Finanza sostenibile. "Green bond" mania: scocca l'ora dei governi
Pale eoliche nel Mare del Nord
Le rivoluzioni cominciano anche dai piccoli passi. Sarà così anche per il mercato delle obbligazioni sostenibili, che si differenziano da quelle normali perché l’emittente si impegna in modo esplicito ad usare i fondi raccolti esclusivamente per finanziare progetti "verdi". Un mercato in cui, a livello di debito sovrano, anche l’Italia è entrata di recente emettendo un cosiddetto "Btp green" che ha raccolto facilmente in poche ore 8,5 miliardi di euro.
I risparmiatori per primi stanno cominciando a far entrare questi titoli nel paniere dei loro investimenti, come ha testimoniato anche Ignazio Visco: all’ultima iniziativa del G20 "TechSprint 2021" il governatore della Banca d’Italia ha detto che essi «stanno cambiando le loro preferenze, optando per strumenti come i green o social bond». E però siamo solo ai primi chilometri. Il mercato dei green bond nel mondo «è ancora di piccole dimensioni», anche se in rapida crescita, e vede l’Europa in prima fila come protagonista: l’ammontare totale in circolazione «a settembre 2020 ammonta a 996 miliardi di dollari, che rappresenta solo lo 0,4% del mercato obbligazionario internazionale».
A tracciare una mappa è stata di recente proprio Bankitalia in uno studio, in cui si prevede che il mercato crescerà ulteriormente nei prossimi anni, grazie alla diffusione di strategie di investimento «ambientali» e «socialmente responsabili». La storia dice che la prima emissione di un bond "verde" risale al 2007, quando la Banca europea per gli investimenti (Bei) lanciò il primo ' Climate Awareness bond'. Le emissioni di questi titoli sul mercato primario hanno poi raggiunto «un livello record nel 2019», quando il loro totale toccò i 255 miliardi di dollari, «in aumento del 49% rispetto al 2018».
L’Ue ora si appresta a dare una notevole spinta a questo comparto finanziando il Next Generation Eu, che è anche un co- lossale investimento per creare un continente più sostenibile. E l’Europa è già «il più grande mercato, con 107 miliardi di dollari». Con proventi delle emissioni che, nel 2019, sono stati destinati principalmente alle energie rinnovabili (32%), agli edifici "verdi" (29%) e ai trasporti (20%). La ricerca attesta inoltre il ruolo di traino svolto dal settore privato: è il principale emittente, con una presenza prevalente di banche e istituzioni finanziarie, in particolare in Cina. Gli emittenti pubblici, Stati compresi, rappresentano oggi solo un terzo circa del mercato, ma stanno aumentando.
Bankitalia aggiunge che «in termini di durata, l’85% delle emissioni ha una scadenza inferiore a 10 anni e il 40% inferiore a 3 anni», mentre «la durata media è di 6,3 anni, leggermente inferiore a quella dei titoli di Stato di 6,7 anni» (ma gli Stati tendono a emettere green bond su scadenze più lunghe, tra 10-20 anni). Alla fine del 2020 le obbligazioni "'verdi" degli Stati ammontavano a quasi 73 miliardi di euro, emessi da 14 governi nazionali, con la Francia e la Polonia che hanno aperto per prime la strada al mercato tra il 2016 e l’inizio del 2017. Il totale delle emissioni realizzate vale 61 miliardi e la zona euro rappresenta l’83% del mercato (il 90% se si includono emissioni europee esterne all’Eurozona). La maggior parte (il 94%) è denominata in euro, solo il 5% in dollari.
L’istituto di via Nazionale sottolinea inoltre che i Paesi che che si dedicano a bond di questo tipo lo fanno principalmente per un vantaggio di «reputazione»; ma questo fenomeno può generare «ricadute positive, finanziarie e non finanziarie», perché questi titoli possono fornire un obiettivo, «un benchmark di mercato di alta qualità, possono migliorare la liquidità del segmento verde e incoraggiare altri emittenti a entrare in questo settore». Il fatto che siano emessi «è un’indicazione concreta dell’impegno a lungo termine di un governo per una strategia verde e un catalizzatore degli investimenti privati verso i settori verdi». In una logica che «può essere utile per promuovere l’agenda verde pubblica ». La mappa globale dei dati mostra come operino già emittenti di numerosi settori, con un totale di oltre 9mila titoli emessi in 24 Paesi e in 23 valute differenti.
E i risparmiatori sono ormai tranquillizzati anche sotto il profilo del rischio di credito: attualmente il 90% dei green bond sono a livello " investment grade", con due terzi del mercato concentrati nei rating più alti (AAA/A). Lo studio mostra come sul mercato secondario, confrontando l’andamento dei rendimenti dei titoli green sovrani di Francia, Olanda, Belgio e Irlanda, «la performance di emittenti sovrani è sostanzialmente in linea con quella dei titoli convenzionali».
Perché preferirli allora? Nello studio di via Nazionale si sottolinea ancora una volta che la scelta non si basa esclusivamente su motivi di convenienza economica. Le stesse valutazioni delle banche centrali – Bce in testa – si stanno riorientando: nei loro parametri, infatti, questi bond sono visti sempre più come «un valido strumento per mitigare i rischi climatici », con tutte le ricadute che questo comporta. E Christine Lagarde, presidente della Bce, vola ancora più alto: la chiave ' green' potrebbe essere il motore per arrivare a un obiettivo ambito da anni, quello di costituire, dopo l’Unione bancaria, un’unione del mercato dei capitali. Ossia un mercato senza confini nazionali dei titoli obbligazionari, delle Borse, dei prodotti finanziari, il cui significato andrebbe ben oltre la possibilità di fare trading senza confini nell’Unione. Anche a Francoforte, insomma, sembra pulsare un "cuore verde" di questi tempi.