Economy of Francesco. La guerra in Ucraina è diventata crisi umanitaria e alimentare
Per le imprese agricole gravi conseguenze dalla guerra Ucrainia
La guerra in Ucraina ha riportato sotto i riflettori il tema della sicurezza e sovranità alimentare in Europa. Per arginare gli effetti del conflitto sulla disponibilità di prodotti agricoli essenziali, lo scorso 23 marzo la Commissione europea ha proposto una serie di misure che saranno discusse il prossimo 7 aprile dai Ministri dell’Agricoltura europei. Tra le proposte destano preoccupazione le deroghe alle già deboli normative esistenti in tema di tutela del suolo, della salute dei consumatori, della biodiversità e dell’ambiente.Già prima del conflitto ucraino per molti piccoli agricoltori non coltivare significava risparmiare.
Oggi per loro il costo dell’energia è aumentato del 120% (Confagricoltura), quello del gasolio agricolo del 50% e quello dei concimi del 140% (Coldiretti). A questo vanno aggiunti i rincari delle sementi e dei mangimi dell’ultimo semestre, antecedenti al conflitto in corso e più legati ai cambiamenti climatici (ISMEA) che dopo oltre 100 giorni di siccità stanno minacciando 1/3 della produzione agricola nel Centro e Nord Italia.La guerra in Ucraina rischia, allora, di trasformarsi in una “guerra tra poveri” per produttori e consumatori, amplificando le già drammatiche conseguenze della “guerra energetica” sulle famiglie italiane. Le imprese agricole per sopravvivere, infatti, dovrebbero scaricare gli aumenti dei costi produttivi sul prezzo finale. Soluzione non praticabile, soprattutto per i piccoli produttori (oltre il 70% in Italia), mentre intermediari e grande distribuzione ricaricano sul prezzo del cibo i rincari energetici, con effetti su povertà assoluta e disuguaglianze, già aumentate a causa del Covid.Misure inutili nel breve e dannose nel lungo.Secondo le misure proposte dalla Commissione, gli Stati europei potranno importare cibo e mangimi con livelli di pesticidi più alti di quelli attualmente consentiti e di favorire la produzione di OGM. A preoccupare anche la riduzione dei prezzi dei concimi chimici di tipo minerario e la sospensione della politica di messa a riposo dei terreni (il set aside) che finora ha garantito una produzione alimentare sostenibile a protezione del suolo e dell’ambiente.
Dei 500 milioni stanziati, all’Italia ne arriveranno 48: una cifra irrisoria (32 euro pro capite) per affrontare una crisi che a vario titolo coinvolge tutte le nostre 1,5 milioni di imprese agricole. Le analisi di 17 associazioni del settore e dei giovani economisti e imprenditori agricoli di Economy of Francesco, hanno mostrato come queste misure sono poco efficaci nel breve periodo e potenzialmente dannose nel medio e lungo termine.Infatti, la riconversione alla produzione dei circa 9 milioni di ettari a riposo in Europa, riuscirebbero a coprire a stento il fabbisogno per un anno del 20% degli europei. Al contrario, con il 60% dei terreni coltivati è devoluto alla produzione di mangimi, la sola riduzione del 10% degli allevamenti intensivi permetterebbe già oggi di avere tre volte tanto il grano prodotto tra un anno sospendendo il set aside. Inoltre, se invece di ridurre i costi dei concimi chimici si adottassero tecniche di produzione biologica si potrebbero avere rese fino al 90% superiori (centro di ricerca Areté).
Nel medio e lungo periodo, poi, lo sfruttamento indiscriminato dei terreni attuato oggi, insieme all’aumento dell’uso di fertilizzanti chimici, ridurrà sensibilmente la quantità di terra coltivabile generando l’impoverimento dei suoli e la chiusura di molte aziende, nonché la perdita di biodiversità con effetti anche sul clima. L’importazione e la produzione di cibo con livelli di pesticidi maggiori, invece, comprometterà la salute dei consumatori e renderà l'agricoltura italiana ed europea sempre meno resiliente e più dipendente da altri Paesi.La guerra non può essere una scusa in agricoltura, come nel settore energetico, per rallentare la transizione ecologica e favorire ristretti gruppi di interesse che, mettendo al centro il solo profitto, hanno aumentato la fragilità del nostro sistema socio-economico.L’unica via possibile è quella di non abbandonare i piccoli imprenditori agricoli e accelerare la trasformazione del sistema, dai piccoli ai grandi produttori, verso un consumo e una produzione improntati sull'ecologia integrale, ovvero sostenibili dal punto di vista ambientale, economico e sociale.