Parole per una vita buona. Gratitudine, uno tsunami dalla famiglia al mondo
«Ci sono due tipi di gratitudine: quella repentina che proviamo per ciò che prendiamo; quella più grande che proviamo per ciò che diamo». Prende le mosse dalle parole del poeta americano E.A. Robinson il lavoro di ricerca condotta da Francesca Vittoria Danioni, psicologa sociale e da Camillo Regalia, Direttore del Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, su un argomento finora tanto poco indagato, almeno nella letteratura scientifica nostrana, quanto affascinante. Il frutto della loro indagine, Io ti ringrazio (San Paolo) è uno strumento prezioso per riflettere sulla gratitudine come «emozione positiva», utile a «far fronte alle situazioni di crisi». Proprio quando gli eventi tendono a generare ansia, tristezza, rabbia e paura, le emozioni positive, «tutt’altro che inappropriate, dimostrano la loro utilità per far fronte alle circostanze», spiega Francesca Vittoria Danioni, che presso l’ateneo milanese si occupa di ricerca sulle relazioni familiari e sociali, con particolare attenzione al tema della gratitudine.
«La gratitudine di certo non è la prima reazione che viene in mente in questo preciso periodo storico, che piuttosto genera rabbia o tristezza. Tuttavia può essere proprio davanti a gravi accadimenti personali, che si fa strada l’importanza di saper coltivare la gratitudine: ne sono un esempio i tanti episodi accaduti durante la prima fase della pandemia: i ristoratori che si sono messi ai fornelli per portare il cibo ai medici, le piccole aziende che si sono reinventate produttrici di mascherine». Alcuni tra i maggiori esperti di gratitudine a livello mondiale, come Lea Waters, professoressa di Psicologia positiva all’università di Melbourne, hanno analizzato proprio la funzione dell’essere grati in questo momento storico caratterizzato da incertezza e complessità, confermando come la gratitudine sia «fondamentale» per restare positivi. Ma già all’indomani dell’11 settembre 2001, la psicologa Barbara Fredrickson, all’università del Michigan, aveva condotto uno studio per indagare la capacità dei cittadini di far fronte a uno degli eventi più terribili della storia americana. L’indagine aveva dimostrato che «il legame positivo tra resilienza e benessere dei partecipanti» era spiegato proprio dalla presenza di emozioni positive, come la gratitudine, l’interesse e l’amore.Ma che cos’è la gratitudine come ingrediente di vita? Come può entrare nelle asprezze e nell’aridità della vita di ogni giorno (non solo dell’era Covid)?.
«Essere grati non significa negare la gravità della situazione, ma sedersi al fianco di un problema e cercare di affrontarlo, tirando fuori una resilienza di cui non ci saremmo ritenuti capaci», spiega Danioni. Non è qualcosa di originato soltanto dai «grandi doni», ma soprattutto dai «piccoli gesti quotidiani», dal «riconoscimento» costante di ciò che l’altro fa per noi. Dai «dettagli» che ogni giorno fanno «una grande differenza». Soprattutto oggi che «ci stiamo disallenando alla relazione – sottolinea la studiosa - dobbiamo ricordarci di continuare coltivare la gratitudine, e cogliere il momento in cui l’altro ci riconosce con un gesto». «Quando l’esperienza della gratitudine emerge nella nostra vita – scrivono Danioni e Regalia – noi avvertiamo che siamo unici, che siamo vivi; sappiamo che un altro ci ha guardati nella nostra individualità e questo ci conferma un’immagine di valore del nostro essere. Questa "pienezza esistenziale" spesso si accompagna a un’azione di reciprocità e si allarga, come un’onda positiva, dalla relazione tra due individui alla famiglia e alla società».
Sara Algoe, autrice internazionale sul tema, parla proprio dell’«effetto testimone» di chi assiste a dinamiche di gratitudine. E uno studio recente su un campione di giovani italiani ha mostrato che «l’osservazione per due settimane dello scambio di post e commenti di ringraziamento su un gruppo Facebook appositamente creato può migliorare l’espressione di gratitudine dei partecipanti». L’excursus degli studiosi sulla rilevanza della gratitudine comprende il discorso del Papa davanti a 30mila fidanzati in piazza San Pietro (con l’indicazione delle parole chiave per la vita di coppia, ripetute in più occasioni), ma riporta anche eventi storici, usanze di diverse parti del mondo (si pensi al Giappone, società che mette al primo posto la collettività o al saluto indù namasté), tanti esempi dalla filmografia, una canzone di Jon Bon Jovi e una poesia di Pablo Neruda. Tratta la gratitudine nei diversi ambiti relazionali: vita di coppia e relazioni familiari (contesti in cui si rischia di darla per scontata). Ma anche l’ambiente lavorativo.
Fatturare e produrre c’entrano eccome con la gratitudine, secondo la rivista americana Forbes che da qualche tempo, pur parlando di economia, propone il tema della gratitudine sul posto di lavoro, offre consigli e indicazioni su come aumentare il sentimento di gratitudine in ufficio, senza cadere nella trappola dell’utilitarismo... E difatti gli autori mettono in guardia da ciò che gratitudine non è (ad esempio il sentirsi obbligati). Migliorare la società attraverso l’azione della gratitudine si può? «È un obiettivo ambizioso – conclude Danioni – ma si può fare a partire dai giovani, dalla scuola, dal lavoro sinergico con la famiglia».