Famiglia

Coppia. Amare per sempre non è utopia, si può imparare. Ecco la ricetta

Luciano Moia mercoledì 18 settembre 2024

L’amore autentico, profondo, oblativo, capace di costruire benessere e futuro per sé stessi, per la propria famiglia, per la comunità in cui viviamo è un amore per sempre. L’abbiamo ascoltato e ripetuto decine di volte. E decine di volte ci siamo trovati a deprecare la perdita progressiva di questa dimensione affettiva a tempo indeterminato. Perché? Le analisi si sprecano. Senso di precarietà, paura, crisi relazionali, incapacità di controllare le emozioni, mancanza di testimoni credibili, fluidità sociale, perenni sollecitazioni virtuali, esempi sempre meno convincenti. Tutto vero. Come è vero che parlare di amore “per sempre” è molto più difficile oggi, in una società complessa e multiculturale come la nostra a basso tasso etico, che non un secolo fa, quando almeno formalmente tutti o quasi condividevamo lo stesso approccio esistenziale.

Eppure, anche oggi, anche nella nostra postmodernità in perpetua connessione digitale dove nulla appare davvero certo e nulla completamente credibile perché sotto costante minaccia di fake, avvertiamo che quel “per sempre” potrebbe rappresentare un valore aggiunto straordinario. E ne parliamo, ne vagheggiamo la riproposizione, speriamo in una nuova affermazione perché, dentro di noi, sappiamo di non poterne fare a meno. Qualcuno può pensare che l’amore a tempo limitato possa sostituire quello sguardo che ha come confine il mai e come prospettiva l’infinito? Proprio nella nostra società del provvisorio, proprio nel nostro quadro di relazioni precarie, che s’accumulano una sull’altra regalando insoddisfazione, smarrimento, solitudine, ansia si può comprendere come la certezza e la solidità derivante dal “per sempre” siano auspicio fondamentale.

Lo pensano anche Ezio Aceti e Stefania Cagliani, psicologi e formatori, che propongono una tesi tanto semplice quanto decisiva: se siamo convinti – e lo siamo profondamente – che la capacità di amare in modo maturo, consapevole e duraturo sia l’unico collante in grado di assicurare un domani alla coppia, alla famiglia, alla società, allora torniamo ad educare al “per sempre”. Un tempo, forse, l’amore senza scadenza era qualcosa che poteva essere imparato per osmosi familiare, oggi non è più così. È indispensabile ripartire dalle fondamenta dell’affettività e tornare, mattone su mattone, a costruire quell’edificio del “noi” di coppia che altrimenti i giovani – e meno giovani – soffocati all’inganno del tutto e subito non avrebbero la possibilità di comprendere. Aceti e Cagliani hanno fatto proprio così. In un volumetto agile che hanno proprio intitolato Ad amare (per sempre) ci si educa (Città Nuova, pagg. 128, euro 15,90), spiegano la frenesia dei cambiamenti familiari nella società contemporanea, riconoscono che la configurazione classica (padre, madre e figli) non rappresenta più la maggioranza statistica delle famiglie, ma non hanno timore a indicare come punto ideale di arrivo “il fondo dell’oceano”, sempre stabile e sicuro, nonostante tutte le tempeste che agitano la superficie.

Per tornare a scoprire “il fondo dell’oceano” familiare, cioè le sue radici umane e cristiane, occorre però rimettere a fuoco – come appunto fanno gli autori – la persona, la sua natura più autentica, le sue aspirazioni più intime, il suo essere intelletto, volontà, passioni, desiderio di libertà – armonia di saggezza e di responsabilità – e quindi immagine di Dio nell’uomo. Ecco perché una persona così aspira all’amore, perché scrivono i due psicologi “l’amore è la cifra dell’esistenza, il centro attorno al quale ruota tutta la nostra vita”. E l’amore ha le sue tappe, si accende con l’innamoramento, si consolida con la conoscenza, si costruisce con il rispetto e il perdono, diventa più forte con la scoperta reciproca delle diverse identità, femminile e maschile.

Nel libro ogni passaggio è approfondito con un linguaggio comprensibile ma che non rinuncia mai ad entrare nel vivo dei problemi con equilibrio e buon senso. Come quando affronta il tema della sessualità, mettendo anche a fuoco – per sgomberare il campo da tante letture ideologiche - il significato di identità di genere e di orientamento sessuale. La lettura proposta da Aceti e Cagliati rimane quella della sessualità come dono: “C’è una logica dell’amore, che è iscritta anche nella diversità sessuale: la logica del dono, del perdere sé per un bene più grande”. E spiegano che la logica del dono rifiuta, per esempio, di mettere il piacere al centro della relazione, non opera “semplificazioni abusive”, mettendo sullo stesso piano amore e sessualità, sessualità e genitalità. Ancora: la logica del dono rispetta i tempi dell’altro, aiuta a comprendere che l’amore è scambio disinteressato, gratuità, valorizzazione reciproca, scuola di dignità. “Sappiamo che non siamo puro spirito, ma siamo un corpo che per mezzo dello spirito che lo anima diventa capace di amare. Infatti, sono i nostri sensi che ci fanno entrare in rapporto con gli altri, permettendoci di esprimere i nostri sentimenti, la tenerezza, il rispetto, l’incoraggiamento, la compassione”.

Se è vero allora – e chi potrebbe dubitarlo – che amore, fidanzamento e matrimonio sono percorsi di bene, è naturale che quel bene sia impastato di alcune virtù, magari proprio quelle che non avremmo considerato prioritarie per un cammino a due destinato ad allungarsi “per sempre”. Si parte dalla pazienza – non solo sopportazione mite, ma anche capacità di attesa e crogiulo di desiderio – per passare poi alla speranza, che vuol dire anche fiducia reciproca – e arrivare alla fortezza, alla giustizia, alla prudenza, alla temperanza, al perdono, alla castità, al buonumore e, infine, alla carità che è l’amore nutrito di benevolenza. Cosa significa? Volere il bene dell’altro sempre e comunque, sentirsi pienamente realizzati nell’amore liberamente e consapevolmente. Se questo succede, allora sì, “si è pronti ad amare per sempre”.