Fondazioni. Doris e il sociale nel nome di Ennio
«La memoria è diversa dal ricordo: è un modo per rendere presente una persona anche quando non c’è più, portando avanti i suoi insegnamenti». Sara Doris, vicepresidente di Banca Mediolanum e presidente della Fondazione omonima, spiega così la scelta di dare vita ad una nuova Fondazione dedicata a suo padre Ennio, imprenditore illuminato e fondatore della prima banca digitale italiana, scomparso a novembre del 2021. «Io e mio fratello Massimo, che dal 2008 è l’ad della banca, abbiamo il privilegio di portare avanti i suoi valori che sono radici solide sulle quali ha costruito progetti innovativi grazie alla sua straordinaria capacità di visione».
A dicembre dell’anno scorso la Fondazione Ennio Doris ha preso forma, adesso si prepara ad un grande salto: sostenere i giovani per combattere diseguaglianze sociali e arrestare la fuga dei cervelli. Con il lancio del sito Internet operativo da metà maggio è partito un piano che porterà ad una serie di accordi con le università italiane per erogare borse di studio agli studenti più promettenti che non hanno alle spalle famiglie danarose.
La Fondazione punta a scovare “i nuovi Ennio Doris”: il giovane Ennio arrivava da una famiglia di umili origini e fu aiutato da uno zio a proseguire gli studi. Il resto è storia: una vita nel settore bancario, come dipendente prima, libero professionista poi e infine fondatore di un nuovo modello banca. Una parabola resa possibile grazie a quell’ascensore sociale che oggi sembra essersi fermato. Sono due i progetti che la Fondazione porta avanti nel segno del fondatore della banca Mediolanum: il “Senso del pane” avviato nel 2016 nel carcere di Opera per volere di Arnoldo Mosca Mondadori, grande amico di Ennio Doris, per il reinserimento sociale di carcerati, migranti ed emarginati. In questi anni sono state prodotte 4 milioni di ostie grazie all’adesione di oltre 500 diocesi.
«Al momento sono 78 le persone coinvolte in 18 diverse realtà tra carceri e centri di accoglienza – spiega Sara Doris – è un progetto con un grande valore simbolico: il fatto di poter dare un’opportunità a chi ha sbagliato e che proprio le mani che hanno compiuto dei reati producano le ostie, simbolo di rinascita, è un aspetto molto importante. Si tratta di un progetto corale, una vera e rete vista la partecipazione di tante realtà, al quale mio padre teneva in maniera particolare». Oltre alle ostie si producono strumenti musicali con i legni delle barche che trasportano immigrati. Nel segno della continuità anche il progetto Chopin una cooperativa sociale di Trezzo sull’Adda, fondata da un ex dipendente di banca Mediolanum, che qualche anno fa è stata “adottata” da Ennio Doris. La cooperativa è formata da ragazzi disabili, la maggior parte con sindrome di Down, che si occupano a tutto campo di fiori: dalla gestione di serre ed eventi privati alla vendita diretta al pubblico.
La Fondazione Ennio Doris si affianca alla sorella maggiore, la Fondazione Mediolanum, nata nel 2001 e specializzata in progetti dedicati all’infanzia in condizione di disagio in Italia e nel mondo. Bilancia gli interventi tra assistenza, scuola, sanità, ricerca e diritti. Dal 2005 ad oggi sono stati sostenuti mille progetti in 51 Paesi, erogati 30,3 milioni di euro a vantaggio di 188mila bambini. L’obiettivo è arrivare a 300mila ragazzi entro il 2030.
«La Fondazione è nata per mettere a sistema le tante iniziative nel sociale che mio padre ha sempre sostenuto partendo da un principio base: “si lavora come si vive”, seguendo gli stessi principi, mettendoci lo stesso entusiasmo – continua la vicepresidente di Banca Mediolanum –. Il nostro obiettivo è far notare le cose che funzionano nel nostro Paese, creando una comunità coesa. Mio padre, ad esempio, per molte delle sue idee ha preso spunto da cose che vedeva in altre realtà, a partire dal sistema di una banca immateriale importata dagli Stati Uniti sul modello di First Direct». Sul modello di un’iniziativa spot di un diretto concorrente (CheBanca!) ad esempio è nato nel 2024 il progetto “Centesimi che contano”, un meccanismo di donazione che i clienti della banca possono sottoscrivere (attualmente riguarda il 10% del totale). Alla fine di ogni mese i centesimi che ci sono sul conto corrente vengono donati alla Fondazione che poi li destina a tre grosse realtà del sociale: Dynamo Camp, Lega del Filo d’Oro e centro Benedetto d’Intino. «In media si parla di 5-6 euro l’anno: una piccola cifra che però fa la differenza e che rende bene l’idea del “fare insieme” qualcosa. L’anno scorso abbiamo raccolto 450mila euro».
Analoga struttura di vasi comunicanti ha il progetto CRM, con il quale la banca rinuncia ad una parte del suo guadagno su determinati prodotti destinati alle imprese negli ultimi tre mesi dell’anno, destinandolo alla Fondazione che a sua volta sostiene alcuni ospedali per bambini. «Quest’anno abbiamo distribuito 464 mila euro al Buzzi di Milano, alla Fondazione Bambin Gesù di Roma e al Meyer di Firenze dove simbolicamente porteremo l’assegno il 25 maggio – aggiunge Sara Doris –. Grazie a questi fondi è possibile salvare bambini stranieri che nel loro Paese non potrebbero avere le cure necessarie. Al Bambin Gesù, ad esempio, si sta lavorando al caso di due bimbe siamesi attaccate dalla testa e dal torace per le quali sono necessari una serie di interventi». Un altro pilastro della Fondazione Mediolanum è il meccanismo del prestito di soccorso per combattere l’usura. «La sfida che raccogliamo ogni giorno – conclude Sara Doris – è quella di dimostrare con i fatti il nostro impegno, ispirandoci a mio padre affinché la sua storia continui ad ispirare altri, innescando un circolo virtuoso».