Modelli. Dalle reti da pesca il nylon a zero consumo: moda e design appesi ad un filo
L’obiettivo è il consumo zero di materia prima per fare un nylon totalmente ri-generato partendo da oggetti già esistenti e da scarti. Andando a raccogliere in fondo al mare le reti usate per la pesca e l’allevamento o recuperando enormi quantità di moquette e tappeti. Aquafil, realtà italiana, con sede ad Arco in provincia di Trento, e un respiro internazionale - ha 19 stabilimenti nel mondo in otto Paesi, sparsi in tre continenti, dagli Usa alla Cina e 2.800 dipendenti - ha alle spalle la solidità di un’azienda di famiglia e l’ambizione di fare da traino alla transizione verde nel settore della moda, a partire proprio dai materiali.
«L’azienda è nata nel 1965, il nylon era il materiale sintetico più utilizzato, poi è stato progressivamente sostituito dal poliestere – racconta Giulio Bonazzi, ad del gruppo –. Il progetto di circolarità è nato all’inizio del Duemila, quasi per caso, anche se l’attenzione all’ambiente, ha sempre fatto parte del nostro dna. Un nostro cliente americano, che realizzava piastrelle di moquette modulare, ci ha proposto nel 1998 di lavorare sul riciclo di materiali e da allora non ci siamo più fermati».
Nove anni dopo, nel 2007, c’è stato un momento di ripensamento del futuro dell’azienda in chiave totalmente sostenibile, per tracciare una road map. Dieci anni dopo, nel 2017, l’arrivo in Borsa con la quotazione. In mezzo, molta ricerca per arrivare ad una produzione del tutto circolare. «La fortuna ha voluto che la molecola che trattiamo si prestasse allo sviluppo di una nuova tecnologia – spiega Bonazzi –. In pratica sostituiamo la materia prima che deriva dal petrolio, con una ri-generata tramite la disaggregazione del polimero che viene ridotto a monomero e poi riassemblato. Ovviamente dobbiamo cercare gli scarti che contengono la materia prima in concentrazione elevata. Per farlo, sempre più spesso siamo noi che sviluppiamo processi di raccolta in giro per il mondo, prendiamo i rifiuti e li riportiamo a nuova vita. Fino ad oggi i Paesi sviluppati si sono preoccupati di prendere gli scarti e di mandarli nei Paesi poveri, noi facciamo il contrario».
Un’operazione di “pulizia dei mari” in chiave sistematica realizzata in collaborazione con i governi dei Paesi coinvolti e le organizzazioni non governative. Ma da dove arrivano questi prodotti di nylon da riciclare? «Il più grande serbatoio è il Nord Europa, dalla Groenlandia alla Scozia alla Scandinavia, nei cui mari storicamente si concentrano l’allevamento e la pesca. Ma altri bacini sono anche l’Africa, l’India, il Pakistan e, recentemente, il Cile, che è uno dei principali attori dell’allevamento di pesce», spiega Bonazzi.
Aquafil è riuscita a industrializzare il processo noto in chimica, la depolimerizzazione, ma imperfetto: così è nato Econyl, nel 2011, un nylon con le stesse proprietà di quello prodotto dalla lavorazione degli idrocarburi ma del tutto riciclato e riciclabile infinite volte. La marcia in più di questo materiale è che è già progettato per essere recuperato, senza produrre scarti. Con il nylon rigenerato Aquafil produce “fili” di vario spessore che vengono impiegati nei settori più disparati: dalla moda al design all’automotive. «Noi produciamo semilavorati con i quali si possono fare molte cose: pavimenti, sedie, lampade, tavoli, tessuti, materiale tecnico per gli interni delle auto ma anche occhiali e borse, puntiamo su una vera economia circolare» aggiunge il ceo di Aquafil. I clienti famosi sono molti: le principali griffe, da Prada che ha fatto della sua tela di nylon un suo prodotto iconico, a Gucci, passando per Louis Vuitton e Burberry ma anche Adidas, Speedo e Arena per i costumi da bagno, Mercedes, Audi, Bmw e Porsche per l’automotive. «Abbiamo più di 2mila clienti che utilizzano Econly nel settore abbigliamento e accessori, dalle giacche a vento alle scarpe», sottolinea Bonazzi. Uno dei settori di nuova applicazione è quello degli interni, tappeti e altri materiali, per navi da crociera e treni.
Attualmente l’azienda è in grado di raccogliere 16,5mila tonnellate all’anno di rifiuti di nylon post-consumo. Oggi il nylon rigenerato Econyl rappresenta circa il 43% del fatturato fibre dell’azienda, l’obiettivo è arrivare al 60% entro l’anno prossimo. Applicare lo stesso processo alle fibre naturali purtroppo è un’impresa ardua. «Le fibre naturali hanno molte limitazioni al riciclo perché sono corte e il riutilizzo diminuisce le loro prestazioni oltre a richiedere un trattamento più complesso e costoso, basti pensare al colore che deve essere eliminato, mentre nei polimeri viene estratto e il filo continuo garantisce prestazione identiche a quelle della materia prima» prosegue Bonazzi. C’è da dire che non tutte le fibre sintetiche si possono depolimerizzare e quindi riciclare. «Il poliestere è una di quelle che si potrebbe utilizzare, ma al momento i processi sono molto costosi e quindi viene di fatto poco utilizzato» aggiunge l’ad.
Lo scorso settembre Aquafil ha varato un piano di investimenti triennali da 40 milioni di euro, dopo aver sofferto in termini di vendite e ricavi le turbolenze dei mercati causate dal Covid e dalle guerre. «Il nostro piano è in funzione dell’ambiente che ci circonda per tornare a crescere, prevede alcuni investimenti frutto dell’intenso lavoro di ricerca e sviluppo al quale abbiamo destinato una parte consistente del piano, tra i 12 e i 13 milioni» sottolinea il ceo, aggiungendo che «senza innovazione e ricerca non si va da nessuna parte». Da qui l’appello al mondo imprenditoriale a fare un salto di qualità. «Abbiamo due possibilità: o continuiamo a fare quello che facciamo, cioè produrre per quanto riguarda le aziende, senza pensare al “dopo di noi” o cerchiamo di cambiare i paradigmi e creare delle soluzioni facendo prodotti di qualità, ad un costo accettabile, che possono durare a lungo, essere riparati e infine riciclati».