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Inclusione. Infanzia, disabilità, ex detenuti: per Intesa SP l'impatto è sociale

Ilaria Solaini mercoledì 22 maggio 2024

Trenta milioni di pasti, 3,3 milioni di posti letto, oltre 3,2 milioni di medicinali e oltre 446mila capi di abbigliamento, per un totale di 36,8 milioni di interventi, tutti a sostegno della comunità e del territorio, effettuati soltanto tra il 2022 e il 2023. « Nel 2018 l’impegno sociale è entrato nel cuore dell’attività della nostra banca» ha spiegato Paolo Bonassi, Chief Social Impact Officer di Intesa Sanpaolo, ricordando che a ottobre dell’anno scorso era stato lo stesso Ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, ad annunciare lo stanziamento di un miliardo e mezzo di euro destinati, entro il 2027, a un programma di contrasto delle povertà e di promozione dell’inclusione sociale.

Paolo Bonassi, Chief Social Impact Officer di Intesa Sanpaolo - undefined

La nuova sede a Brescia, inaugurata lo scorso marzo, rappresenta inequivocabilmente «la concretezza di questa nuova unità organizzativa – ha spiegato ancora Bonassi, che ne è a capo –. E rende più sistematico tutto il nostro impianto sociale, permettendoci, nel contempo, anche di avere uno stretto legame con la banca e con tutte le competenze all’interno del Gruppo». Si parla di oltre mille professionisti che lavorano in tutta Italia e anche nella nuova area di governo, che nell’organigramma della banca dipende direttamente dal Ceo Messina, che ne segue da vicino lo sviluppo. E, a sua volta, si colloca nella più ampia nuova area di governo sui temi ESG. Al di là della forma istituzionale, l’impegno del Gruppo nel sociale risale a cinque secoli di filantropia e liberalità, ma è dal 2018 che è entrato nel Piano di impresa come obiettivo strategico della Banca, incluso quello in corso fino al 2025.

«Abbiamo quest’enorme responsabilità – ha spiegato ancora il Chief Social Impact Officer di Intesa Sanpaolo – di dare delle risposte alle nostre comunità: vogliamo riuscire a indirizzare in maniera intelligente e consapevole le risorse che il Gruppo bancario mette a disposizione del territorio. In questo senso, il nostro ruolo non sono soltanto le erogazioni; vogliamo poter affiancare i nostri partner, mettere insieme le nostre competenze, coinvolgendo tutta la banca» in una sorta di co-progettazione tra pubblico, privato e privato sociale. «Stiamo seguendo la linea del nostro piano di impresa e privilegiamo azioni a contrasto della povertà alimentare, educativa e sanitaria» con partner come il Banco farmaceutico, la Caritas e il Banco alimentare attraverso percorsi di collaborazione e di creazione di reti virtuose del privato, privato sociale e pubblico.

«A fianco ci sono anche programmi ad ampio respiro su inclusione e coesione sociale che si rivolgono a diversi ambiti di attività, dall’infanzia alla disabilità, dalle dipendenze all’housing sociale, per citarne solo alcuni». Oltre a un importante filone sull’inclusione educativa, sull’accesso alla cultura e la promozione all’occupabilità giovanile, con un’attenzione particolare ai neet e persone escluse dal lavoro. Dalla co-progettazione agli strumenti finanziari a sostegno del Terzo settore: «Siamo una banca, operiamo in campo sociale anche attraverso la concessione del credito o lo strumento dell’equity investment, favorendo quei soggetti che hanno difficoltà ad accedere al credito secondo i criteri tradizionali: è il caso di giovani mamme oppure anche di studenti» ha precisato Bonassi, sottolineando che le condizioni di tasso o il rimborso di prestito, in questi casi, possono essere legati a obiettivi sociali. C’è anche un’ultima e non meno importante modalità di sostegno alla comunità che Intesa Sanpaolo per il sociale intende portare avanti: si può definire una sorta di strategia che ponga l’unità organizzativa di Intesa Sanpaolo a presidio del tessuto sociale.

«Il nostro compito è riuscire a essere registi tra i tanti attori del sociale – ha aggiunto Bonassi –. Stiamo lavorando anche alla strutturazione di un osservatorio che ci aiuti a raccontare i bisogni del territori», collezionando e al tempo stesso collegando i tanti dati degli Osservatori già presenti in modo da indirizzare e orientare le attività e ottimizzare degli interventi sul territorio. « Anche per il futuro la rotta è quella del piano di impresa: il modello di partenariato tra settore profit e non profit è fondamentale: dobbiamo riferirci sul territorio a quegli stakeholder che possono aggregare le comunità, in modo da superare la frammentazione degli interventi sul territorio», in questo senso avere dei «partner piattaforma coma Caritas italiana ci permette di moltiplicare gli effetti e avere una maggiore capillarità».

È quanto è accaduto già a partire dal 2020 con il progetto “Aiutare chi aiuta” in partnership con le diocesi italiane che quest’anno hanno proposto tantissime idee per il nuovo bando legato alle condizioni di chi vive in carcere. «Ne abbiamo già selezionati 31 di progetti dalle diocesi e ci siamo resi conto che è un tema su cui c’è molta attenzione: il programma si articola su diversi livelli. Si va dalla promozione di valori come la legalità e il rispetto dell’altro su cui le persone detenute hanno bisogno di essere accompagnate, al contrasto della povertà materiale, con la distribuzione di indumenti e prodotti per l’igiene a chi vive in cella. Non mancano i corsi informatici e di finanza, ma anche i programmi di occupabilità per ridurre molto la recidiva; e infine c’è un progetto di animazione della comunità per superare i pregiudizi e favorire l’accoglienza degli ex detenuti» e un loro ritorno alla vita di comunità.

L’ultimo sogno nel cassetto riguarda l’innovazione, la robotica e l’intelligenza artificiale, strumenti con i quali Bonassi, Chief Social Impact Officer di Intesa Sanpaolo, vorrebbe che venissero affrontate le questioni sociali: «Vorremmo che i nostri progetti potessero non essere solo la risposta a dei bisogni immediati, ma in qualche modo riuscissimo con il nostro impegno per il sociale ad avere un impatto strutturale e trasformativo sulla realtà, anticipando i bisogni del nostro tempo».