Intervista. Carla Garlatti: «I minori stranieri possono essere una risorsa per tutti»
La garante per l’infanzia, Carla Garlatti, con i ragazzi migranti dell’Hotspot di Taranto
Minori fragili. Bambini e ragazzi dimenticati. Minori stranieri non accompagnati. Minori preda della criminalità. Minori scomparsi. Ragazzi vittime di cyberbullismo e altre attività illecite sul web. Ragazzi che non sappiamo più educare e che abbandoniamo di fatto nel turbine di un clima sociale sempre meno attento alle esigenze dei piccoli. Alla fine di un anno complicato, con tanti episodi che hanno visto al centro bambini e ragazzi come vittime o protagonisti inconsapevoli, arriva l’appello di Carla Garlatti, garante per l’infanzia e l’adolescenza: servono nuove consapevolezze e nuove assunzioni di responsabilità per assicurare a tutti i minori il diritto più importante, quello di crescere in un mondo che garantisca un futuro degno di essere vissuto.
Educazione all’affettività. Se ne è parlato tantissimo in queste ultime settimane. Giusto che se ne occupi la scuola? Non sarebbe opportuno stabilire anche una collaborazione con la famiglia?
L’educazione all’affettività, alla sessualità e alla parità di genere è fondamentale. Come Autorità garante avevo sollecitato la necessità di avviare proposte concrete già nel 2021, anche in applicazione alla Convenzione di Instanbul. Certo, sono percorsi educativi da valutare con grande attenzione perché la questione è delicata e importante, servono persone competenti, in caso contrario si rischiano di produrre più danni che benefici. Prescinderne però è impossibile e occorre cominciare già dalla scuola primaria, trovando una modalità efficace per farlo in collaborazione con le famiglie. Escluderle sarebbe certamente un grande errore.
E quali temi dovrebbero essere compresi in questo percorso di educazione? Non è un po’ rischioso affidare aspetti così delicati a persone che forse non hanno la specializzazione adeguata?
Vorrei fare una premessa. Per una questione così importante credo non sia opportuno affidarsi alla volontarietà dell’adesione, servirebbe l’obbligatorietà. L’Italia parte già in grave ritardo rispetto alla maggior parte dei Paesi europei. E, ribadisco, penso che sarebbe giusto partire dai bambini più piccoli – naturalmente con tutte le cautele necessarie e con contenuti e linguaggi adeguati – proprio per costruire nelle generazioni future quella consapevolezza al rispetto di genere di cui sperimentiamo ogni giorno la drammatica carenza. Educare al rispetto è fondamentale per la costruzione del sé. Il ragazzo, la ragazza, educati al rispetto imparano anche ad accettare i limiti, sanno comprendere il significato di un “no”, accettano la sconfitta sia nelle relazioni affettive, sia in tutte le altre circostanze della vita.
Ma basta avviare un percorso di educazione all’affettività per risolvere i problemi della violenza di genere?
Certamente no, i percorsi di educazione all’affettività e al rispetto di genere sono fondamentali ma vanno inseriti in un quadro educativo coerente, un tempo di parlava di comunità educante ma credo che il concetto sia ancora pienamente valido. Si educa certamente a scuola, ma anche con l’attività sportiva – tanto importante per comprendere che ci sarà sempre qualcuno più bravo e più forte che ti può superare – con gli enti di aggregazione, con gli oratori. Ma, prima di tutto, dovremmo parlare del ruolo della famiglia. Insostituibile, certamente, a patto che non sia disfunzionale e sia in grado, a sua volta, di impostare un discorso sereno su questi temi. Parlare di sessualità è, come detto, importantissimo, ma si tratta di un discorso da inserire in un quadro più ampio, in cui si approfondiscono i temi dell’affettività, delle relazioni. Senza un discorso di senso, la sessualità rimane solo un fatto meccanico, un esercizio ginnico. Invece dobbiamo avere il coraggio di parlare loro d’amore, senza avere il timore di andare controcorrente. Oggi gli adolescenti che hanno la disponibilità attraverso il web di accedere a troppi siti pornografici si convincono che il sesso sia quello, che la donna sia “qualcosa” da utilizzare per quel tipo di prestazioni. Con tutti i danni relativi. Ecco, se non corriamo ai ripari con un’educazione seria e competente su affettività e rispetto di genere, la “scuola” dei nostri figli continuerà ad essere la pornografia.
