Economia

Welfare. Così si trattengono i lavoratori e si attirano i talenti

Maurizio Carucci martedì 15 ottobre 2024

Il welfare migliora la vita dei lavoratori

La forza del welfare. Grazie ai benefit e ai progetti a favore dei collaboratori e delle loro famiglie, le aziende stanno frenando le dimissioni in massa e stanno attirando anche nuovi talenti da assumere. Secondo i dati del Rapporto Censis-Eudaimon, infatti, l'analisi della dinamica su base trimestrale relativa al 2023 segnala una tendenza discendente, poiché si registra un -5,8% nell’ultimo trimestre del 2022 e contrazioni del -3,4%, del 2,9% e del -1,8% nei primi tre trimestri del 2023. Dati in controtendenza rispetto al +33,6% tra 2020 e 2021 e +14% tra 2021 e 2022. L’onda alta delle dimissioni in Italia è visibilmente in rallentamento. Su 2,1 milioni di cessazioni di rapporti di lavoro dipendente privato (esclusi gli operai agricoli e i lavoratori domestici) per dimissioni, quelle riguardanti rapporti di lavoro a tempo indeterminato sono state 1,2 milioni. In tale categoria il tasso di ricollocazione a tre mesi dei dimessi volontari del 2022 con meno di 60 anni è stato pari al 67%, più alto rispetto agli anni precedenti. Questi ultimi due dati, se valutati congiuntamente, lasciano intendere che le dimissioni volontarie fossero dovute ad un’ondata di “cambi di lavoro”, probabilmente spinta dalla necessità di condizioni di lavoro più favorevoli.

Conferme dello stop alla great resignation arrivano anche dall’estero. Nel Regno Unito il Cipd, associazione di professionisti della gestione delle risorse umane, ha iniziato a parlare di "big stay" con più persone che optano per la stabilità lavorativa. Una scelta che coinvolge in prima persona anche i datori di lavoro visto che, come riportato dal portale inglese People Management, oltre la metà (55%) dei datori di lavoro intervistati intende mantenere il livello attuale di personale e prevede di diminuire il turnover all'interno dell'azienda. Negli Stati Uniti un sondaggio pubblicato da Human Resource Online svela che quattro dipendenti su cinque (quasi l’80%) non intendono cambiare lavoro almeno fino al 2025. Gli intervistati hanno anche spiegato di non voler cambiare perché trovano il loro lavoro interessante (40,9%), per la stabilità finanziaria (38,4%) e perché apprezzano il management (30,4%).

«Il rallentamento delle dimissioni di massa non è necessariamente un segnale solo positivo – spiega Alberto Perfumo, ceo di Eudaimon – perché la minor centralità del lavoro rispetto alle altre priorità può portare ad avere persone che sì rimangono in azienda, ma senza le giuste motivazioni e senza trovare risposte a bisogni a cui l’aspetto salariale, per quanto fondamentale, non può rispondere se non in parte».

Passare da great resignation a great exhaustion, infatti, è un attimo. Il Rapporto Censis-Eudaimon ha già lanciato l’allarme ricordando che la grande maggioranza dei lavoratori esplicitamente indica che nel prossimo futuro ha intenzione di ridurre il tempo dedicato al lavoro, mentre quote significative già oggi, qualora possibile, proteggono il proprio tempo di non lavoro rifiutando straordinari, negandosi a call, mail e a ogni attività extra rispetto alle mansioni definite. Un importante strumento in mano alle aziende per limitare il rischio dimissioni continua ad essere il welfare aziendale. A spingere i lavoratori a cercare una nuova vita professionale non è solo un’insoddisfazione lavorativa causata da stipendi non adeguati, ma anche la mancanza di equilibrio tra vita lavorativa e vita privata. Grazie al welfare aziendale possono essere gli stessi datori di lavoro a offrire ai propri dipendenti opportunità di staccare la spina con attività di svago che spesso permettono di coinvolgere anche le famiglie dei lavoratori. Altrettanto importanti risultano i servizi rivolti al benessere e alla salute dei dipendenti, anche attraverso programmi di people caring con assistenza al lavoratore e ai suoi familiari.

«Le aziende che hanno raccolto la sfida stanno investendo sempre più nel welfare – prosegue Perfumo – con iniziative che promuovono una migliore qualità della vita per tutte le loro persone. Così, accanto alla componente economica del welfare, fatta di piattaforme che contengono tutta una serie di benefit, quali buoni per la spesa, rimborsi delle utenze e degli affitti, le aziende più innovative propongono iniziative e servizi in materia di prevenzione, salute, genitorialità, care giving, lavoro giovanile e molto altro, tutte soluzioni che vanno incontro alle aspettative dei collaboratori di benessere e qualità della vita».

