EconomiaCivile

Moda. Il passaporto digitale libererà la moda da contraffazione e rischio greenwashing?

Cinzia Arena mercoledì 12 marzo 2025
Il passaporto digitale libererà la moda da contraffazione e rischio greenwashing?

Un passaporto digitale per i capi di scegliamo di indossare, con tanto di data e luogo di nascita. Sarà una rivoluzione per le aziende, chiamate a fare uno sforzo di trasparenza, e per i consumatori che potranno scegliere consapevolezza. Tra due anni, nel 2027, debutterà in Europa e riguarderà in maniera progressiva tutti i prodotti, dal cibo alle auto. La prima applicazione però coinvolgerà due settori strategici - e particolarmente inquinanti - come la moda e l’elettronica. Secondo il regolamento dell’Unione Europea, tutti i prodotti tessili in circolazione nel vecchio continente dovranno essere provvisti di un passaporto univoco, accessibile tramite un Qr o un altro identificatore, fornirà informazioni dettagliate, azzerando di fatto il rischio di greenwashing che oggi rappresenta un freno al decollo della moda sostenibile. Conterrà indicazioni complete, dalla materia prima alla filiera produttiva e distributiva, dalla manutenzione del prodotto alle modalità di smaltimento.

Le aziende più illuminate si stanno già organizzando in questa direzione come emerso nel corso della presentazione del report 2024-25 del Monitor for Circolar fashion, l’osservatorio di ricerca della Sda Bocconi al quale aderiscono 28 aziende che danno lavoro a 123mila persone e generano un fatturato di 34 miliardi di euro. Ecodesign, con utilizzo di materiali innovativi, monitoraggio della filiera produttiva e utilizzo delle tecnologie, compresa l’Ia, per implementare la circolarità sono i binari lungo i quali si stanno muovendo. Nato quattro anni fa il monitor ha come obiettivo promuovere “buone pratiche” aziendali ma anche sensibilizzare i cittadini sui rischi ambientali del fast fashion. «Oggi manca ancora una cultura della sostenibilità e della circolarità: le Direttive e i Regolamenti non possono crearla, ma stanno spingendo le aziende a muoversi in quella direzione - ha sottolineato Francesca Romana Rinaldi, direttrice dell’Osservatorio della sda Bocconi -. Spetta alle aziende mettere in atto strategie e strumenti per plasmare questa cultura. Il Monitor for circular fashion è uno spazio pre-competitivo dove brand, retailers e fornitori di servizi del settore moda possono cooperare nella condivisione di buone pratiche, avendo come obiettivo l’armonizzazione e l’accelerazione della twin transition».

Quattro i nuovi progetti presentati nel corso dell’evento organizzato in Bocconi lo scorso 17 febbraio: Think Leather (creato da HModa con Gab Group, Seriscreen e la cooperativa sociale Progetto Quid) che trasforma rimanenze di pellame in portapenne; Kintsugi, nato dalla collaborazione tra Ykk, Save The Duck e Temera, è una soluzione di riparazione che si ispira ad un’antica arte giapponese del restauro e permette di ridurre l’utilizzo di risorse per la produzione di nuove zip; Traceable Fiamma Bag, realizzato da Ferragamo con Unic, Icec, Conceria Antiba e Temera, approfondisce lo studio sulla tracciabilità della pelle; One Next Step, cocreato dal Gruppo Tod’s e dal gruppo Mastrotto, sviluppa un modello di calzature secondo i principi di ecodesign, in cui il 79% in peso dei componenti è sostituito con materiali alternativi, attualmente non utilizzati dal marchio. Presentata infine un’implementazione il Digital Product Passport del marchio Save The Duck (marchio il marchio di piumini 100% animal free) che vede l’introduzione per il 99% dei capi di un passaporto digitale, sviluppato da Certilogo (azienda leader nel settore della certificazione dei prodotti), che permette ai consumatori di approfondire le informazioni sui capi e contribuire all’economia circolare tramite due funzioni innovative: la vendita “click to resell” su eBay e il tasto “Dona” tramite Humana People to People Italia. Un esempio di economia circolare con i piumini di seconda mano che vengono affidati all’associazione non-profit per finalità sociali. Certilogo è un’azienda italiana che dal 2006 applica le tecnologie per tutelare i brand dalla contraffazione, con il sigillo Secure by Design. Sino ad oggi ha connesso oltre 540 milioni di prodotti per oltre 80 marchi di moda e di lusso. Il suo servizio è utilizzato da 1 utente ogni 4 secondi in oltre 180 Paesi ed è disponibile in 10 lingue.

Nel corso dell’evento in Bocconi è stata presentata una ricerca sul livello di conoscenza dei consumatori sul passaporto digitale. Condotta su 1741 intervistati di diverse aree geografiche e fasce d’età che hanno usufruito della piattaforma di Certilogo, l’indagine ha evidenziato che il 49% degli intervistati ha familiarità con i Digital Product Passport. La generazione Z risulta quella con maggiore conoscenza in merito (54%), nonostante questo strumento non sia ancora ampiamente diffuso; il 71% pensa che incrementerà la fiducia nei brand e il 49% che migliorerà la fedeltà ai marchi. Tra le ragioni che ostacolano l’acquisto di prodotti sostenibili ci sono il costo (37%), il timore di acquistare prodotti contraffatti (29%) e le preoccupazioni sul greenwashing (22%). Per quanto riguarda le informazioni specifiche che i consumatori cercano all’interno di un Digital Product Passport l’autenticazione è la priorità principale, con il 56% delle risposte, un risultato che evidenzia la crescente preoccupazione per i prodotti contraffatti. Subito dopo seguono le istruzioni per la cura e la manutenzione (45%) e la composizione del prodotto (44%). Per il 71% degli intervistati il passaporto digitale avrà come impatto l’aumento della fiducia nei brand, mentre il 49% prevede una maggiore fedeltà al marchio.

«I risultati dimostrano chiaramente che i consumatori non solo sono pronti per i passaporti digitali di prodotto, ma li vedono anche come un potente strumento per costruire fiducia e promuovere la fedeltà al marchio» ha sottolineato Rossella Munafò, Head Of Strategy & Business Innovation di Certilogo. «I brand possono inaugurare una nuova era di trasparenza e consentire ai consumatori di fare scelte più informate e sostenibili, oltre a rispondere ai criteri richiesti dall’imminente entrata in vigore della nuova regolamentazione europea». Sul fronte dell’introduzione del passaporto digitale si sono mossi sinora i marchi del lusso, utilizzando la tecnologia blockchain. Nel 2021 hanno dato vita al consorzio Aura Blockchain al quale aderiscono alcuni dei principali player come LVMH, Mercedes-Benz, OTB, Prada Group e Cartier (Gruppo Richemont). Ma si stanno affacciando anche piccole realtà come Endelea, azienda italiana che produce abiti e accessori tra Italia e Tanzania.