Famiglia

Fragilità. Disabili e famiglia, l'inclusione passa dal lavoro

Paola Molteni venerdì 8 marzo 2024

La presentazione del progetto sostenuto dalla Regione Lombardia

Accompagnare le imprese e le organizzazioni che vogliono accogliere le persone con disabilità. E sostenere le tante famiglie che chiedono inclusione nel mondo del lavoro. È questo l’obiettivo della nuova prassi di riferimento per il “Lavoro inclusivo delle persone con disabilità”, redatta da Uni, ente italiano di normazione e promossa da Regione Lombardia e Unioncamere Lombardia, nell’ambito dell’Accordo per la competitività tra Regione e Sistema camerale lombardo.

Uno strumento realizzato con il supporto degli esperti del Comitato Disabili Regione Lombardia.

Un impegno importante: è di due milioni di euro il bando finalizzato a fornire i contributi necessari per realizzare i programmi. In base alle dimensioni, le imprese riceveranno risorse che verranno utilizzate, per esempio, per adeguare le postazioni di lavoro all’assenza di barriere architettoniche, senso-percettive e digitali, per realizzare la gestione flessibile degli orari e dei ritmi di lavoro, per organizzare un piano strategico di inclusione e assicurare la presenza di figure specializzate come il “Disability Manager” o il “Diversity Manager”. Particolare rilievo, poi, avrà la specifica formazione del personale.

La Lombardia è la prima Regione in Italia a mettere in campo misure che raccolgono concretamente una delle sfide socio-culturali più impegnative dei nostri giorni, soprattutto nel nostro Paese. I dati parlano chiaro. Su 3 milioni di persone con gravi limitazioni solo il 32,5% di soggetti nella fascia di età tra i 15 e i 64 anni risulta occupata, contro il 58,9% delle persone che non hanno limitazioni. Altrettanto marcato il divario per quanto riguarda la ricerca di lavoro: è del 20% per le persone disabili rispetto all’11,3% di chi non ha fragilità. Cifre da fanalino di coda rispetto all’Europa: basti pensare che il tasso medio dell’Unione Europea, quanto a occupazione di persone con disabilità, è del 50%.

Uno squilibrio ancora più evidente se si guarda alle differenze geografiche, per cui la Lombardia occupa, da sola, quasi lo stesso numero di persone occupate nell’intera area del Sud e delle isole. Numeri a parte, è la voce delle famiglie a rivelare l’urgenza di provvedimenti, come riferisce Simona Tironi, assessora regionale all’Istruzione, Formazione e Lavoro. “Ascoltare queste famiglie significa toccare con mano la loro solitudine e comprendere quanto sia sempre più necessaria la presa in carico di quei figli, fratelli e parenti fragili che non trovano collocazioni all’interno delle aziende. Un vero e proprio buco nero nella vita di queste persone che impedisce loro di trovare una realizzazione e la possibilità di raggiungere l’indipendenza economica. Senza contare”, sottolinea l’assessora, “la grande angoscia di tanti genitori incapaci di guardare al futuro dei loro figli, al dopo di noi”.

Abilitarli nel mondo del lavoro, riconoscere professionalità e autonomia: qui sta il traguardo della vera inclusione”. La responsabile va oltre, vuole sottolineare quanto l’integrazione non vada intesa solo come questione etica ma anche in termini di strategie e produttività per le stesse aziende. “Questa prassi offre un contributo fondamentale alla diffusione di un’autentica cultura dell’inclusione all’interno delle imprese, perché punta a valorizzare le competenze e le diversità di ciascuno. E i soggetti con disabilità hanno potenzialità preziose che possono diventare davvero valore aggiunto per un’azienda”. Una meta che secondo Tironi può essere raggiunta solo se le due realtà, impresa e famiglia, smettono di muoversi a velocità diverse.

“A questo servirà questo programma: creare le condizioni giuste affinché un’azienda divenga realmente inclusiva. Requisiti che non si traducono solo in strumenti e infrastrutture, ma anche in un clima di reale accoglienza, cioè un’apertura costante e sensibile alle unicità di ciascuno”.