Dibattito. La castità, bavaglio dell'amore o aiuto spirituale oltre l'egoismo?
È stato frettolosamente liquidato come il documento che ripropone – ormai fuori tempo massimo, secondo qualcuno – la scelta della castità prematrimoniale. Anzi, per dirla in modo ancora più esplicito, che vieta il sesso prima del matrimonio. Ma è proprio così? In realtà il documento del Dicastero laici, famiglia e vita, pubblicato a metà giugno, intitolato 'Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale' che ha la prefazione di papa Francesco, è un testo ben più ampio.
Non solo una traccia per nuovi percorso di preparazione al matrimonio, ma un progetto più articolato e più complesso – ed è questa la grande novità – perché punta ad abbracciare la cosiddetta 'preparazione remota' che comprende cioè percorsi educativi all’amore, all’affettività e alla sessualità rivolti ai bambini, agli adolescenti e ai giovani, configurati in modo delicato e ragionevole; la preparazione 'prossima', cioè quella pensata nell’imminenza delle nozze; e l’accompagnamento nei primi anni di matrimonio, senza trascurare i momenti di crisi e anche la scelta di chi decide di separarsi o di divorziare. Anche se per queste famiglie spezzate è in preparazione un documento specifico perché, come spiega papa Francesco nell’introduzione, «la Chiesa, infatti, vuole essere vicina a queste coppie e percorrere anche con loro la via caritatis, così che non si sentano abbandonate». In questo contesto largo va inquadrato e compreso il discorso sulla castità. A cominciare dal significato della parola, spesso equivocato. Per fare un po’ di chiarezza abbiamo chiesto aiuto a un teologo come don Aristide Fumagalli che sul tema ha scritto moltissimo.
Nel giardino di Eden il Signore Dio aveva dato all’uomo questo comando: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino», avvertendolo di non mangiare di un solo albero, perché gli avrebbe fatto male. Ma l’astuto tentatore aveva poi insinuato: «È vero che Dio ha detto: 'Non dovete mangiare di alcun albero del giardino?'» (Gen 3,1). L’indebita riduzione dei comandamenti divini a 'ciò che non si deve fare', dimenticando che essi istruiscono invece, anzitutto e soprattutto, su 'ciò che si può fare', è una tentazione che ricorre anche quando la Chiesa li riprende e attualizza nel suo insegnamento. Lo si può constatare a riguardo del recente documento sugli Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale pubblicato dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, la cui recezione mediatica è stata catalizzata dalla proposta, in esso contenuta, della castità prematrimoniale. L’insegnamento della Chiesa sull’amore di Cristo riguardante la sessualità umana può certo essere contestato e rifiutato. Il documento lo mette anzi esplicitamente in conto proprio introducendo il tema della castità prematrimoniale, quando sostiene che «non deve mai mancare il coraggio alla Chiesa di proporre la preziosa virtù della castità, per quanto ciò sia ormai in diretto contrasto con la mentalità comune» (n. 57). La Chiesa propone, non impone, lasciando piena libertà a ciascuno di avvalersi o disinteressarsi del suo insegnamento. Ciò che però è auspicabile, è che il suo insegnamento, prima di essere contrastato, sia quanto meno adeguatamente compreso e non indebitamente frainteso.
Certo, il chiarimento su ciò che la Chiesa insegna a riguardo della castità è ostacolato dal termine stesso castità - assai pregiudicato dal suo uso. La castità è comunemente associata al 'voto di castità', con cui chi viene consacrato per la vita religiosa e sacerdotale rinuncia all’intimità sessuale propria della vita coniugale. Lungamente riferita alla verginità consacrata e al sacerdozio celibe, la castità è stata di fatto intesa, e ancora lo è diffusamente, solo come 'continenza', termine che indica il contenimento della passione erotica e, con chiaro riferimento maschile, l’esclusione dell’eiaculazione. Se la castità viene fatta semplicemente coincidere con la continenza, è chiaro che ogni proposta di castità apparirà come un divieto imposto alla sessualità. La castità sarebbe il bavaglio imposto all’espressione sessuale dell’amore. Non è tuttavia questo il significato della castità, non certo nell’insegnamento contemporaneo della Chiesa, decisamente proposto a seguito del concilio Vaticano II. Lo dichiara con forza il documento quando afferma che «la castità va presentata come autentica 'alleata dell’amore', non come sua negazione » (n. 57).
