Economia

INTERVISTA. Passera: «Viaggiamo sul Titanic ma eviteremo l’iceberg»

Marco Girardo domenica 17 luglio 2011
«Siamo sul Titanic nel senso che, se affondiamo, affondiamo tutti, ma possiamo ancora evitare l’iceberg». Corrado Passera, Ceo di Intesa Sanpaolo, banca leader in Italia e fra i colossi europei del credito, "scende (in parte)" dalla metafora del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. E lancia un messaggio rassicurante al Paese e ai mercati: «L’Italia ce la farà. A patto che sappia rilanciare la crescita». L’approvazione in tempi record della manovra è infatti solo un primo passo. «Abbiamo affrontato, almeno in parte, il capitolo del rigore, ora bisogna aggiungere molta energia a quello dello sviluppo. Ed è una responsabilità comune di tutta la classe dirigente: se riusciamo ad attuare quelle riforme e quegli interventi che coniugano rigore e crescita, l’Italia è un Paese che ha i numeri per fare meglio di molti altri». Incontriamo il banchiere mentre stanno per arrivare i risultati degli "stress test" per le banche europee, fra cui cinque banche "sistemiche" italiane. Passera si presenta all’appuntamento sereno, come un marinaio che di tempeste sui mercati ne ha già viste tante e sa che questa non sarà l’ultima.La banche italiane, nel corso dell’ultimo choc finanziario globale, non sono state "salvate", come accaduto in diversi altri Paesi. E hanno superato tutte le ultime simulazioni di crisi, i cosiddetti "stress test". Perché allora un attacco speculativo così violento sul comparto del credito a Piazza Affari?Partiamo dai fatti. Le banche italiane hanno superato la crisi da sole, senza aiuti. E hanno anticipato possibili choc futuri con aumenti di capitale messi a punto in anticipo. Ma in questi giorni hanno dovuto subire un avvenimento "esterno": la cattiva gestione a livello europeo della crisi greca. Da lì dobbiamo partire per cercare di capire cosa sta succedendo. È la mancanza di una parola definitiva su Atene che ha alimentato l’incertezza dei mercati.A finire sotto attacco è stato però anche il debito italiano, con il termometro degli spread fra Btp italiani e Bund tedeschi a livello di febbre alta.Dopo la Grecia, caso non risolto, i timori di un default hanno contagiato Irlanda e Portogallo. E hanno infine raggiunto Paesi considerati sostenibili come Spagna e poi come l’Italia. Se non si saprà fermare la crisi – operazione del tutto alla portata di un’Europa veramente unita – nessun Paese potrà considerarsi al sicuro. In questo senso il costo di " salvare" la Grecia è molto più basso di quello che tutti pagheremmo se la Grecia andasse a fondo.Ma il nostro è il debito pubblico più grande d’Europa, il terzo al mondo…Finora l’abbiamo sempre gestito. E se guardiamo alla gestione recente, siamo fra i pochi Paesi a non registrare un deficit primario.Di che cosa hanno paura allora i mercati? Su cosa scommette al ribasso la speculazione?Credo che nessuno tema l’insolvenza a breve dell’Italia. In molti cominciano però a temere che il nostro Paese potrebbe non essere in grado di far fronte ai suoi impegni se il tasso di crescita dovesse continuare a rimanere basso come quello che è stato negli ultimi anni.Giovedì ci sarà un nuovo vertice straordinario in Europa per provare ad bloccare il rischio contagio.Se l’Europa saprà rispondere adeguatamente, la crisi sarà fermata. E attenzione: non c’è stata grossa speculazione fino a ora. Ma la situazione sui mercati potrebbe peggiorare se i Capi dei governi europei non sapranno affrontarla o se, peggio ancora, vorranno applicare alla Grecia la cura Lehman.Soddisfatto della "promozione" negli stress test?Se la soglia di sicurezza è il 5% del capitale di base, Intesa sfiora il 9% (8,9%, ndr). Siamo anche tra le poche banche europee già oggi in linea con i requisiti di liquidità previsti da Basilea 3 per il 2018-2019. Anche questo è un contributo alla solidità del nostro Paese.Per il presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari, il modello di banca tradizionale risulta penalizzato dal combinato disposto di regole