Percorsi culturali. La poesia come strumento di rigenerazione urbana
«Qualunque cosa si dica in giro, parole e idee possono cambiare il mondo», ricordava ai propri studenti l’indimenticabile professor Keating in “L’attimo fuggente” (film il cui titolo originale era, non a caso, “Dead Poets Society”). La parola, le idee e la poesia hanno, infatti, un potere che di frequente ci sfugge, abbagliati come siamo dalle luci, dai colori e dalla facile estemporaneità: hanno il potere di creare diritti, di offrire nuove possibilità, di curare gli individui e rigenerare le comunità. Hanno il potere, appunto, di cambiare il mondo. Lo sanno bene quanti lavorano con la poesia e con le arti performative nelle aree più complicate del nostro Paese, dove le parole e le idee riescono a riportare al centro le periferie, a costruire relazioni con i luoghi (anche sacri) e i suoi abitanti, a rinnovare il senso degli spazi pubblici e privati, persino di quelli abbandonati, a valorizzare la loro storia e a creare ricchezza e nuove opportunità economiche. Accade da anni a Napoli, per esempio, con la “rigenerazione umana” di AltoFest, e a Corato, in provincia di Bari, con Verso Sud-Ecosistema culturale, progetti che puntano alla valorizzazione sociale, culturale, ecologica ed economica dei territori a cui partecipa, tra gli altri, anche l’artista performativa indipendente Claudia Fabris con i suoi innovativi iterventi poetici.
Quarantotto anni, padovana di nascita ma nomade per scelta, nel 2011 ha ideato la “Cameriera di poesia”, una ristorAzione dello spirito, come lei stessa la definisce, generata da un “ristorante” itinerante di poesia per mezzo dell’ascolto in cuffie senza fili di testi suoi, classici e contemporanei, ordinati dagli ospiti per mezzo di un menu, proprio come accade in un classico ristorante, e che l’artista “serve” dal vivo da una postazione con microfono, computer e mixer. La “Cameriera” porta la sua azione poetica in case e chiese, teatri e locali pubblici, carceri e prati, e si accompagna ad altri “servizi sociali” (un altro termine che ama utilizzare) come il “riciclaggio poetico del denaro”, “portato in scena” in vari luoghi d’Italia con l’obiettivo di «sovrapporre un valore a un prezzo, la creatività dell’arte alle regole inesorabili del mercato». Convinta che «la Bellezza e lo stupore che essa genera possono ricondurre ogni uomo allo spazio intimo della propria anima, dove ogni trasfor- mazione trae forza e nutrimento», nel 2013 l’artista ha cominciato a comporre anche le “Parole sotto sale”, un piccolo dizionario poetico ripubblicato nel 2020 ma che continua a crescere, una parola alla volta, dove riscopre la potenza creatrice della parola e del linguaggio, «la tecnologia più potente in attività nel nostro pianeta». «AltoFest, Verso Sud ma anche La Casa della Paesologia di Franco Arminio, ad Avellino, con il suo Festival La Luna e i Calanchi, percorrono, ciascuno a modo proprio, una direzione di rigenerazione urbana e di trasformazione sociale ed economica attraverso l’arte», afferma Fabris. «Sono convinta che l’economia inizi dalle parole con cui creiamo il mondo, raccontandolo: per questo nel 2020 ho accettato la proposta di TeatrInGestAzione, autori di AltoFest, di lavorare ad un progetto di ricerca sulle “Economie generate da dieci anni di AltoFest” insieme con l’esperto di economia Maurizio Alampi. Con Luigi Piccaretta, ideatore con Giuliano Maroccini di Verso Sud, stiamo invece costruendo una collaborazione con un’azienda di Corato e una di Catania per portare la cultura e l’arte all’interno dei processi di generazione del valore, inteso non solo come ristoro ma come agente per un cambio di prospettiva».
L’economia di cui parla, non è quella della competizione né dell’autoreferenzialità o dello sfruttamento del lavoro: è, invece, l’economia della condivisione, del dono e della presa di coscienza che tutto ciò che ha un valore non si può misurare e convertire in un prezzo. «Il sistema capitalistico, basato sulla produzione di profitto, ha atrofizzato la nostra creatività e la capacità di immaginare uno scambio che non preveda l’uso del denaro: per questo gli artisti che non accettano tale direzione stanno cercando alternative possibili che mettano insieme politica e bellezza. Nelle mie “Parole sotto sale” la Bellezza è l’arte della guerra, il bellum latino, l’arte di risolvere la tensione tra due alterità in conflitto in una nuova forma armonica. Un esempio di alternativa possibile è rappresentato da AltoFest, che è rassegna di resistenza artistica e politica ma anche comunità di ricerca», continua l’artista: «Basandosi sul concetto di dono e non sulle regole del mercato, ha creato un vero e proprio modello nel territorio in cui è nato e, in particolare negli ultimi anni, nel rione Sanità, e l’ha poi esportato con successo a Malta e in Basilicata per Valletta 2018 e Matera 2019, Capitali europee della cultura. Il progetto di AltoFest si è fondato sulla disponibilità degli artisti e delle persone comuni, chi di mettere in gioco il proprio impegno e il proprio lavoro, chi i propri spazi, chi la propria casa, per arrivare alla consapevolezza che la proposta culturale non deve essere subita ma gestita, vissuta in prima persona e condivisa: questo insieme di azioni ha avuto ricadute positive sull’intera comunità, ha generato cambiamenti in tutti coloro che vi hanno partecipato e rappresenta, anno dopo anno, un valore sociale incommensurabile». Partendo dal piccolissimo, dal quotidiano, dalla cura del particolare e dalla scelta della parola giusta, ciascuno di noi può cambiare il mondo: ecco qual’è il reale significato delle emozionanti parole del professor Keating.