La castità può essere adeguatamente compresa solo in rapporto all’amore, quale sua declinazione in ambito sessuale. La castità è l’arte di incarnare l’amore personale, di condurre l’amore dal cuore al sesso. È l’energia spirituale che libera i gesti sessuali dall’egoismo, rendendoli espressivi del dono libero della propria vita. La castità è l’arte dell’erotica cristiana, quella di vivere il desiderio dell’altro/a nel dono di sé, l’eros nell’agape. Affinché gli atti sessuali raccontino l’amore è necessario che la persona impari a temperare il desiderio erotico, non considerandolo quindi semplicemente come un istinto da assecondare o una pulsione da sfogare. Affinché una matita scriva al meglio è necessario che sia opportunamente temperata. La castità declina in ambito sessuale la virtù della temperanza, l’arte che consente all’uomo e alla donna di vivere al meglio il desiderio erotico e il piacere sessuale, quali espressione e alimento dell’amore interpersonale. La virtù della castità accorda l’espressione sessuale al grado di comunione personale che si vive, affinché non vi sia discordanza tra il linguaggio dei corpi e le intenzioni dei cuori. In base a questo criterio, la Chiesa ritiene che prima del matrimonio, quando i fidanzati ancora non hanno effettivamente deciso di condividere la loro vita, ma ne stanno sondando la possibilità, sono cioè in fase di discernimento, i rapporti sessuali completi esprimono più di quello che essi stanno vivendo.
È vero che i rapporti prematrimoniali non sono sempre e comunque un impedimento alla maturazione dell’amore in tutti i suoi aspetti o una «strumentalizzazione fisica dell’altro» (n. 57), come il documento sembra troppo univocamente ritenere. Ciò non toglie, e questa è propriamente la ragione per cui la Chiesa ancora propone ai fidanzati di astenersi dai rapporti sessuali completi, che essi esprimano una comunione di vita non ancora effettivamente intrapresa e sostenuta dalla grazia del sacramento del matrimonio. La maggiore preoccupazione della Chiesa non è che i giovani facciano sesso, ma che i giovani, facendo sesso, non facciano l’amore. La Chiesa, ormai da decenni, ha smesso di censurare la 'dimensione erotica dell’amore', riconoscendola quale «dono di Dio che abbellisce l’incontro tra gli sposi» (Amoris laetitia, 152).
Ciò che la Chiesa insegna, oggi soprattutto, è che l’amore non è riducibile al desiderio erotico, il quale, privo del dono di sé, mortifica l’amore. Eros, privo di agape, assume i tratti di thanatos. Anche oggi, infatti, in una cultura che dopo la Rivoluzione sessuale sembra totalmente disinvolta, le relazioni sessuali sono, non di rado, vicende di dominio mortificante e di seduzione egoistica. La Chiesa non manca di realismo e non fa mistero sul fatto che l’apprendimento dell’arte della castità comporti lunghi tempi, prevedibili cadute e una permanente incompiutezza. Insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica che «la castità conosce leggi di crescita, la quale passa attraverso tappe segnate dall’imperfezione e assai spesso dal peccato» (n. 2343) e, inoltre, che «il dominio di sé è un’opera di lungo respiro. Non lo si potrà mai ritenere acquisito una volta per tutte. Suppone un impegno da ricominciare ad ogni età della vita» (n. 2342). L’arte di amare nei corpi sessuati e attraverso i gesti sessuali è esigente e ardua. La Chiesa non rinuncia però a proporla, nella convinzione che «la castità risulta condizione preziosa per la crescita genuina dell’amore interpersonale» (Amoris laetitia, 206).
Docente teologia morale Facolta teologica Italia settentrionale