Per capire. «Gender, quando si può dialogare e quando no»
La sfida può sembrare impossibile. Partire dalla dimensione della sessualità per trovare una via di dialogo tra fede e ragione nella convinzione che cattolici e laici possano incontrarsi ed esprimere le proprie posizioni nel rispetto e nell’ascolto reciproco, anche affrontando questioni complesse e delicate come il genere, le coppie irregolari, l’omosessualità. Del resto, il cardinale Giuseppe Versaldi, prefetto emerito della Congregazione per l’Educazione Cattolica, non è nuovo a queste prove controcorrente. Nel 2019 la Congregazione da lui presieduta aveva pubblicato un documento, “Maschio e femmina li creò, per una via di dialogo sulla questione del gender nell’educazione” che per la prima volta affrontava una delle questioni più scottanti di questi ultimi decenni non in termini di ostracismo o di demonizzazione, ma con l’obiettivo di individuare possibili terreni di confronto, utili a superare reciproci e inutili sospetti. Adesso riprende e allarga quel filone di approfondimento in Chiesa e identità di genere. Un metodo per il dialogo tra fede e ragione (San Paolo), da pochi giorni in libreria, che intende offrire un contributo alla riflessione sul significato della sessualità umana e sulla famiglia attraverso un approccio originale: mettere da parte le contrapposizioni ideologiche e favorire un dialogo sereno. Per farlo, il cardinale Versaldi parte dal metodo. E potrebbe sembrare curioso. Ma da esperto psicologo è convinto che il dialogo si possa realizzare, come scrive nell’introduzione l’arcivescovo di Modena Nonantola, Erio Castellucci, «a partire dalla chiarezza e profondità delle posizioni». E così, muovendo da visioni contrapposte, aprire la strada a una dialettica positiva che arricchisce tutti coloro che affrontano anche le discussioni più impervie con onestà e trasparenza.
Eminenza, come mai ha scelto il pensiero di un teologo e epistemologo come Bernard J. Lonergan per introdurre la questione del metodo?
Perché il teologo gesuita - apprezzato anche da papa Francesco - conduce la riflessione sull’importanza del metodo nell’investigazione razionale e scientifica come premessa comune ad ogni ricerca della verità. Senza tale premessa non rimane che uno sterile e spesso conflittuale confronto tra i risultati delle diverse scienze che studiano la realtà umana finendo per diventare delle ideologie chiuse in se stesse ed incapaci di un vero dialogo con le altre opinioni. Lonergan ha capito che nel dibattito con le altre scienze bisogna fare, insieme, un passo indietro e mettersi d’accordo a partire dal metodo d’indagine.
Perché la Chiesa non ha mai promosso questa ricerca di dialogo sul metodo?
Purtroppo la storia passata ha visto sia dal versante della Chiesa sia delle scienze moderne una insufficiente attenzione alla necessità di un accordo sul metodo della ricerca della verità con incomprensioni e conflitti che ancora lasciano il segno anche ai nostri giorni. Da parte degli uomini di Chiesa è innegabile che vi è stata una certa chiusura circa il rapporto con le nascenti scienze moderne le cui scoperte sembravano contraddire quanto rivelato nella Sacra Scrittura erroneamente vista come fonte di ogni verità e non solo come rivelazione delle verità di fede. D’altra parte, con il nascere delle scienze moderne, nel tentativo di rivendicare la giusta autonomia delle ricerche sulle realtà terrestri, si è affermato un approccio basato sul mito della neutralità antropologica postulando una chiusura alle verità che vanno oltre la realtà misurabile con il metodo empirico-induttivo, con la conseguente esclusione delle scienze metafisiche e religiose dall’ambito della razionalità.
Ritiene che questo dialogo possa avvenire anche su questioni all’apparenza divisive come la sessualità e l’identità di genere?
Già nel documento “Maschio e femmina li creò. Per una via di dialogo sulla questione del gender nell’educazione” avevamo scritto che il gender rimane ideologia inaccettabile perché nega «la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna, prospetta una società senza differenza di sesso e svuota la base antropologica della famiglia». Tuttavia, occorre distinguere tra ideologia e studi di genere. In relazione a queste ricerche è possibile aprirsi all'ascolto, al ragionamento e alle proposte. Su questi temi bisogna ammettere che non esiste una unanimità di opinioni e che nessuna teoria proposta sembra dare una spiegazione sufficiente dal punto di vista scientifico. Da qui la necessità di proseguire la riflessione liberandoci da tutti i condizionamenti negativi.ù
Quali sono gli aspetti affrontati dai vari studi di genere che si possono condividere?
Come già si metteva in luce nel documento del 2019, la necessità di riconoscere che nel corso dei secoli anche all’interno della Chiesa sono avvenute forme discriminazione con un’ingiusta subordinazione della donna, e ciò ha ritardato la necessaria e progressiva inculturazione del genuino messaggio con cui Gesù proclamava la pari dignità tra uomo e donna, dando luogo ad accuse di un certo maschilismo più o meno mascherato da motivazioni religiose. Gli altri elementi positivi che si possono condividere sono la necessità di educare i giovani al rispetto di ogni persona, senza che le condizioni personali legate a disabilità, razza, religione, orientamento sessuale possa diventare oggetto di bullismo, violenza o discriminazioni.
E su quali punti invece non c’è possibilità di incontro?
Non c’è possibilità di incontro con quel filone dell’ideologia gender che nega la differenza e la reciprocità naturale tra uomo e donna proponendo l’utopia del neutro. E poi quando in campo educativo si pretende di imporre un modello che promuove un’identità personale finalizzata ad eliminare la differenza biologica, consegnandola ad un’opzione personale mutevole nel tempo. Nella sessualità c’è un dato naturale che non si può ignorare. Mi piace molto una frase scritta dal teologo Aristide Fumagalli: «Il pregio della gender theory è di aver sottratto l’identità sessuale alla sola natura; il difetto di ritenerla un prodotto della sola cultura».
Qual è quindi la proposta della Chiesa?
Quella di un’antropologia integrata. Se la Chiesa accettasse la negazione della differenza sessuale contraddirebbe la propria visione generale della natura umana, mentre integrando la propria antropologia con i provati risultati delle scienze naturali ed umane compie un’operazione di vero dialogo ed integrazione con esse. Ecco quindi che l’antropologia integrata è il risultato di un dialogo non ideologico tra tutte le scienze che studiano la sessualità umana. La proposta cristiana si dimostra in linea con questo approccio come frutto anche di un’autocritica sugli errori del passato. In questo sforzo la Chiesa cerca il dialogo con le altre scienze, rifiutando però le teorie estreme che portano a una separazione, non solo distinzione, tra livello biologico, psicologico e socio-culturale. Tutti questi ambiti interagiscono nello sviluppo e nel formarsi dell’identità sessuale.