internazionali e norme nazionali. Il riferimento è alle nuove regole di Basilea 3, che attenuerebbero ma non modificherebbero i vantaggi e la maggiore redditività per chi investe in titoli strutturati rispetto a chi finanzia le imprese.Basilea 3 va nella direzione giusta di richiedere requisiti patrimoniali e di liquidità più stringenti per scongiurare scenari di crisi come quelli che hanno provocato l’ultimo choc finanziario globale. Ma dovrebbe effettivamente garantire un premio regolamentare maggiore alle attività di credito all’economia reale rispetto al puro trading. Sono invece le regole fiscali a essere ancor più penalizzanti per chi fa veramente il mestiere di banca rispetto a chi fa pura finanza. Se poi aggiungiamo che in Italia la fiscalità è di 10-20 punti superiore che in altri Paesi europei, questo certo non aiuta e rende la competizione impari. La distorsione andrebbe corretta.Intesa SP non ha mai smesso di erogare credito a famiglie, piccole, medie e grandi imprese, nemmeno nei momenti più difficili della crisi, come testimoniano i dati sugli impieghi. Ora il vostro Piano prevede 50 miliardi di credito in 3 anni: se fosse più difficile finanziarsi sui mercati, proprio per la questione del debito pubblico, riuscireste a mantenere comunque questo impegno?Credo si possa superare questo momento e superare la crisi. Confermo pertanto il nostro piano. Certo, il "rischio Italia" è un costo aggiuntivo solo in parte previsto e, speriamo, temporaneo. Giusto allora richiamare i rischi legati a questo frangente. Ma il Titanic può ancora evitare l’iceberg.Tanti piccoli imprenditori continuano però a lamentare che il rubinetto del credito è stato chiuso e le loro aziende rischiano di fallire...La grande crisi è scoppiata anche per una concessione del credito non attenta ai rischi in alcuni Paesi anglosassoni. Ci ha quindi ricordato che alle volte bisogna dire "no" e che è una responsabilità delle banche farlo. Fortunatamente, nel nostro caso, i "no" non hanno raggiunto la doppia cifra percentuale. Anche nelle fasi peggiori della crisi abbiamo sempre continuato a confrontarci con gli imprenditori e le loro associazioni in tutte le parti d’Italia e ci siamo inventati insieme soluzioni anche inedite per superare la bufera. E, insieme, ci siamo riusciti. In questo momento abbiamo 60 miliardi di crediti concessi e non utilizzati. Ma nell’ultimo periodo riscontro una domanda crescente, soprattutto nei distretti dell’export.Molti analisti indicano invece nella bassa redditività delle banche italiane uno dei punti deboli. Quella di Lehman, certo, era a due cifre...Una delle lezioni della crisi è che le banche che fanno " fuochi d’artificio" nelle fasi di boom sono le prime a collassare quando il vento gira. Se poi scegli di essere banca dell’economia reale, non puoi che seguirne le evoluzioni. La nostra è comunque redditività sostenibile, abbinata cioè a basso rischio e leverage e a forte liquidità e solidità.La manovra approvata in tempi record sarà sufficiente a rassicurare i mercati?La dimostrazione che l’Italia conferma l’impegno di raggiungere entro il 2014 il pareggio di bilancio rappresenta un grande valore già nell’immediato. Il fatto di essere riusciti ad approvare la manovra in tempi record è un’ottima prova di condivisione e responsabilità. Ma non basterà a convincere i mercati. Solo la crescita convincerà i mercati e, soprattutto, ci permetterà di risolvere la priorità sociale più urgente: l’occupazione.Il nostro tasso di disoccupazione è per certi versi più basso della media europea.Ma se sommiamo gli inoccupati, i sospesi dall’occupazione, le false partite Iva, i parcheggiati all’università e i sotto-occupati precari, ci si accorge che il disagio che si sta accumulando in Italia è molto più forte e pericoloso di quello intercettato dalla statistica. E questo è un problema che interessa molti altri Paesi europei. Spero ci siano statisti e politici in grado di far comprendere che in questo momento c’è in ballo molto di più dei conti di Atene.Qualcuno sostiene che è a rischio la stessa Unione