Disabilità. Carviger familiari e studenti. Serve una legge
Studenti che devono frequentare le lezioni all’università e sostenere gli esami (anche se a distanza per l’emergenza Covid) ma al tempo stesso assistere un congiunto gravemente disabile, che ha bisogno di essere accudito, accompagnato, seguito notte e giorno perché non è in grado di badare a se stesso. Una vita piena di rinunce e tutta in salita per i caregiver familiari come Antonio Demarcus, 45 anni, di Pattada, un borgo di 2.700 abitanti in provincia di Sassari, laureato («con grandi sacrifici») in ingegneria per l’Ambiente e il Territorio e iscritto al corso magistrale in Geoingegneria e difesa del suolo nell’ateneo di Cagliari che ha deciso di battersi per il riconoscimento ufficiale di questa categoria “sui generis” e ancora senza diritti.
Demarcus racconta così la sua storia e l’iniziativa che ha deciso di intraprendere: «Da circa 8 anni seguo “h 24” mia madre 83enne, affetta da diverse patologie invalidanti e costretta a letto. Per poterla assistere e darle un po’ di respiro ho dovuto fare una scelta radicale, rinunciando al lavoro, allo studio e alla mia vita privata». La giornata di Antonio è scandita dalle necessità pratiche legate alla casa e all’assistenza di mamma Petronilla: la colazione al mattino, le pulizie, la preparazione dei pasti, il disbrigo delle faccende burocratiche, la sorveglianza, e anche l’orto da coltivare. «Mi mancano due esami alla laurea magistrale, mi alzo alle 5 del mattino riuscendo a dedicare allo studio non più di due ore al giorno – dice – e viviamo solo della piccola pensione del mio genitore che quindi non è solo in gravi difficoltà di salute ma anche economiche. Sto sempre a casa con lei, mi posso allontare solo per qualche commissione ma se la mia assenza supera l’ora, magari per andare a prendere un documento fuori paese, devo pagare una persona che mi sostituisca».
E la pandemia, da un anno a questa parte, ha aggravato i disagi. Frustrato dalla vita che è costretto a fare e preoccupato per il futuro, nel settembre scorso Demarcus ha scritto all’allora rettrice Maria Del Zompo. «Le ho chiesto non solo a mio nome ma a nome di tutti i caregiver familiari italiani – spiega – che potessero essere considerate assieme all’esonero dalla tassazione, anche una serie di tutele, come ad esempio l’abolizione dello status di “fuori corso”, la calendarizzazione degli esami, la possibilità di utilizzare la Dad (didattica a distanza) compresa delle registrazioni audio e video delle lezioni e tante altre cose. Grazie a questa lettera – afferma Demarcus – spedita solo all’ateneo cagliaritano, è stato modificato il regolamento delle tasse universitarie 2020/21 con l’integrazione dell’articolo 20 bis “Esenzione per lo studente rientrante nella definizione di caregiver familiare”. Questo primo successo mi ha convinto a intraprendere un’iniziativa a livello nazionale riscrivendo da zero la lettera e sviluppando una richiesta chiara, contenente 12 punti. Nel documento si chiede che venga fatta una discussione su questi temi per dare “respiro” e serenità alle persone che come me vivono queste condizioni di vita “estreme” e ai loro familiari portatori di disabilità».
Demarcus ha inviato, quindi, una “lettera aperta” al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a tutti i rettori d’Italia, al presidente del Consiglio Mario Draghi, ai ministri dell’Istruzione, delle Pari opportunità, della Disabilità, dell’Università e della Ricerca, delle Attività culturali, della Salute, dell’Innovazione e tecnologia, del Lavoro e politiche sociali, delle Politiche giovanili. La richiesta di riconoscere i diritti degli studenti universitari caregiver familiari è stata firmata anche dai rappresentanti delle associazioni Confad, Unidad, Oranoi, Apse, Cittadinanzattiva che hanno coinvolto le famiglie dove convivono persone disabili e studenti universitari.
Ma la battaglia è di tutti i caregiver familiari italiani, ancora senza una legge. Le premesse della missiva arrivata anche al Quirinale chiariscono subito un punto: «Il caregiver non è un autista ma una persona che si prende cura di un familiare con disabilità grave e non autosufficiente, non fa volontariato ma un lavoro estremamente usurante dal punto di vista psico-fisico compiendo un atto d’amore e responsabilità verso un proprio caro conviente». Ciò che si rivendica, dunque, è il diritto allo studio universitario che per gli studenti caregiver è ovviamente compresso e “condizionato”, se non del tutto escluso, rispetto agli altri. La lettera è stata inviata il 15 aprile e non ci sono ancora risposte da parte delle istituzioni. «Ma sono soprattutto i rettori quelli che potrebbero sbloccare la situazione – sostiene Demarcus – e prendere provvedimenti, come è accaduto a Cagliari, perché loro sono gli unici a conoscere bene tutte le nostre problematiche: mi auguro che sulle nostre richieste si apra un dialogo veloce e chiaro tra istituzioni politiche e parti sociali».
Quando gli domandiamo perché fa tutto questo per gli altri come lui nostante il pesante lavoro personale che deve affrontare ogni giorno, Demnarcus risponde con una frase di don Lorenzo Milani che, dice, gli è rimasta nel cuore e gli ha ispirato l’iniziativa: «Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia».