L'appello. «Un giorno scoprirà di essere nato in un cassonetto»
Maggior rispetto per le mamme e per i bambini, informazioni corrette e non “gridate”, nessuna fuga di notizie dai reparti ospedalieri, più attenzione per la legge che consente il parto in anonimato. Sono le richieste contenute in una lettera aperta inviata al Garante per la protezione dei dati personali da Frida Tonizzo, presidente dell’Anfaa (Associazione famiglie adottive e affidatarie).
La lettera prende spunto dal comunicato inviato dallo stesso garante il 28 gennaio scorso in cui stigmatizza la scelta di telegiornali e testate che hanno pubblicato on line “il video delle telecamere di sicurezza in cui una donna abbandona un neonato davanti al Pronto soccorso di Aprilia” precisando che “le immagini si pongono in evidente contrasto con le disposizioni della normativa privacy e delle regole deontologiche relative all’attività giornalistica, le quali - pur salvaguardando il diritto/dovere di informare la collettività su fatti di interesse pubblico - prescrivono agli operatori dell’informazione di astenersi dal pubblicare dettagli relativi alla sfera privata di una persona”.
Purtroppo, fa notare la presidente Anfaa, queste violazioni avvengono troppo spesso. Tra l’altro, si sottolinea che è sbagliato «attribuire al neonato un nome da parte di chi lo ha trovato nelle “culle per la vita” o per strada ( Enea, Lorenzo, Mariagrazia, etc. ); pubblicare la lettera della donna che aveva messo al mondo Enea e espressamente a lui destinata; pubblicizzare la nascita di una neonata da parte del reparto di Ostetricia dell’Ospedale di Pesaro scrivendo che “la madre si è rifiutata di di riconoscerla”, così dando una connotazione negativa alla sua decisione responsabile, certamente difficile e dolorosa (leggendo poi l’articolo si evinceva che si trattava di una partoriente che si era avvalsa del diritto alla segretezza del parto, diritto tutelato dalla nostra normativa…)».
Da qui l’appello della presidente Anfaa: «La tutela della necessaria riservatezza di questi piccoli e di chi li ha messi al mondo, dovrebbe essere più rigorosa e riguardare prima ancora degli organi di informazione, il personale ospedaliero che divulga arbitrariamente, notizie, foto, video. Non sono violati solo i codici deontologici ma i più basilari principi etici».
Purtroppo – è l’opinione di Frida Tonizzo - stenta a farsi strada una informazione corretta sul diritto che consente alle donne di partorire in sicurezza in ospedale assicurando una adeguata assistenza alla stessa partoriente e al suo nata. «Com’è noto in caso di non riconoscimento il piccolo - una volta assegnatogli un nome e un cognome da parte dell’ufficiale di stato civile - viene segnalato alle autorità giudiziarie, dichiarato adottabile e adottato. Le famiglie adottive dell’Anfaa chiedono anche rispetto verso la vita futura di questi bambini: pensiamo a quando, a distanza di anni, loro potranno scoprire sui social che sono stati abbandonati in un parcheggio oppure ritrovati vicino al bidone delle immondizie!».
Da qui l’auspicio delle famiglie affidatarie per un intervento mirato del Garante nei confronti del Ministero della Salute per richiamare il personale sanitario alla doverosa osservanza delle disposizioni vigenti in materia; nei confronti dell’Ordine nazionale dei Giornalisti per una informazione corretta e rispettosa dei protagonisti di queste drammatiche vicende, e invitandoli, nel riportare la notizia di questi ritrovamenti, a cogliere anche l’occasione per fornire tutte le notizie sul diritto a partorire in ospedale in assoluto anonimato. «Un diritto garantito a tutte le donne – sottolinea Frida Tonizzo - comprese le persone extracomunitarie senza permesso di soggiorno». Altro intervento auspicato «nei confronti delle Regioni e degli Enti locali per richiamarli ai loro doveri di assistenza nei confronti delle gestanti in gravi difficoltà - sia prima che durante e dopo il parto - e ai loro nati».
Ultima riflessione: «Quando ci troviamo di fronte a queste situazioni ci poniamo sempre la domanda: quanti bambini ci sono che non troviamo? Sono vivi o morti? Quelli vivi con chi sono? Con chi li ha partoriti, ma che versano in situazione di grave difficoltà, o sono stati venduti o gestiti con adozioni illegali? E le donne? Hanno ricevuto la dovuta assistenza? Molto probabilmente no! A loro non ci si pensa mai perché il loro numero non rientra nelle statistiche, è un numero zero, che ci è stato insegnato essere un insieme vuoto, ma che in questo caso è drammaticamente pieno di bambini e di donne veramente abbandonati dalla società».