monetaria.Non credo all’implosione dell’euro che farebbe molto piacere a chi non vuole un’Europa unita e forte, finanziariamente e politicamente, L’Unione monetaria è un dato ormai acquisito: dobbiamo completare le istituzioni e i meccanismi decisionali che sono funzionali alla moneta comune. A partire dalla consapevolezza di dover armonizzare, oltre alla politica monetaria, anche quelle di crescita. In questo senso l’adozione del semestre europeo è un buon esercizio: per non parlare solo di saldi contabili, ma anche di politiche economiche di medio-lungo termine.Incassata la tenuta dei conti, il capitolo "crescita", per l’Italia, è stato però rimandato: si può partire dalla riforma fiscale?La manovra contiene alcune misure per la crescita e apre altri due temi: la riforma fiscale e la revisione della spesa. Ma per convincere i mercati, adesso, è necessario presentare un piano organico per la crescita basato su un largo consenso.Da dove partire, se lei potesse scegliere?Il principale motore della crescita e dell’occupazione sono le imprese. Forti premi fiscali a chi investe, cresce e crea buona occupazione. Nella manovra qualcosa c’è, ma non basta.Per completare l’opera?Tutti i motori della crescita devono essere allineati e accelerati. Per aumentare la produttività di sistema abbiamo bisogno di rilanciare, per esempio, le infrastrutture. Gli investimenti sono a livelli minimi mentre il ritardo rispetto ai concorrenti europei supera i 200 miliardi.In effetti la crisi, in molti Paesi, ha riportato in auge le politiche keynesiane di deficit spending. Ma allo stesso tempo i cordoni della nostra Borsa pubblica non possono essere allentati …Per quel che riguarda le infrastrutture, non c’è solo la spesa pubblica: molte opere si possono almeno in parte autofinanziare, i privati sono già ora pronti a fare la loro parte, ci sono i fondi europei non utilizzati, ci sono tanti sprechi e opere inutili.La crisi ha dimostrato i limiti dell’economia di mercato e del liberismo?Certamente ha dimostrato che i mercati senza regole non funzionano. Da un lato ci vuole più mercato in alcuni settori. E molte aree nel nostro Paese sono ancora chiuse. Ad esempio i servizi pubblici locali. Dall’altro lato, abbiamo imparato che non tutto è mercato. Ci sono settori, come la sanità, in cui il ruolo del pubblico, se ben gestito, è insostituibile. Non solo: dalla crisi è emerso infine che il Welfare dovrà sempre più coinvolgere il Terzo settore, l’impresa sociale, l’economia del dono. Che non risponde né a criteri di utilità privatistica, né prettamente pubblica. A voler veder bene, nella nebbia della crisi emerge una società più ricca: con più Stato, più mercato e più economia sociale. E ciascuno sta trovando meglio che in passato il suo posto.Eppure quanto è accaduto con la crisi a livello globale sembra indicare un sommovimento più profondo: se fino a qualche anno fa l’economia era la struttura e la finanza una sovrastruttura, le parti sembrano essersi invertite, con l’economia "alle dipendenze" della finanza… Non vedo cambi epocali di paradigma. Anche perché i modelli di capitalismo sono molti e molti i modelli di società con i quali si combinano. Il turbo-capitalismo basato sulla finanza ha certamente mostrato tutti i suoi limiti. Tutti dobbiamo collaborare a creare capitalismi più responsabili in democrazie più forti.Gli organismi internazionali, a partire dal Fsb, stanno appunto cercando di trovare nuove regole per migliorare il funzionamento dei mercati finanziari: basteranno ad evitare nuovi choc?Certamente sono stati fatti passi importanti in termini di regolazione che ora dovrà essere applicata nel concreto e in maniera uniforme nelle varie parti del mondo. Alcuni grandi temi regolatori devono ancora essere affrontati come ad esempio il mondo dei derivati e il mondo bancario ombra, cioè, appunto, quello non regolato. Tutto ciò detto e senza nulla togliere alla importanza di regole e controlli, non dimentichiamoci mai che nulla può sostituire il senso di responsabilità che ciascuno deve dimostrare facendo il proprio mestiere.