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Terzo settore. Perché il bando sui beni confiscati è scritto male. E cosa si perde

Marco Girardo venerdì 3 dicembre 2021
I bandi bisogna saperli scrivere, e soprattutto scriverli bene. Perché dalla qualità della "traduzione" dipenderà la capacità di scaricare a terra – e rendere quindi efficace – la potenza finanziaria del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Vale per gli enti territoriali, quando si candidano a ricevere le risorse europee; vale anche nell’altra direzione, quando è l’amministrazione centrale a selezionare i destinatari dei miliardi del Next Generation EU.

Nel primo caso, ad esempio, la Regione Sicilia si è vista bocciare dal ministero delle Politiche agricole tutti i 31 progetti presentati perché scritti male: così i 450 milioni in palio finiranno altrove. Allo stesso modo, l’avviso pubblico dell’Agenzia per la coesione territoriale volto a valorizzare i beni confiscati alle mafie, per come è stato redatto, penalizza proprio quei soggetti del Terzo settore che da anni, con i loro progetti, assolvono esattamente a questo compito.

Potremmo considerarlo un test di quanto di rischierà di "perdere nella traduzione" – come nello splendido film di Sofia Cappola con uno strepitoso Bill Murray: "Lost in traslation" – quando è necessario passare dal Piano generale all’applicazione concreta. Perso in tanti altri settori, non solo in questo "Terzo" dei nuovi Ets, gli Enti del Terzo settore, appunto, che hanno da poco persino un Registro unico, il Runts, tassello fondamentale per completare la Riforma in materia. A monte, infatti, a livello di scelte politico-strategiche e architettura giuridica, tutto sembra finalmente all’altezza di una sfida che la pandemia ci ha fatto capire essere dirimente: dotare le cooperative, le imprese sociali, le associazioni di volontariato delle risorse necessarie a ricucire gli strappi della società. Laddove lo Stato non arriva e non potrà più arrivare. Insieme alla Pubblica amministrazione, certo, per provare a ridurre le disuguaglianze crescenti e includere chi è scivolato ai margini.

La Riforma del mondo Non profit, si diceva, procede. La Sentenza 131/2020 della Corte costituzionale – declinata da un apposito Decreto, il numero 72 del marzo di quest’anno – ha sancito il passaggio dal cofinanziamento alla corresponsabilità nei rapporti tra Pa e Terzo settore, attraverso la co-programmazione e la co-progettazione. Il Pnrr, infine, riconosce pienamente nella Missione 5 il valore della frontiera economica rappresentata da "Inclusione e Coesione", stanziando per essa 20 miliardi. E in particolare sottolinea «la necessità di valorizzare i beni confiscati alle mafie con il contributo del Terzo settore».

Evidentemente, nell’avviso pubblico è saltato un passaggio (o un messaggio) La dimensione tecnica, forse, ha scalzato ancora una volta quella politica. Il dispositivo, inteso come macchina governamentale, ha riaffermato il suo dominio nell’epoca in cui, più in generale, la politica è sospesa. L’appello prova a richiamarla in cattedra.