Giovani

Ricerca. Chiedono di partecipare e impegnarsi, ma i giovani non trovano il loro spazio

Paolo Lambruschi, Milano mercoledì 19 giugno 2024

I giovani chiedono alla politica di poter partecipare

La Generazione Z non è affatto apatica, lontana dalla politica e sfiduciata per tutto. Ribalta gli schemi la ricerca su “Giovani, partecipazione ed Europa” curata dall’Osservatorio Giovani dell’Istituto Giuseppe Toniolo, curata da diversi docenti dell’Università Cattolica coordinati da Alessandro Rosina, condotta in collaborazione con Ipsos e il laboratorio di Statistica dell’Università Cattolica, con il sostegno di Fondazione Cariplo, indagine presentata ieri nella sede milanese dell’ateneo. Una ricerca importante in vista della Settimana sociale di Trieste.

Chi ha tra 18 e 34 anni non si dice disinteressato nei confronti della politica ed esprime una domanda di partecipazione. I dati mostrano che la fiducia verso le istituzioni pubbliche è molto articolata, va dal 31,6% accordato ai partiti a oltre il 55% per il presidente della Repubblica. Oltre il 60 va a istituzioni pubbliche non politiche, come scuola, ospedali e soprattutto il volontariato, mentre la ricerca scientifica tocca il 74%. La fiducia nei confronti dell’Ue resta al 54,5%, ai livelli del 2019, e cresce con il titolo di studio. Altro dato di rilievo: tra gli intervistati è ampiamente condivisa l’idea che per affrontare con determinazione i problemi irrisolti del Paese servano leader con personalità forte (72,5%), dunque tre quarti sono sensibili alla figura autorevole che risolve in fretta i problemi. Ma parimenti tra i più è riconosciuta l’importanza dei partiti nel funzionamento dei processi democratici (61%) e di rappresentanza, insieme all’esigenza di favorire la partecipazione delle nuove generazioni.

Se con l'età aumentano sfiducia e disillusione, sotto i 25 anni siamo, però, all’80% di fiducia. Per il demografo Alessandro Rosina, che ha illustrato i dati, «il peso quantitativo dei giovani per le trasformazioni demografiche è diminuito. È la prima generazione che non ha memoria del '900, ma hanno vissuto eventi come l'11 settembre, la grande recessione, l'impatto di Brexit e Covid e la guerra in Ucraina, che hanno aumentato la loro fragilità».

Emerge grande voglia di partecipazione. Il 60% degli intervistati si sente lasciato ai margini dalla politica italiana attuale, e questo mantiene basso l’interesse delle nuove generazioni. «Vorrebbero una politica capace di mettere al centro il bene comune – aggiunge lo studioso –. Per quasi 3 giovani su 4 è ancora possibile impegnarsi in prima persona per far funzionare meglio il Paese. Solo uno su 4 pensa che impegnarsi non serva ed è del tutto sfiduciato sul fatto che la politica possa essere utile per la sua vita e per quella del Paese, ma tre quarti ne escono con la partecipazione. Il rischio è la crescita dell’astensionismo». Concorda il segretario del Comitato scientifico delle Settimane sociali Sebastiano Nerozzi: «Si è registrata un'astensione del 56% alle Europee tra i giovani. E tra le fasce a basso reddito si supera il 70. Esprimono tuttavia un potenziale da cogliere, sono sensibili ai mutamenti climatici e sociali. Speriamo che Trieste offra loro la cassetta degli attrezzi per risolvere le contraddizioni».

Giuseppe Fioroni, vicepresidente del Toniolo, rileva due contraddizioni: «La forma più gradita di partecipazione è il volontariato, che gode del 66% di fiducia, ma anche se è promosso in larga parte dal mondo cattolico la Chiesa ha solo il 32%. Bisogna trovare i percorsi per ritornare a considerare la politica come forma più alta di carità».

Per il campione esaminato da Cristina Pasqualini, chi si impegna di più per salvare la democrazia malata sono i volontari e Sergio Mattarella, abbastanza il Papa e la Chiesa, poco i media e gli astensionisti. Il Parlamento europeo è considerato distante, eppure rilevante perché tutela la democrazia in silenzio. Mentre il Parlamento italiano è definito un circo. «Non sono preoccupati per una degenerazione fino alla dittatura – aggiunge – ma che si svuoti».

Preoccupanti i dati illustrati da Silvio Brusaferro, ordinario di Igiene generale e applicata dell’Università di Udine, sulla povertà dei minori: «Tocca il 15% degli under 18, i meno protetti, ed è in crescita. Mezzo milione di under 16 non riesce a mangiare a sufficienza, metà non fa nemmeno colazione. Già abbiamo pochi giovani, una parte significativa dovrà essere assistita. Le differenze tra Regioni, ad esempio, si notano per l'obesità minorile e l’urgenza di salute e benessere. Dobbiamo formare sognatori laboriosi, come ha chiesto papa Francesco».

Preoccupato ma fiducioso il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei: «La Settimana sociale sarà un appuntamento che aiuterà la Chiesa a parlare dei problemi, a entrare nelle contraddizioni e indicare soluzioni senza essere di parte. Usciamo dalla logica della polarizzazione». Quanto ai dati ammette che «la Chiesa coi giovani esce con le ossa rotte, questo ci preoccupa. Molto interessante il volontariato, lì recuperiamo. I giovani chiedono serietà, credibilità e responsabilità. Quanto all'Europa, è il nostro giardino. E la Settimana sociale deve avere una visione europea. La richiesta di buona politica è evidente, noi vogliamo spendere in questo momento la bellissima Dottrina sociale della Chiesa».