Energia. Emissioni zero, idrogeno verde e cattura della CO2 tra le ipotesi di frontiera
È davvero possibile ottenere energia senza emissioni inquinanti, che hanno come conseguenza quella di accelerare il cambiamento climatico? La sfida della transizione ecologica si affronta oggi da un lato con tecnologie più consolidate e, dall’altro, con soluzioni e strumenti più di frontiera e sperimentali, come l’idrogeno verde e lo stoccaggio di C02. L’obiettivo ultimo è di raggiungere quella “neutralità climatica” in cui le emissioni prodotte dall’uomo e l’assorbimento delle emissioni stesse è in equilibrio. Per raggiungere il traguardo di contenere il riscaldamento globale entro un aumento di 1,5°C, così come previsto dall'Accordo di Parigi firmato da 196 Paesi nel 2015, le emissioni inquinanti dovrebbero scendere a zero intorno al 2050, anche se alcuni Paesi, come la Svezia (2045), hanno anche anticipato i loro obiettivi. Altri, invece, premono per un rallentamento.
La recente Cop28 sul clima di Dubai ha comunque approvato all'unanimità il documento che chiede una «transizione» verso l’abbandono dei combustibili fossili entro il 2050. Alla luce delle politiche e delle condizioni di mercato attuali, la capacità globale di energia rinnovabile crescerà fino a 7.300 Gigawatt nel periodo 2023-28, ma nonostante l'aumento senza precedenti degli ultimi 12 mesi di quasi 510 gigawatt, il mondo deve fare di più per triplicare la capacità entro il 2030, come stabilito dalla stessa Cop28. A indicarlo è “Renewables 2023”, l'ultimo rapporto annuale sul mercato delle rinnovabili diffuso dall'Agenzia internazionale dell'energia (Iea). Il mondo ha aggiunto il 50% in più di capacità rinnovabile nel 2023 rispetto al 2022 e i prossimi cinque anni vedranno la crescita più rapida di sempre, ma la mancanza di finanziamenti per le economie emergenti e in via di sviluppo è un nodo chiave, rileva la stessa Iea. Il direttore esecutivo dell’agenzia, Fatih Birol, ha spiegato che «la capacità rinnovabile globale è sulla buona strada per aumentare di due volte e mezzo entro il 2030 ma non è ancora sufficiente rispetto all’obiettivo di triplicare. I governi hanno gli strumenti necessari per colmare il divario». E ha aggiunto: «La sfida più importante per la comunità internazionale è il rapido aumento dei finanziamenti e della diffusione delle rinnovabili nella maggior parte delle economie emergenti e in via di sviluppo, molte delle quali vengono lasciate indietro. Il successo per raggiungere l'obiettivo di triplicare le rinnovabili dipenderà da questo».
Il solare fotovoltaico e l'eolico, spiega l'Agenzia fondata dall'Ocse, contano per il 95% dell'espansione e le energie rinnovabili sorpasseranno il carbone e diventeranno la principale fonte di produzione elettrica globale entro l'inizio del 2025. Ma serve di più. Il rapporto indica che un'attuazione più rapida delle politiche può spingere la crescita della capacità di energia rinnovabile del 21% in più rispetto alla previsione principale, il che porterebbe il mondo ad essere sulla buona strada per triplicare le rinnovabili. Quanto all'idrogeno verde – gas pulito e che non inquina perché ottenuto con un processo di elettrolisi dell’acqua alimentata da fonti rinnovabili – il rapporto della Iea afferma che di tutti i progetti per questa decade annunciati a livello mondiale solo il 7% della capacità proposta sarà operativo entro il 2030 e per questo è necessario un maggior sostegno politico. Oggi utilizziamo 75 milioni di tonnellate l’anno di idrogeno, prodotto però principalmente da combustibili fossili, soprattutto dal gas naturale, ma anche dal carbone. L'idrogeno verde è un alleato importante nella decarbonizzazione soprattutto di alcuni settori energivori, ad esempio l’industria chimica, la siderurgia, l'aviazione. Si stima che entro il 2050 l’idrogeno verde potrebbe coprire fino al 24% della domanda finale di energia, creare 5,4 milioni di posti di lavoro e contribuire alla riduzione di 560 milioni di tonnellate di CO2. Tra i problemi tecnici da risolvere, l’intermittenza dell’alimentazione elettrica da fonti rinnovabili. Si parla invece di idrogeno blu per l’idrogeno ottenuto dal metano, ma nel caso in cui l‘anidride carbonica venga “catturata”.
La cosiddetta Carbon Capture and Storage (Ccs) consiste nella cattura della CO2 emessa da grandi impianti e nel suo stoccaggio permanente nel sottosuolo prima che venga emessa nell’atmosfera e, quindi, prevenendo un suo futuro accumulo. Questo processo può catturare fino al 90% dell’anidride carbonica generata. Molto attiva su questo fronte è Eni, che insieme a Snam ha avviato il progetto Ravenna Ccs, consistente proprio nella realizzazione di una infrastruttura di stoccaggio CO2 in cui l’anidride carbonica emessa verrà catturata all’origine, trasportata e immagazzinata nei giacimenti a gas esauriti dell’Adriatico. Grazie all’ammissione da parte della Commissione Europea del progetto integrato Ccs Callisto alla lista dei Progetti di Interesse Comune, l’hub di stoccaggio della CO2 di Ravenna avrà un ruolo chiave nella creazione di una filiera internazionale ad alto contenuto tecnologico nel settore della decarbonizzazione. Secondo uno studio realizzato da The European House Ambrosetti pubblicato nel 2023, nei siti Ccs gestiti correttamente oltre il 99% della CO2 rimarrà stoccata per almeno 500 anni. Alcuni esperti sottolineano però che questa tecnologia non ha ancora raggiunto un’efficienza soddisfacente e che i progetti in questa direzione sono molto costosi, oltre a non rappresentare una soluzione del tutto green. Secondo Eni,invece, la Ccs avrà un ruolo di primaria importanza nella transizione energetica, in particolare per evitare le emissioni delle industrie Hard to Abate quali ad esempio il cemento, l’acciaio e la chimica.
Per la società, il progetto Ravenna Ccs, che andrà a decarbonizzare attività industriali (principalmente italiane, ma anche internazionali) convertendo i giacimenti di gas esauriti del mare Adriatico in siti di stoccaggio geologico permanente per la CO2, avrà un impatto importante sull'economia locale, in termini di creazione e tutela di posti di lavoro. Secondo Eni, l'enorme capacità di stoccaggio complessiva dei giacimenti di gas esauriti offshore (oltre 500 milioni di tonnellate) farà di Ravenna Ccs l'hub di riferimento nel Mediterraneo.