Famiglia

Terza età. Nonni siate «egoisticamente altruisti». Ecco come fare

Luciano Tosco giovedì 5 settembre 2024
Dopo quarant’anni di discussioni e tentativi inconcludenti con interventi parziali e contraddittori, la recente legge 33/2023, alla cui stesura e approvazione la Chiesa, a vari livelli, ha fornito un determinante contributo, rappresenta il primo provvedimento organico di misure a favore delle persone anziane con importanti limitazioni dell’autonomia fino alla non autosufficienza (quasi quattro milioni).

La drammaticità del problema, la necessità di agire concretamente, la natura stessa della legge e i suoi limiti, che necessitano di un costante se pur lungo e progressivo percorso di attuazione, hanno posto decisamente in secondo piano l’altro ambito strategico del provvedimento.

Si tratta dell’invecchiamento attivo e in salute che interessa almeno dieci milioni di italiani in situazione di accettabile autonomia, come modello di qualità di vita sostenibile per la terza e quarta età. Effetto comprensibile, ma paradossale, se si considera che proprio l’invecchiamento attivo risulta preventivo al rischio di perdita delle autonomie e di non autosufficienza.

Si noti, per inciso, che, sul versante “laico-istituzionale” la legge citata recupera i due aspetti (fragilità e risorse) splendidamente evidenziati da papa Francesco nella sua catechesi sulla vecchiaia, ripresi nei temi delle Giornate mondiali per nonni e anziani. Nella seconda edizione si era parlato appunto di risorse - “Nella vecchiaia daranno ancora frutti” (Salmo 12,15) – nella quarta di fragilità - “Nella vecchiaia non abbandonarmi” (Salmo 71,9) -.

L’invecchiamento attivo è definito dall’Oms nel 2002 come “il processo di ottimizzazione delle opportunità di salute, partecipazione e sicurezza per migliorare la qualità della vita delle persone che invecchiano” e comporta l’esercizio di varie competenze e attività:

- attenzione, curiosità, ascolto verso tutto ciò che è nuovo e creativo, non rinunciando con questo al passato ma, rifuggendo da qualsiasi forma di nostalgia, valorizzandolo come occasione critica e di insegnamento per il futuro;

- cura il più possibile degli aspetti positivi della realtà e delle esperienze, in grado di esprimere apertura, proattività, ottimismo ecc;

- continuo adattamento, con meccanismi di compensazione, ai cambiamenti inerenti la persona e il contesto sociale;

- utilizzo delle aree di minore debolezza e limite trasformando la loro condizione con la definizione di nuove priorità e obiettivi nella vita e l’ottimizzazione/massimizzazione delle risorse disponibili;

- utilizzo di strategie, strumenti e ausili che compensano limiti e fragilità.

Ma soprattutto risulta fondamentale l’orientamento alla partecipazione sociale e il contributo attivo di solidarietà alle persone e di sostegno alla comunità. Mi riferisco, nello specifico di questo ultimo caso, a nonne e nonni “egoisticamente altruisti” perché fa bene anche alla loro salute una “nonnità attiva” verso i propri nipoti e di aiuto ai loro genitori. Ma anche una “anzianità solidale”, quella dei così detti “nonni sociali” cioè persone anziane (zii, parenti, amici, volontari di associazioni e di comunità religiose…) impegnate, a titolo volontario, in relazioni e attività con bambini e ragazzi e/o nel sostegno ai loro genitori, con particolare riferimento alle situazioni di fragilità e nuove povertà, comprese quelle educative.

Se tutte queste capacità e competenze attengono all’esercizio, attitudini e responsabilità individuali e collettive che forse riguardano tutta la vita e non solo la sua parte finale, adeguate misure di politiche pubbliche ne favoriscono l’esercizio e i relativi positivi risultati.

Fino alla prima decade di questo secolo gli interventi di promozione dell’invecchiamento attivo sono stati, in Italia, “a macchia di leopardo”, affidati all’iniziativa di enti locali e associazioni attraverso risorse proprie e/o attingendo a fondi nazionali e comunitari non specifici (es. Fondo nazionale politiche sociali, Fondo sociale europeo). Oppure ancora anche fondi e bandi a livello nazionale per singoli ambiti (es. agricoltura sociale, sport dolce ecc.). Risorse limitate ed incerte, non permanenti e strutturali.

La prima iniziativa significativa a livello nazionale è il Progetto di coordinamento nazionale partecipato multilivello delle politiche sull’invecchiamento attivo (2019-2024). Cerca di costruire un piano nazionale di indirizzi, obiettivi, misure e finanziamenti per l’invecchiamento attivo e in salute mettendo insieme e coordinando le esperienze nazionali, regionali e locali in modo condiviso e partecipato.

Da qui le iniziative, anche normative, da parte di circa la metà delle Regioni. Quali gli obiettivi?

-promozione stili di vita sani e attivi attraverso: offerta di attività fisica, sportiva, turismo lento e del benessere;

-mantenimento delle capacità fisiche, intellettive e sociali;

-educazione e buone pratiche di sanità preventiva e telemedicina;

-appoggio alle attività di sostegno familiare intra e intergenerazionale (nonni-nipoti) e promozione di quelle di utilità sociale volontaria attraverso scambi intergenerazionali con testimonianze di memoria in scuole e centri giovanili;

-sostegno all’integrazione sociale quali spazi e luoghi di incontro e socializzazione, educazione finanziaria, digitale ecc.;

-adeguamento servizi di trasporto pubblico locale alle esigenze delle persone anziane;

-turismo del benessere e turismo lento;

-promozione domicili solidali (senior cohousing) e coabitazione intergenerazionale (cohousing intergenerazionale);

-alfabetizzazione informatica e facilitazione digitale.

Da quanto sopra delineato, deriva un quadro complesso e in evoluzione, dagli sviluppi ancora incerti. Da un lato si riscontra la presenza di un Programma nazionale per obiettivi e misure di ampio respiro che fornisce indirizzi, stimolo e legittimazione alle iniziative regionali e territoriali. Per contro, rileva sia la genericità e scarsa definizione operativa delle misure previste che l’assenza di un Fondo strutturale dedicato a livello nazionale.

Senza un pur progressivo, ma costante sviluppo di concreti e coordinati servizi e iniziative, l’invecchiamento attivo rischia di continuare ad essere riservato a quelli che possiedono risorse personali autonome allo scopo utilizzabili o a territori particolarmente virtuosi e/o fortunati.