Giovani e Vescovi. «Affetti, la Chiesa ci ascolti. C'è bisogno d'una Scuola dell'amore»
Il 6 novembre, in Duomo a Milano, i giovani e i Vescovi si sono riuniti per parlare di tematiche come gli Affetti, l'Ecologia, l'Intercultura, i Riti, la Vocazione
«Abbiamo una grande fame di relazioni vere ma abbiamo bisogno di ricevere gli strumenti giusti per costruirle». Così i giovani parlano ai vescovi lombardi sul tema degli Affetti. Li hanno incontrati per il percorso «Giovani e Vescovi» che sta coinvolgendo tutte le diocesi della Lombardia. Evento centrale del percorso è stato un grande incontro in Duomo, il 6 novembre, in cui giovani e vescovi lombardi si sono seduti a tavoli di confronto su tematiche importanti come vocazione, ecologia, affetti, riti e interculturalità. Da qui si parte per immaginare strade nuove di crescita e rinnovamento dentro la Chiesa, a partire proprio dai vissuti dei più giovani
I giovani ai vescovi sugli affetti: «Non serve giudicarci, abbiamo invece bisogno di una scuola dell'amore»
I dialoghi di «Giovani e Vescovi», il 6 novembre in Duomo, hanno messo al centro le relazioni di coppia. A emergere per prime sono le paure. «Tanti ragazzi hanno timore di impegnarsi in una relazione – racconta uno dei presenti –. Qualcuno ha paura di sbagliare, di ferirsi o di ripetere la storia della propria famiglia, che magari è andata male». Sui rapporti di coppia pesano le peculiarità del nostro tempo: «Viviamo in un mondo precario a livello economico e lavorativo. È difficile immaginare progetti a lungo termine, si pensa di più al piacere momentaneo». A fare paura sono anche le crisi che possono sorgere dentro la coppia. «Se scopri nell’altro difetti che non conoscevi cosa accade?» si chiedono i giovani. Qualcuno aggiunge che nelle relazioni «spesso succede di sfruttare l’altro per il proprio piacere personale e di rifiutarlo quando non serve più».
Dalla coppia si passa a matrimonio e figli: «Per i nostri coetanei sono realtà lontane, tranne per pochissime eccezioni» dicono i giovani. Anche perché oggi la società impone ritmi nuovi, «si studia di più e al lavoro c’è molta competizione. La realizzazione degli obiettivi professionali può richiedere anni, e spesso il progetto di coppia viene dopo – dice una delle presenti in Duomo –. Qualcuno pensa anche che, se non si realizza al lavoro, non sarà mai degno di affetto». I giovani portano ai vescovi anche le proprie esperienze di vita, come fa Giovanni Mazzolari, 23 anni, di Cremona, che sta per sposarsi. «Sono dottorando in astrofisica, la mia ragazza si sta specializzando in medicina interna. Crediamo che sia più bello vivere la vita in due, e la parola 'morosi' ci sta stretta – racconta il giovane –. Sposarsi oggi non è facile, ma per noi è una scelta bella e coraggiosa».
Nei dialoghi emergono anche diverse 'ferite'. Qualcuno racconta di aver scelto la convivenza e di essere stato estromesso per questo dagli incarichi parrocchiali. Altri portano la sofferenza di amici lgbt, credenti: «Questi fratelli e sorelle sono relegati a narrazioni colpevolizzanti e il loro grido è stanco» dice uno dei presenti. Tutti concordano su un punto: «Sentirci giudicati non serve – dicono –, abbiamo invece bisogno di essere accompagnati verso un amore che sia dono di sé».
Una delle proposte che i giovani portano ai vescovi è proprio una 'scuola dell’amore' Come si può realizzare? «C’è bisogno di contesti dove assaporare relazioni stabili e autentiche. Quando vivi la loro bellezza, non vuoi più farne a meno» dice una delle presenti. I giovani immaginano percorsi aperti a tutti in cui dialogare con professionisti e altre coppie, iniziative capillari sui territori. La Chiesa rimane centrale per la sua capacità di testimoniare «scelte importanti». Ma i giovani le chiedono il «coraggio» di raccontarsi di più e di esporsi su parole che sembrano ancora un tabù, come 'sessualità' e 'castità'. «È fondamentale che la Chiesa spieghi con sincerità il senso delle regole che propone, altrimenti rimarranno sempre dettami con cui scontrarsi» ripetono più volte i giovani. Anche in questo caso parlano molte storie personali. Noemi Alpori è di Brescia, ha 23 anni e da quasi dieci aderisce al Cammino Neocatecumenale. «Ho avuto la fortuna di incontrare persone che mi hanno sempre fatto riflettere sugli affetti – racconta –, ho scoperto che puoi essere single o in coppia e vivere appieno la bellezza di amarti così come sei, e di donarti agli altri». Noemi ha sperimentato l’importanza di relazioni autentiche anche in una malattia vissuta a 16 anni. «I miei amici si preoccupavano per me – racconta –. Erano molto giovani ma sapevano portarmi parole di speranza in cui credevano davvero». Proprio nei giovani, Noemi vede grandi potenzialità: «La nostra freschezza può scardinare l’idea diffusa che i cristiani siano bigotti su questi temi. A volte si pensa che donarsi agli altri significhi annullarsi, mentre vuol dire semplicemente parlare di più, conoscersi in profondità, mostrarsi per ciò che si è, senza paura».