Questo aspetto sociale è sicuramente molto apprezzato dai lavoratori: il 72,4% del campione ha dichiarato che apprezzerebbe un consulente di welfare in grado di rispondere alle sue specifiche necessità personali e familiari.

Percorsi ancora poco strutturati

Secondo l’indagine realizzata da Adecco, il 32,4% delle pmi riscontra difficoltà nell’attrarre talenti a causa dell’offerta di percorsi di crescita meno accattivanti rispetto a quelli delle grandi imprese. Il 21,4% è ostacolato dalla minore riconoscibilità del marchio e il 18,8% dall’implementazione di politiche di welfare meno strutturate.

Per far fronte a tali difficoltà, le pmi italiane dichiarano di adottare diverse strategie finalizzate a fidelizzare i propri dipendenti. In questo senso, l’offerta di percorsi di formazione interni ed esterni è la pratica più comune (33,3%), seguita da bonus economici basati su obiettivi aziendali e personali (25,1%). È tuttavia interessante notare che il 15% delle aziende non implementa alcuna attività di fidelizzazione: un dato che evidenzia una rilevante area di miglioramento per questo segmento di impresa.

Se si guarda nello specifico alla dimensione aziendale e alla distribuzione geografica, emerge come le piccole imprese puntino sull’offerta di formazione (circa il 35%), specialmente al Sud dove però, in molti altri casi (circa il 25%), non viene implementata alcuna attività. Le medie aziende, invece, pongono più attenzione all’offerta di piani welfare che garantiscano un maggior benessere ai lavoratori, puntando soprattutto sulla flessibilità oraria (circa il 40%). Nel Sud Italia, una quota importante di pmi, rappresentata da circa il 45% del totale, dichiara di non mettere in pratica nessun tipo di servizio di welfare.

L’attrazione dei talenti non rappresenta, tuttavia, l’unico ostacolo per queste aziende. In questo contesto, per le pmi diventa particolarmente sfidante reperire le skill di cui necessitano. Più del 40% delle aziende intervistate evidenzia, infatti, particolari difficoltà nella ricerca di competenze specialistiche: tra le skill più richieste vi sono quelle di produzione, che sono le più difficili da trovare tra i candidati secondo il 20% delle imprese; seguono le competenze informatiche e digitali (16,4%), commerciali (15,7%) e ingegneristiche (14,1%).

Coerentemente con questi dati, quasi il 50% delle pmi dichiara di essere alla ricerca di operai specializzati, soprattutto al Nord Italia. Tuttavia, vi è una domanda significativa anche per esperti informatici e addetti alla logistica, con una variazione regionale importante al Sud, dove emerge una maggiore richiesta di queste figure.

Ma non sono solo le competenze tecniche ad essere ricercate dalle pmi: ad essere altrettanto cruciali nella ricerca del candidato ideale vi sono, infatti, anche le cosiddette soft skill. In particolare, la capacità di lavorare in team e il problem solving sono le abilità trasversali più richieste dalle imprese, quest’ultima la più difficile da trovare per circa il 15% delle pmi, seguita dalla flessibilità (13,3%).

Tali esigenze variano ancora una volta anche a livello territoriale: nel Nord Italia, il saper lavorare in squadra è particolarmente importante per oltre il 30% delle imprese intervistate, mentre al Sud si pone maggiore attenzione alla ricerca di capacità legate al problem solving (oltre il 30%) e risulta meno richiesta la flessibilità rispetto al Nord e Centro Italia (15%).

Il welfare nel settore agricolo

Il VII Rapporto sul welfare occupazionale e aziendale in Italia, curato dalla Scuola di Alta Formazione in Relazioni Industriali e di Lavoro di Adapt, in collaborazione con Intesa Sanpaolo rappresenta un importante strumento di analisi sulle nuove dinamiche del welfare aziendale e le sfide che le imprese e i lavoratori devono affrontare nel contesto economico attuale. Il Rapporto di quest'anno si concentra su alcuni aspetti fondamentali: il welfare nel settore agricolo, l'importanza della bilateralità e dedica una particolare attenzione alla Puglia. Uno degli elementi centrali è l'analisi del settore agricolo, dove il welfare rappresenta un fattore determinante per migliorare le condizioni di lavoro. La contrattazione collettiva in questo settore ha permesso l'introduzione di fondi pensionistici e sanitari integrativi, offrendo tutele fondamentali a una categoria storicamente meno coperta dai programmi di welfare aziendale.​

Gli enti bilaterali emergono come protagonisti nella fornitura di misure di welfare, soprattutto in contesti in cui la contrattazione di secondo livello è poco diffusa. Grazie a queste istituzioni, i lavoratori possono beneficiare di un supporto mirato, che include aiuti per l’istruzione dei figli e interventi di sostegno al reddito in situazioni di difficoltà. In un periodo di incertezze economiche e sociali, il contributo degli enti bilaterali si conferma fondamentale per la tenuta del tessuto lavorativo italiano.

