La protesta. “Noi famiglie vedove, invisibili e penalizzate dal fisco. Ora basta”
Amelia Cucci Tafuro
“Sa qual è stato, per noi, dopo oltre 20 anni di lavoro, un piccolo eppure significativo traguardo?
La conferma, da parte dell’INPS, della misura dell’assegno unico di sostegno per i figli a carico fino al ventunesimo anno d’età anche per i genitori che hanno perso il proprio coniuge. È una misura concreta importante che ha anche un significativo valore simbolico. Per la prima volta, infatti, si parla di “famiglie vedove”. Fino a ora non era mai accaduto e le “famiglie vedove” venivano considerate come “famiglie monoparentali”. Non è così, però, perché si tratta di situazioni completamente diverse. Il fatto che lo Stato le abbia prese in considerazione citandole distintamente per noi rappresenta un successo. E ci auguriamo che questo riconoscimento sia un primo passo verso un cambio di prospettiva sociale, culturale, politica, economica… Perché è importante non dimenticare che le famiglie dove uno dei due coniugi è venuto a mancare continuano a essere famiglie a tutti gli effetti che, però, spesso vivono in maniera amplificata, “raddoppiata”, le problematiche e le difficoltà di una famiglia canonica, tradizionale.
È fondamentale, allora, che le istituzioni si impegnino a sostenerle con maggior forza e risorse”.
Amelia Cucci Tafuro è la presidente dell’Associazione Il Melograno (https://www.il-melograno.it/) che dal 2001 si batte per i diritti civili delle persone e delle famiglie vedove, portando avanti progetti e iniziative concrete a sostegno di chi ha perso il coniuge e, parallelamente, cercando di sensibilizzare la politica e l’opinione pubblica su difficoltà che, ancora troppo spesso, restano nell’ombra.
“La vedovanza è una condizione che non si sceglie, che non dipende dalla volontà di uno dei due coniugi. In questo caso, è la morte che fa da regista… È uno stato di vita che si subisce e che porta con sé dolore, solitudine, sofferenza. E una fragilità su cui non si dovrebbe “infierire” anche da un punto di vista economico e burocratico ma che, piuttosto, andrebbe protetta e sostenuta dal mondo politico” riprende Cucci Tafuro. “Purtroppo, però, le famiglie vedove nel nostro Paese sono ancora famiglie invisibili e senza voce, i cui diritti spesso non vengono riconosciuti se non addirittura calpestati. Lo scopo della nostra Associazione, allora, è proprio quello di combattere i numerosi casi di iniquità che purtroppo ci sono ma spesso non sono evidenti”.
Partiamo dai dati: quante sono, in Italia, le persone vedove?
Secondo i dati più recenti, sono quasi 5 milioni: 3.566.999 donne e 753.123 uomini. Per tutte queste persone si impone una sorta di “ricostruzione” della propria identità sociale. E credo che questo sia più difficile per le donne in particolare che, come evidenziano anche i numeri, rispetto agli uomini tendono meno a risposarsi. Non sei più sposata ma non sei nemmeno separata né single. Sei vedova e, come tale, devi fare i conti con te stessa - con i figli se ci sono - e ritrovare un posto diverso nella società. A volte, questo non è così semplice. A volte, qualche amicizia si perde…Molto, comunque, dipende dal contesto in cui si vive e dalla profondità dei legami su cui si può fare affidamento.
Anche l’età credo faccia la differenza…
Oggi le giovani donne sembrano avere una maggior capacità di recupero e molto spesso, devo dire, non amano essere definite vedove. Forse è un cambiamento di costume, forse viviamo in una società più stimolante, dove c’è una capacità maggiore di ripresa. A seconda dell’età, però, cambiano le situazioni che si devono affrontare. Una persona vedova di una certa età, magari con i figli già sposati, dovrà fare di più i conti con la solitudine. Per una persona più giovane, invece, la solitudine potrebbe apparire meno forte o forse, piuttosto, “nascosta” dai tanti impegni quotidiani, soprattutto quando i figli sono ancora piccoli. E a loro volta hanno bisogno di essere accompagnati e supportati nell’affrontare la perdita di uno dei genitori. Indipendentemente dall’età, però, si tratta di una condizione di grande fragilità che, come dicevo, andrebbe protetta e non aggravata da ulteriori difficoltà.
Quali sono le problematiche principali che avete evidenziato come Associazione?
Ci sono alcuni aspetti fiscali che ai più forse possono sfuggire ma che per una persona o una famiglia vedova, invece, possono avere grande importanza. Il cumulo dei redditi, per esempio. Quando in una famiglia “tradizionale” lavorano entrambi i coniugi, ciascuno di loro ha una tassazione separata. In una famiglia vedova, invece, la pensione di reversibilità va a fare cumulo con il reddito da lavoro e questo cumulo fa sì che l'aliquota fiscale si innalzi. Per cui si viene a pagare l'Irpef tre volte: sulla pensione di reversibilità, sul reddito da lavoro e sul cumulo.
Un altro tema per voi fondamentale è quello dei contributi previdenziali.
Sì, assolutamente. Nel caso in cui la persona che viene a mancare non abbia raggiunto, magari anche per poco, il minino di anni di contribuzione necessari per poter avere la pensione, i versamenti effettuati fino a quel momento ritornano allo Stato. Noi riteniamo invece che questi contributi versati e non goduti dovrebbero essere messi a disposizione della famiglia vedova. Restituiti come “Una tantum” per esempio. O piuttosto, nel caso in cui l’altro coniuge lavori, andare ad accumularsi ai suoi versamenti. E questo sarebbe molto importante soprattutto per chi, avendo magari iniziato a lavorare in età avanzata, proprio a seguito della morte del coniuge, potrebbe avere maggiori difficoltà a raggiungere il limite minimo contributivo per la pensione.
E ancora, c’è un aspetto legato ai figli…
Sì, perché anche in questo caso potrebbero crearsi delle criticità. Gli orfani minori percepiscono una pensione di reversibilità fino ai 18 anni o, nel caso in cui frequentino un corso di laurea e siano in regola con gli esami, fino ai 26 anni. Se la quota di reversibilità supera una certa cifra, però, il figlio non è più a carico del genitore, risulta un soggetto fiscale indipendente e come tale, quindi, deve presentare la sua dichiarazione dei redditi. E il genitore, per contro, non ha più diritto ad alcuna agevolazione fiscale per le spese sostenute per il figlio. Noi riteniamo, invece, che sarebbe corretto che, come avviene in ogni altra famiglia “normale”, i figli rimangano a carico dei genitori vedovi e che questi possano godere di tutte le agevolazioni relative alle spese scolastiche, sanitarie, sportive...
Che cosa auspicate per il prossimo futuro?
Serve una maggiore attenzione, in particolare rispetto alla situazione del ceto medio. Perché quella della vedovanza è una condizione che, prima o poi, può riguardare tutti. Io dico sempre che ci si sposa in due ma non si muore in due, se non in rari casi… È un tema trasversale, di cui devono occuparsi le forze politiche, la società civile, le associazioni. Con l’obiettivo comune di far sì che queste famiglie non siano più invisibili, ma possano ritrovare un ruolo e un’identità sociali come famiglie che continuano a essere tali.