Economia

Il sorpasso. Volkswagen ritorna prima al mondo

Alberto Caprotti lunedì 30 gennaio 2017

Si attendeva solo la conferma da Tokyo per ufficializzare una verità che il mondo dell’auto conosceva da settimane: Volkswagen si è ripresa il titolo di primo costruttore mondiale, scalzando Toyota nella classifica finale del 2016. Il marchio giapponese infatti ha venduto 10,175 milioni di autovetture, mettendo a segno un leggero rialzo che non le permette di superare le 10,312 milioni di unità registrate dal colosso tedesco nelle stesso anno (+3,8%). Per la casa di Wolfsburg si tratta di una cifra record, raggiunta nonostante l’impatto negativo del dieselgate scoppiato nel settembre 2015 ma che ha esercitato i suoi effetti nei mesi successivi. Toyota ha dunque perso una supremazia che deteneva dal 2008, con l’eccezione del 2011, quando lo tsunami che devastò il Giappone bloccò la produzione di molti stabilimenti.

Esaminando i numeri, il successo di Volkswagen è dovuto alle fortissime immatricolazioni in Cina (suo primo mercato in assoluto), alla crescita in Europa, dove ha piazzato più di 4 milioni e 200 mila auto per un incremento superiore a quello globale (+4%), e alla sostanziale tenuta sul mercato degli Stati Uniti, dove il caso emissioni ha avuto gli esiti più pesanti dal punto di vista di immagine e delle sanzioni, con i 4,3 miliardi di dollari pattuiti per chiudere il contenzioso con il Dipartimento di Giustizia. Anche in Usa comunque il Gruppo tedesco ha chiuso l’anno con un calo di appena il 2,6%. Tra i brand, Skoda ha fatto registrare la crescita percentualmente migliore (+6,8%), davanti a Seat e Porsche (+5,6% per entrambe), Audi (+3,8%) e Volkswagen che ha venduto da sola quasi 6 milioni di vetture (+2,8%), a riprova che lo scandalo sui suoi motori a gasolio non ha inciso più di tanto sulle vendite.

L’onda lunga del dieselgate ha comunque lasciato un segno indelebile per il Gruppo e per tutti gli altri costruttori che – di fronte all’inasprimento delle norme ambientali e in previsione di un progressivo abbandono delle motorizzazioni a gasolio – stanno virando verso sistemi di propulsione alternativi e una ridefinizione dei modelli di business. Mentre altri marchi hanno dovuto fare fronte comune attraverso fusioni, alleanze e condivisioni di tecnologia, nel caso di Volkswagen – al di là della gravissima truffa industriale – la solidità finanziaria del Gruppo e il valore indubbio del prodotto hanno consentito al nuovo amministratore delegato, Matthias Müller, di reagire in maniera autonoma e varare “Together Strategy 2025”, il programma con cui superare le conseguenze del dieselgate, conservare il primato forse inaspettatamente raggiunto, e accelerare sulla strada del cambiamento.

Il piano di Wolsfburg si basa su quattro pilastri: trasformare il core business – che era e rimane la produzione delle auto –, affiancargli nuovi servizi di mobilità, accelerare sull’innovazione e assicurare il reperimento dei fondi necessari per la realizzazione del programma. L’elettrificazione è il tema cardine: «Venderemo almeno 2 milioni di auto elettriche entro il 2025», ha annunciato Müller. Il che significa complessivamente circa 30 modelli diversi a batteria, quasi un quarto cioè dei volumi globali. «Anche la guida autonoma è una realtà, e anche qui vogliamo lavorare per stare tra i leader. Entreremo in questo mercato all’inizio del nuovo decennio e come per l’elettrico investiremo decine di miliardi», ha promesso Müller. «La tecnologia per l’automazione della guida verrà sviluppata internamente. E ceduta anche a terze parti interessate». Disporre di 12 marchi permette di spalmare i costi e ottenere volumi più rapidamente: fare (quasi) da soli e ripartire alla grande è la linea scelta dai primi al mondo, risollevatisi da un colpo da ko che avrebbe annientato chiunque altro.