Particolare rilievo è stato dato alla Puglia: il rapporto esamina l'interazione tra welfare e mercato del lavoro locale, evidenziando le peculiarità del settore agricolo in un'area caratterizzata da una forte presenza di lavoratori stranieri. Le misure a supporto dei lavoratori, come quelle legate ai trasporti, alla formazione e alla conciliazione tra vita privata e professionale, si rivelano essenziali per migliorare l’inclusione e la qualità della vita lavorativa.

Il Rapporto non si limita a fotografare lo stato dell’arte del welfare aziendale, ma offre contenuti utili per l'operatività delle aziende. Con l’intento di favorire l’adozione di modelli innovativi, il rapporto fornisce per esempio il quadro normativo e fiscale aggiornato e i principali modelli contrattuali di sviluppo della materia in vigore nei vari settori, per guidare e agevolare le aziende nella creazione di politiche di welfare più consapevoli e capaci di rispondere alle esigenze di un mercato del lavoro in continua evoluzione.

Equilibrio vita-lavoro, Italia quart'ultima in Europa

L'Italia si posiziona al 27esimo posto su 30 nell'European Work-Life Balance Index, superando solo Ungheria, Romania e Slovacchia. Questo dato riflette una realtà preoccupante: le strutture di supporto per le famiglie sono insufficienti e molte persone sono costrette a scegliere tra carriera e famiglia. «È evidente – sottolinea Cinzia Tessarolo, ceo e co-founder di Family+Happy – che il nostro Paese ha ancora molto da fare per migliorare l’equilibrio tra vita lavorativa e privata. Dobbiamo costruire una rete sociale più forte e sviluppare strumenti di welfare che possano realmente supportare i genitori e le famiglie nelle loro sfide quotidiane. Per questo ci impegniamo a essere parte di questa trasformazione culturale. Offriamo servizi di caregiving progettati per migliorare la qualità della vita delle persone, promuovendo un equilibrio autentico tra vita professionale e privata. La missione è chiara: vogliamo diventare catalizzatori di un cambiamento sociale che consenta a tutti di perseguire le proprie aspirazioni professionali senza sacrificare quelle personali e familiari».

Da una ricerca pubblicata su People Management, emerge un quadro piuttosto chiaro: il 46% dei genitori ha lasciato il proprio lavoro nell’ultimo anno o sta prendendo in seria considerazione di farlo. Non solo: il 40% degli intervistati ha pensato di lasciare il proprio impiego perché trova difficile conciliare gli impegni professionali e familiari. E questo riguarda soprattutto le madri (46%) e i lavoratori di età compresa tra i 25 e i 34 anni (45%).

Questa ondata di "grandi dimissioni" evidenzia un malessere diffuso che non può più essere ignorato. I dati dell'Ispettorato del Lavoro mostrano un aumento del 17% nelle dimissioni rispetto all'anno precedente, con la maggior parte delle dimissioni avvenute entro tre anni dalla nascita dei figli. Giovani tra i 29 e i 44 anni (79,4%) e donne (72,8%) sono le categorie più colpite, evidenziando una chiara necessità di cambiamento.

La mancanza di supporto adeguato non solo limita le opportunità lavorative, ma influisce anche sulla scelta di avere figli. Uno studio della Fondazione Magna Carta sottolinea che il 30% dei giovani del centro-nord Italia non vuole figli, citando non solo ragioni economiche e occupazionali, ma anche la carenza di strutture di supporto adeguate. Questo dato è un campanello d'allarme che indica quanto sia urgente una riforma delle politiche di supporto alla famiglia.

«In questo contesto – aggiunge Tessarolo – le aziende hanno l’opportunità e la responsabilità di diventare agenti di cambiamento. Promuovere un work-life balance sano e inclusivo non è solo una questione di competitività aziendale, ma di giustizia sociale e benessere collettivo. Le politiche aziendali devono evolversi per offrire reali soluzioni di supporto alle famiglie, garantendo che nessuno debba scegliere tra carriera e famiglia».

