Lombardia. Il welfare aziendale? Un «affare» esentasse
Una badante al lavoro (Ansa)
Il welfare aziendale? Un vero "affare", non solo per i dipendenti che ne beneficiano ma anche per l’imprenditore, perché il lavoratore sereno lavora meglio, produce di più e costa pure meno in tasse. A indicare la nuova strada – tracciata per legge dal 2016 ma tuttora spesso sconosciuta – è l’Associazione Imprenditori Nord Milano (Ainm), che alla Epson di Cinisello Balsamo ha invitato alcuni tra i protagonisti della grande imprenditoria lombarda per spiegare esempi "virtuosi" e applicazioni concrete. «Al di là dell’aspetto etico, per cui a ogni imprenditore dovrebbe essere caro il benessere dei suoi dipendenti – afferma Salvatore Belcastro, presidente di Ainm – è provato che se il lavoratore è sollevato dalle preoccupazioni personali, sarà più motivato. I sondaggi dicono che interessano soprattutto i benefit per la salute, e che al classico premio di produttività in denaro oggi si preferisce ricevere direttamente i servizi, più vantaggiosi sul piano fiscale».
Se le politiche familiari latitano e la natalità in Italia è ai minimi storici, insomma, tocca all’imprenditoria rispondere ai bisogni e ritagliarsi un ruolo di sussidiarietà con lo Stato, che in cambio concede vantaggi. «È l’unica volta che il fisco è amico», sorride Gabriele Sepio dell’Università di Tor Vergata, partner dello Studio legale tributario Acta. Purché vengano incanalati in un "piano di welfare aziendale", infatti, sia le somme in denaro che i beni sono detassati. Il "piano di welfare" è legato alla produttività, è un premio dato ai dipendenti al raggiungimento di un risultato, e ha un duplice pregio: per il lavoratore elimina l’impatto fiscale, per il datore di lavoro il pagamento dei contributi. «Decido di dare 500 euro a ciascuno? Se li mettono in tasca per intero». Ma la novità introdotta dalla norma è la possibilità di sostituire i contanti con servizi concreti, che possono essere culturali, sociosanitari, trasporti, baby sitter... «Ai dipendenti si dà un questionario per vedere su cosa le famiglie spendono di più, così quella spesa potrà essere sostituita con il servizio di welfare, esentasse», spiega la giuslavorista Fabiana Liberati. Anziché 1.000 euro tassabili, direttamente il voucher badante... «O la carta carburante», dice Fabio Curtacci di Q8 Italia, spiegando la caleidoscopica possibilità di usufruirne tra i componenti della famiglia, anche i figli non a carico.
Ma in tempi in cui la spesa privata per la salute ammonta a 616 euro pro capite, «è la sanità integrativa la scelta più fruita dagli italiani», fa sapere Antonio Pisu di Health Italia, una soluzione di welfare molto incentivata dallo Stato con le società di mutuo soccorso, libere associazioni di cittadini che garantiscono l’assistenza ai propri soci «includendo tutte le patologie, persino quelle degenerative, e senza limiti d’età. L’idea dello Stato è: se un gruppo di cittadini eroga i servizi alla salute che dovrei dare io, li ricompenso con lo sgravio fiscale». La domanda più forte riguarda l’assistenza 24 ore ai disabili e malati cronici, la prevenzione, la maternità, «e un’azienda può erogare tali servizi fino a 3.600 euro a dipendente», sempre esentasse. «Eppure dagli ultimi dati solo le imprese medio-grandi del Centronord fruiscono di tali misure fiscali, raramente le piccole imprese e il Sud», sottolinea Fabiana Liberati, quelle che più ne avrebbero bisogno...
«A qualche chilometro da qui c’è la Lamina di Greco, dove 4 operai sono appena morti – ha concluso Gianluigi Carta, vicepresidente Ainm –, ci sentiamo come se stessimo progettando un bell’attico quando le fondamenta sono instabili. Occorre un ripensamento, sicurezza e legalità sono le nostre fondamenta, senza un’etica non esiste neanche il welfare aziendale».