsa che sembrava destinata a diventare rilevante, ha visto ridursi i 4,3 milioni di arrivi nel 2019 a 1,28 milioni lo scorso anno. L’aeroporto internazionale di Yangon e quello della capitale Naypyidaw continuano a accogliere però decine di voli giornalieri che stanno importando - più che viaggiatori alla ricerca di esotismo, meraviglie artistiche e naturali, shopping accessibile e di buon livello – una porzione della diaspora dei russi in fuga nel Sud-Est asiatico ma anche affaristi e lobbisti di molte provenienze che cercano di approfittare della situazione di incertezza. Quella che accomuna i birmani vittime di repressione e affondati nell’economia di sussistenza e militari, poliziotti, burocrati e collaborazionisti sotto assedio in aree sempre più ristrette e meno sicure da attacchi e rappresaglie.

Ad aggravare la situazione è la ritirata del sostegno allo sviluppo che per l’Undp è calato del 40 per cento tra il 2020 e il 2022, ma in difficoltà sono anche gli interventi umanitari per la scarsità di fondi che potrebbe influire sul piano di assistenza Onu per otto milioni di birmani entro il 2025.