Negli ultimi mesi ha più volte insistito sul problema dei minori stranieri non accompagnati. Si fa abbastanza per incoraggiare e sostenere i tutori? Come mai l’adesione rimane su livelli così bassi?
È un problema che ci siamo posti più volte in questi anni e che continueremo ad affrontare a breve con nuove campagne di sensibilizzazione e di promozione. Non ci stancheremo mai di spiegare che l’affido può essere declinato in vari modi. Anche con un impegno a tempo parziale, in orari predefiniti. Al 31 dicembre 2022 le tutele in corso erano 6.991, un dato in aumento del 52,41% rispetto al 2021. Nel corso del 2022 sono stati fatti 10.200 abbinamenti. Sempre al 31 dicembre 2022 il numero di tutori volontari iscritti negli elenchi dei Tribunali per i minorenni ha raggiunto quota 3.783, quasi il 10 per cento in più rispetto al 2021.
Sembrerebbe quasi un risultato incoraggiante, ma…
Ma non abbiamo detto che i minori stranieri non accompagnati sono oltre 23mila e che un tutore può occuparsi al massimo di tre minori. Quindi la carenza è drammatica. E dobbiamo dire ancora che esistono grandi differenze tra etnie. Per i minorenni ucraini gli affidamenti sono stati dell’84%, per tutti gli altri siamo all’1 per cento.
Diffidenza, paura, motivi economici?
Un po’ tutto questo. Ci sono stati problemi con i rimborsi che adesso stiamo risolvendo. Ma certamente c’è il timore della responsabilità e ci sono troppe narrazioni negative che non raccontano la verità. La maggior parte di questi ragazzi vogliono lavorare, vogliono impegnarsi, avvertono un forte debito di riconoscenza nei confronti delle famiglie rimaste nei Paesi di origine. Aiutarli non è solo un dovere morale, ma anche di responsabilità civile. Senza un tutore rischiano di rimanere per mesi nei centri di prima accoglienza e poi di finire preda della criminalità. Nei mesi scorsi ho fatto molte visite nei centri, ho segnalato criticità e presto arriverà un report completo di questo lavoro che, come Autorità garante, ritengo importantissimo e che cercherò di intensificare nei prossimi mesi.
Ha proposto centri per l’accoglienza e l’accompagnamento dei minori vittime di violenza da parte dei coetanei. Che funzione avrebbero?
Qualcosa esiste già ma credo che dovrebbero essere più diffusi sul territorio. Penso a nuove strutture presso le Asl o nei centri di comunità, a cui l’adolescente sia libero di rivolgersi e di raccontare a persone competenti quello che non osa dire ai genitori. L’importante è che questi centri vengano pubblicizzati e che l’adolescente che ritiene di essere vittima di bullismo o di relazioni malsane, possa essere libero di raccontare il suo disagio nella certezza di essere accolto e compreso. Talvolta gli adolescenti vivono situazioni pesanti - pensiamo a tutto il mondo del cyberbullismo, del sexting e di altre forme di soprusi e di ricatti online e non solo – di cui non riescono a liberarsi ma che hanno timore di svelare. Vanno aiutati a liberarsene, ma anche a prevenirne gli effetti più spiacevoli.
Più volte ha espresso considerazioni critiche sulla riforma del processo minorile. Adesso che il percorso di riforma va avanti è sempre di quel parere?
Bene un unico tribunale in modo da superare la frammentazione delle competenze, ma mi preoccupa la marginalizzazione della componente onoraria, posto che le problematiche minorili richiedono un approccio multidisciplinare, e mi preoccupa la eliminazione della collegialità nei procedimenti de potestate (la decisione di allontanare un minore dalla sua famiglia - una decisione fortemente impattante sulla vita di un minore - era assunta da 4 giudici, sue togati e due onorari, ora sarà assunta da un solo giudice...). La mancata previsione dell’aumento dell’organico inoltre andrà ad aggravare una situazione già connotata da rilevanti carichi e a farne le spese saranno i minori. D’altra parte non possiamo ignorare il fatto che la giustizia minorile non abbia mai avuto la giusta attenzione da parte della politica. La stessa riforma è stata fatta senza il coinvolgimento dei giudici minorili che sono stati chiamati solo a riforma ultimata.
C’è un tema su cui vorrebbe insistere nel 2024?
Disabilità e inclusività. È un mondo che si vorrebbe dimenticare ma in cui esistono emergenze gravissime. Vorrei portarle alla luce e contribuire a rendere un po’ meno pesante la vita a questi minori.