Il ruolo dei nonni a sostegno del welfare

Dai dati del Rapporto Plus dell’Inapp emerge un quadro molto chiaro: i nonni e le nonne sono i veri alleati dei genitori-lavoratori perché rappresentano la soluzione più flessibile (e anche economica) per la cura dei figli. Sono infatti la risorsa principale a cui i genitori affidano i propri bambini (57,9% dei casi). Un dato evidente soprattutto nelle regioni del Sud Italia, probabilmente per la carenza di strutture per la cura e l’assistenza dei più piccoli (63%), Ma anche nel resto d’Italia la situazione non è poi così diversa: 57,8% al Nord-Ovest, 55,4% al Nord-Est e 54,4% al Centro. E non finisce qui: un terzo dei nonni si prende cura dei nipoti quando i genitori lavorano, tre su dieci si occupano anche della gestione “occasionale” e un quarto anche in situazioni di emergenza.

«Analizzando questi dati – precisa Tessarolo – appare evidente quanto non si possa fare a meno dei nonni nella gestione quotidiana dei figli o delle incombenze quotidiane. È’ un supporto fondamentale, soprattutto per le donne che spesso sono costrette a scegliere tra famiglia e carriera, che però deve essere supportato da azioni e politiche concrete, a livello aziendale e istituzionale. Family+Happy nasce proprio con questo intento: fornire un aiuto completo e qualificato per ogni esigenza di caregiving (babysitting per i più piccoli, cura di anziani e aiuto per le commissioni quotidiane), grazie ad una piattaforma tecnologica avanzata basata su intelligenza artificiale e algoritmi, in grado di fornire abbinamenti caregiver – famiglia personalizzati e su misura. Grazie a Family+Happy anche le aziende hanno la possibilità di offrire ai propri dipendenti un servizio che fa davvero la differenza, migliorando la qualità della loro vita quotidiana e riducendo sensibilmente le ore di assenza. Una vittoria per tutti».

Un corso per spiegare il welfare aziendale agli imprenditori

L’aumento delle tasse e i crescenti costi del lavoro stanno mettendo in difficoltà molte aziende italiane. Con la fine dell'anno fiscale alle porte, molti imprenditori si trovano di fronte alla sfida di ottimizzare i costi e ridurre il carico fiscale. Secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate e del ministero dell’Economia e delle Finanze, le aziende che hanno adottato misure di welfare aziendale sono riuscite a ridurre il cuneo fiscale del 10%, risparmiando fino a 5mila euro annui per dipendente. Per affrontare questa situazione e cogliere le opportunità offerte, a Montegrotto Terme (Padova) è stato organizzato il corso gratuito dal titolo Premia e Risparmia. Durante l'evento, gli imprenditori hanno avuto l’opportunità di scoprire come abbattere le tasse e migliorare la produttività aziendale grazie a piani di welfare efficaci e vantaggiosi.

Secondo le statistiche più recenti, infatti, il 15% di aumento della produttività è stato registrato dalle aziende che investono in welfare e bonus per i dipendenti, e chi presta attenzione al benessere dei propri collaboratori ha ridotto il turnover del 20% rispetto alla media di mercato. «È fondamentale che gli imprenditori comprendano che il welfare aziendale non solo aiuta a risparmiare, ma migliora anche il clima aziendale e la competitività dell’impresa», sostiene Riccardo Zanon, esperto in diritto del lavoro.

Durante l'evento, esperti del settore hanno guidato i partecipanti attraverso i seguenti temi: Riccardo Zanon, avvocato specializzato in diritto del lavoro e welfare aziendale, ha parlato di come ridurre le tasse attraverso l'implementazione di piani di welfare aziendale, spiegando come abbattere il carico fiscale entro la fine dell'anno e trasformare i costi del lavoro in un investimento vantaggioso per l’azienda e per i dipendenti. Simone Costenaro, fondatore di "Azienda Senza Sorprese", ha illustrato come le aziende possono proteggersi dai rischi legati al turnover e aumentare la soddisfazione dei dipendenti con soluzioni di welfare innovative e personalizzate. Enea Dallaglio, senior advisor presso MBS Consulting e promotore del Welfare Index pmi, ha fornito un'analisi dettagliata sulle ultime opportunità fiscali per ottimizzare i premi di fine anno e approfondito le strategie di welfare che possono fare la differenza nel medio-lungo periodo per la sostenibilità delle aziende.