Economia

La storia/2. «Il Tfr e i nostri risparmi per rinascere»

Luca Mazza mercoledì 31 luglio 2013
​Alberto Grolla se lo ricorda bene quel 28 maggio 2010. È la data in cui si sentì crollare il mondo addosso. Il Tribunale di Padova dichiarò il fallimento della Modelleria Quadrifoglio, una piccola impresa del Padovano attiva da quarant’anni nella progettazione e nella realizzazione di stampi per fonderie. Lui era uno dei 15 dipendenti. «Tornai a casa e comunicai a moglie e figli di aver perso il posto di lavoro – racconta –. La situazione era precipitata nel giro di pochi mesi. Il triste epilogo è arrivato dopo cinque mensilità non pagate. Ma la chiusura della fabbrica, più che dalla crisi, è stata causata da una mala gestione di un gruppo di imprenditori stranieri, subentrato qualche anno prima ai precedenti proprietari». Visto che le prospettive di mercato del comparto non sembravano essere particolarmente scoraggianti, pochi mesi dopo lo stop dei macchinari, proprio mentre Grolla stava per guardarsi attorno alla ricerca di un nuovo impiego, a lui e agli altri colleghi è stata presentata la proposta di formare una cooperativa per provare a riprendere l’attività. «È stata una decisione sofferta, che personalmente ho condiviso in famiglia – ricorda –. L’investimento economico richiesto comportava un sacrificio non indifferente per chi è a abituato a vivere di stipendio e l’idea passare da dipendente a socio poteva trasformarsi in un salto nel buio».Poi, però, in 13 lavoratori su 15 ha prevalso il coraggio di lanciarsi in una nuova avventura: «Noi lavoratori abbiamo contribuito alla nascita della nuova coop con 290mila euro, di cui 160mila derivanti dalla mobilità anticipata e 130mila dal Trattamento di fine rapporto - spiega Grolla, oggi presidente della cooperativa -. In questo modo siamo riusciti ad ottenere un finanziamento di 250mila euro da Coopfond e 150mila dal Cfi». È partita così, a inizio agosto 2010, «l’autogestione organizzata» di D&C Modelleria, una formula nata tra mille ostacoli e che dopo tre anni sta dando i primi frutti. «La priorità era quella di non ricorrere agli ammortizzatori sociali e garantire un impiego fin da subito a tutti gli ex dipendenti – afferma –. Ci siamo riusciti attraverso un livellamento delle retribuzioni. Prima c’erano dirigenti con stipendi superiori ai 2.500 euro. Oggi si va da un massimo di 1500 euro a un minimo di 1.100». Dopo un lungo periodo di assestamento il terzo esercizio si è chiuso con un leggero utile. Con due nuove assunzioni è stato ripristinato il livello occupazionale pre-crisi. L’azienda lavora prettamente sul mercato domestico per realtà nazionali che poi vendono il prodotto finale all’estero. «Si inizia a vedere la luce in fondo al tunnel – conclude Grolla –. E pensare che tutto è cominciato proprio quel 28 maggio di tre anni fa...».